FRAGILE FISICO GRANITICA VOLONTÀ

EVARISTO GAMBOA
By Nandino Di Eugenio
Pubblicato il 2 Luglio 2013

Di forte, Evaristo aveva conservato soltanto il carattere; di granitico, aveva mantenuto solo la volontà. Fermo nelle decisioni, tenacemente impegnato nello studio, lodevolmente gioioso nella virtù. Il suo fragile fisico invece, era causa di fondate preoccupazioni per famigliari e confratelli. I timori per la sua salute scossa dalla malattia e l’ammirazione per la sua bontà, convivevano nel cuore di ognuno. Ed era difficile tenere accesa la speranza di vedere l’alba di giorni migliori. Non restava ormai che affidarsi a Dio e rimettersi nelle sue mani. Ed è quello che facevano tutti. A cominciare da Evaristo che con gli altri condivideva però solo la fiducia in Dio e non le preoccupazioni per la propria salute. Il dramma era cominciato cinque anni prima nel 1918, quando Evaristo era stato colpito dalla influenza spagnola, tristemente nota come la grande influenza che tra il 1918 e il 1920 causò nel mondo la morte di almeno 20 milioni di persone. Ripercorriamo la vita del giovane passionista.

Evaristo nasce nella provincia della Biscaglia (Spagna settentrionale) il 5 settembre 1904. I genitori Pietro Gamboa e Demetria Uriarte sono i suoi primi diligenti educatori; gli indicano con cura e amore la via da seguire: quella della bontà, della preghiera e del rispetto sia in famiglia che a scuola. Il piccolo segue con docilità il cammino indicatogli dai genitori, spinto dalla loro parola e trascinato dal loro esempio; con il passare del tempo sente che il Signore lo chiama alla vita sacerdotale e religiosa ed entra nel seminario passionista di Gabiria. I genitori, pur

minata dalla influenza spagnola da cui non riuscirà più a guarire nonostante le cure che gli riservano in convento e a dispetto della perizia dei medici. Di tornare in famiglia, non vuole neppure sentirne parlare; i superiori permettono al ragazzo di proseguire il cammino verso il sacerdozio solo per la sua bontà e accarezzando la speranza di una guarigione che non ci sarà. Nel 1920 lo inviano nel convento di Angosto per compiervi l’anno di noviziato; qui Evaristo veste l’abito passionista il 5 novembre 1920 e si consacra al Signore con la professione dei voti il 10 novembre 1921.

Viene poi trasferito nella casa religiosa di Tafalla per il normale corso scolastico; il clima buono e le continue attenzioni dei superiori gli permettono di vivere quasi due anni senza gravi disturbi. Tutti quindi guardano al futuro con comprensibile sollievo. Ma all’inizio del 1923 il giovane ha nuovamente problemi di salute; nei superiori e nei confratelli tornano le preoccupazioni, si affievolisce la speranza, si insinua lo sconforto. Lui continua a studiare con impegno sia pure con notevole fatica: la prospettiva del sacerdozio gli rende meno pesante lo sforzo o gli avvertendo il dolore del distacco, lo accompagnano con la loro benedizione e con la raccomandazione di essere buono. Il cammino verso il sacerdozio è lungo e non sempre facile; Evaristo, anche se è ancora un ragazzo, lo sa perché gli educatori lo dicono chiaramente e non consentono ai seminaristi di coltivare pericolose illusioni. Ai ragazzi parlano della bellezza della vita religiosa e del sacerdozio, ma anche delle rinunzie e dei sacrifici connessi con la vocazione.

Evaristo non si spaventa per le difficoltà; non si spaventa neppure quando a 14 anni la sua già debole costituzione viene ulteriormente nasconde addirittura la malattia. Ma nel febbraio del 1925 si deve arrendere definitivamente anche lui e deve prendere coscienza che ormai è incamminato verso la morte non molto lontana. Costretto a mettersi a letto, non si alzerà più e si consuma lentamente, consapevole e sereno. In comunità si intensificano le preghiere per il malato e ci si affida alla intercessione dei santi. Lui, Evaristo, chiede al Signore e ai santi solo di dargli la pace del cuore e di portarlo in cielo al termine della vita. Divenuto ancora più dolce nel carattere, teme solo di essere di peso alla comunità e si rimette con commovente docilità a quanto medici e superiori gli consigliano. Durante i mesi trascorsi a letto desidera che un sacerdote gli sia accanto perché, parlandogli del paradiso e nutrendolo di pensieri spirituali, lo accompagni nel suo avvicinarsi alla morte. Il suo esilio terreno si chiude nel primo pomeriggio del 30 luglio 1925. Evaristo ha soltanto 20 anni e 11 mesi di età. (161)            p.dieugenio@virgilio.it

 

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