L’inizio formale della campagna elettorale verrà ricordato anche come il giorno (6 gennaio) delle rinunce a candidarsi di Giuliano Pisapia, Angelino Alfano e del ministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda. Molto diverse però le motivazioni. Quelle di Pisapia e di Alfano sono state sopratutto espressione della politica “politicante”. Pisapia, per il fallimento del disegno di condizionare con una alleanza marcata a sinistra il Pd, e tagliare la strada a Renzi verso il ritorno a Palazzo Chigi. Alfano, perché tutti hanno respinto le sue offerte di collegamento pre e post elettorale; e sapeva che da solo non avrebbe raggiunto quel 3% di voti necessario a partecipare al riparto dei seggi in parlamento.
Di consistente valore culturale e politico, invece, le motivazioni di Calenda. In una intervista ha indicato il motivo della rinuncia a candidarsi la “fuga dalla realtà” nel considerare i problemi vitali del paese “delle forze politiche riformiste e moderate, quelle che dovrebbero contrastare i populismi”. Alla domanda se non avesse pensato al Pd quale partito con cui affrontare i problemi reali, Calenda ha risposto: “pensavo potesse essere il Pd, ma non lo è e mi pare che neppure lo voglia essere”, basta pensare al suo atteggiamento pilatesco, a Roma e in Puglia, sulla gravissima questione dell’Ilva. “E mi dispiace per il Paese che non si parli di problemi concreti. La discussione è ormai tra meno tasse per tutti e ancora meno tasse di quello che dice meno tasse per tutti, e in più il cane agli anziani. È come se tutti fuggissero dalla realtà che impone scelte controverse”. Per il ministro il Paese risponde se gli si parla “col linguaggio del realismo, e questo dovrebbe essere il ruolo dei riformisti”.
La fuga dalla realtà è certamente il tratto distintivo dell’inizio della campagna elettorale, sulla quale già domina il peso delle previsioni di un risultato che renderà difficilissima la formazione di una maggioranza di governo. Non solo numerica, ma anche concorde sui problemi prioritari del paese, da affrontare, per i loro costi, e come e da chi – con la maggiore equità possibile – reperire e utilizzare le risorse. Le forze politiche, vecchie e nuove, infatti sono chiuse in se stesse; e prive della capacità (e in qualche caso anche della volontà) di dialogare in modo costruttivo con altre su quei problemi. Fingendo di credere (contro tutti i sondaggi) che riusciranno a superare il 40% dei voti, che assicurerebbe loro la maggioranza assoluta dei seggi. Mentre sperano, al massimo,di acquisire qualche consenso tra la massa sempre in crescita degli elettori che non vanno a votare; e confidando di arrivare primi nella conta dei voti, così da costringere il capo dello Stato, dopo le elezioni, a designare un proprio esponente per tentare di formare il nuovo governo. sperando in rotture e fughe dai partiti di parlamentari appena eletti, per tentare di superare, almeno di una incollatura, la maggioranza assoluta nelle due Camere. E, nel caso, formare un governo, sicuramente però condannato all’impotenza e all’instabilità. Questo spiega perché i partiti hanno iniziato la campagna elettorale suonando la grancassa delle promesse. I 5 Stelle col “reddito di cittadinanza” per diritto di nascita, senza dire come finanziarlo. Stessa cosa per le pensioni minime a 1000 euro di Berlusconi; elargizioni varie per tutti del Pd; la reintroduzione dell’art. 18 nello statuto dei lavoratori dei Liberi e uguali di Grasso; il salario minimo di Salvini; il fuori dall’Euro della Meloni. Mentre a sinistra si denuncia una imminente seconda marcia su Roma dei fascisti, e monta l’interesse negli strumenti di informazione per le notizie di supporti (politico-finanziari) di Putin ai 5 Stelle e alla Lega. Temi che per ragioni storiche il primo, e per motivi di consistenza oggettiva il secondo, appaiono tentativi di colmare il vuoto dei partiti sui problemi reali.
Siamo, dunque, in presenza di una situazione che, a giudizio di molti osservatori, dopo le elezioni potrebbe aprire la strada a un “governo del presidente” per Gentiloni, che si sta facendo apprezzare per equilibrio e stima anche in Europa.