IL TEMPO STRINGE PER PAPA FRANCESCO. C’È DA METTERE MANO ALLA RIFORMA DELLO IOR, DELLA CURIA E C’È DA MISURARSI CON IL SINODO STRAORDINARIO SULLA FAMIGLIA DEL PROSSIMO OTTOBRE Un’estate quasi in relax per papa Francesco. Dopo le visite pastorali a Cassano all’Jonio e a Campobasso, tra le “periferie” della chiesa italiana, Bergoglio ha annullato, proprio per i due mesi estivi, le udienze e le messe a Santa Marta. Un periodo di riposo per occuparsi di alcuni nodi problematici rimasti aperti sulla sua scrivania.
Il tempo stringe per papa Francesco. C’è da mettere mano alla riforma dello Ior, della curia, e c’è da misurarsi con il sinodo straordinario sulla famiglia del prossimo ottobre. Temi storicamente delicati quelli che andranno a discutere il parlamentino dei vescovi mondiali e che già stanno procurando divisioni: comunione ai divorziati risposati, contraccezione, coppie di fatto, legami omosessuali. Insomma, la famiglia vista a 360 gradi, oltre le convenzioni nascoste dietro l’ombra del sacro. Con una piccola incursione nel territorio sudcoreano, dal 14 al 18 agosto. Il motivo della sua visita in Sud Corea è stato, infatti, la sesta Giornata della gioventù asiatica. I giovani, i martiri e la pace: ruota attorno a queste direttrici il viaggio apostolico. Corea, Alzati, rivestiti di luce, la gloria del Signore brilla sopra di te è il motto del viaggio che ha presentato un ricco calendario di appuntamenti: dall’incontro con le autorità e con i vescovi coreani, fino alla messa a Daejon, nella solennità dell’Assunzione, e l’abbraccio con i giovani. Il pontefice, inoltre, ha beatificato 124 martiri coreani, ha incontrato i leader religiosi e prima della partenza ha presieduto la messa per la pace e la riconciliazione nella cattedrale di Myeong-dong a Seoul.
Ma, a parte l’Asia, il tempo stringe, eccome. Papa Francesco è “fisicamente” stanco. Al lavoro, da buon gesuita, non dà tregua e non risparmia energie. L’opinione pubblica e il popolo dei fedeli si aspetta da Francesco una chiesa “in uscita”, che non può, ora, arretrare di un millimetro. Le attese, infatti, sono tante. E le domande suscitate da Francesco riguardo una rivoluzione teologale, pastorale e curiale sono ancora tutte lì, sulla sua scrivania. La riforma dello Ior è ancora da completarsi. A oggi non si sa ancora come potrà “tornare” a essere una banca etica e non di affari, centro finanziario di aiuto alle attività della santa sede e alle agenzie di carità. La riforma della curia va avanti, ma non si capisce bene come. Otto prelati a lavorarci, teste anche diverse, normale che qualche lentezza ci sia. Solo che questa è vista dal popolo di Dio come “la riforma delle riforme”, punto di non ritorno per una chiesa rinnovata.
Poi c’è il sinodo sulla famiglia in programma dal 5 al 19 ottobre, sul tema Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. Intanto è stato presentato l’Instrumentum laboris, frutto dell’inchiesta promossa dal Documento preparatorio, che includeva il (famoso) questionario costituito dalle 39 domande inviato lo scorso novembre alle conferenze episcopali. Tre parti compongono il testo: la prima dedicata al vangelo della famiglia, la seconda che raccoglie i “temi caldi”, ovvero le sfide pastorali e le situazioni difficili in cui versano i nuclei familiari dovute a fattori economici, sociali e culturali; infine la terza parte incentrata sulle tematiche relative all’apertura alla vita e alla trasmissione ed educazione dei figli alla vita e alla fede. I temi non compresi nel documento saranno invece trattati nell’Assemblea generale ordinaria del sinodo del 2015, che sarà “la terza tappa” del cammino di riflessione sulla famiglia, iniziato con il concistoro del 20 febbraio. “Che cosa chiedono i divorziati risposati alla chiesa?”, è la domanda cruciale dell’assise di ottobre. Ma è chiaro che sul sinodo di ottobre si apriranno nuovi scenari di pastorale e nuovi orizzonti anche teologici.
La prassi pastorale è uno dei leitmotiv di questo pontificato. L’Evangelii gaudium è il testamento spirituale di papa Francesco, in ogni sua parola c’è traccia dell’anelito riformatore e l’invito a convertire i cuori, prima ancora delle mura e dell’istituzione, è forte e chiaro. Ma basteranno solo le parole, benché importanti come quelle di un papa, a cambiare davvero nel profondo la chiesa? È questa la domanda che molti si fanno, sia gli innamorati di Francesco che i suoi detrattori. Basteranno le parole e i gesti?
Chi non crede alla rivoluzione profetica di Francesco prende linfa vitale dalle lentezze curiali e dalle differenti impostazioni al sinodo tra cardinali che già cominciano a punzecchiarsi, e non cela un inossidabile ottimismo sul dopo-Francesco: il ritornello ormai è imparato a memoria, “vedrete, tutto tornerà come prima…”. Chi invece crede fermamente in questa nuova stagione della chiesa si trova un po’ spiazzato da una resistenza al nuovo che trova accoglienza sia in curia che nelle sagrestie, non di rado passando per un clericalismo dei laici che ancora fa proseliti nelle parrocchie e nelle comunità ecclesiali.
La rivoluzione interiore di Francesco ha bisogno di maturare nelle coscienze, adotta i tempi lunghi della profezia biblica, ma la domanda che sale dal basso è: quando Francesco non sarà più papa, cosa succederà? E soprattutto: avrà fatto in tempo a fare le riforme? In effetti, a guardare la storia, il concilio Vaticano II (che, ovviamente, non è un’esortazione…) ha cambiato realmente le cose, basti pensare al ruolo dei laici e alla riforma liturgica. Ma si era scritto qualcosa, nero su bianco. La teologia innovatrice del concilio era passata per la cesoia, necessaria, dei canoni e dei regolamenti.
Un rinnovamento pastorale ha dunque bisogno, subito, di alcuni paletti volti a regolamentare il traffico di sogni e aspettative derivanti dalla misericordia-tenerezza di papa Francesco. L’energia solare e sorridente latino-americana insieme, dunque, all’austerità del diritto canonico di stampo europeo. L’impressione è che ci voglia anche questo.
Il tempo non gioca a favore di Francesco. Più di qualcuno chiede che dia un colpo di acceleratore.