In Siria per quasi quattro milioni di bambini, quelli nati negli ultimi sei anni, non esiste altro che la guerra. Hanno vissuto solo le bombe e uno su quattro soffre di conseguenze devastanti del conflitto sulla salute mentale: hanno visto uccidere i loro genitori o i loro familiari, hanno perso la casa, vivono la fame
In Siria, a sei anni dall’inizio della guerra, ci sono 3,7 milioni i bambini che sono nati durante il conflitto e quelli che hanno meno di 12 hanno passato già la metà della loro vita in una condizione di continuo imminente pericolo, senza aver mai conosciuto la pace. Oggi, sono ancora 5,8 milioni i bambini che vivono ogni giorno sotto i bombardamenti e hanno costantemente bisogno di aiuto, non solo fisico: un bambino su quattro, infatti, rischia di subire conseguenze devastanti sulla salute mentale. Lo dimostra la ricerca Ferite invisibili di Save the Children (associazione internazionale che presta aiuti e soccorso alle famiglie e ai bambini colpiti da disastri e catastrofi naturali, da conflitti e guerre). che per la prima volta dall’inizio del conflitto, ha indagato attraverso interviste e testimonianze sull’impatto psicologico sui bambini.
“Questa ricerca dimostra che le conseguenze del conflitto sui bambini siriani sono devastanti. Bambini che sognano di morire per poter andare in Paradiso e avere così un posto dove poter mangiare e stare al caldo o che sperano di essere colpiti dai cecchini per arrivare in ospedale e magari poter scappare dalle città assediate – racconta Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia -. Genitori che preferiscono dare in spose le proprie figlie ancora bambine perché non possono occuparsi di loro, generandone la disperazione che in alcuni casi le porta addirittura al suicidio. Bambini lasciati orfani della guerra che pur di avere qualcosa da mangiare si uniscono ai gruppi armati. Non possiamo rimanere a guardare mentre si consuma questa tragedia sulla pelle dei bambini. Devono immediatamente smettere i bombardamenti sui civili e gli aiuti devono raggiungere le popolazioni con particolare attenzione al sostegno psicologico per i più piccoli e vulnerabili”. La popolazione siriana vive ormai allo stremo, con l’85% delle persone in condizioni di povertà e 4,6 milioni che vivono in zone assediate e difficilmente raggiungibili. Sono 6,3 milioni gli sfollati all’interno della Siria e 4,9 milioni – tra cui 2,3 milioni di bambini – sono rifugiati e hanno dovuto lasciare il Paese.
Dalle interviste con le quali è stato possibile fare questo ritratto angosciante, due bambini su tre dicono di aver perso qualcuno che amavano, la loro casa è stata bombardata o sono rimasti feriti a causa del conflitto. Il 50% degli adulti denuncia che gli adolescenti ormai fanno uso di droghe per affrontare lo stress, le violenze domestiche sono aumentate e il 59% degli intervistati conosce bambini e ragazzi reclutati nei gruppi armati, alcuni anche sotto i 7 anni. Secondo l’81% degli adulti intervistati, i bambini sono diventati più aggressivi, sia nei confronti dei genitori e dei familiari che degli amici. La metà degli adulti intervistati denuncia che i bambini che non riescono più a parlare e sono molti anche quelli che commettono atti di autolesionismo, che sfociano spesso in tentativi di suicidio.
Le paure maggiori sono quelle delle bombe: il panico si diffonde facilmente anche con il rumore di una porta sbattuta o con quello di un aereo che sorvola la casa. Molti di loro non riescono ad addormentarsi per la paura di non svegliarsi più, e quando lo fanno soffrono di incubi. La mancanza di sonno e di riposo è estremamente pericolosa per la salute fisica e mentale dei bambini e può portare a gravi conseguenze di natura psichiatrica nonché a malattie a volte mortali. Sono tantissimi i bambini che smettono di parlare, che soffrono di tremendi mal di testa, difficoltà a respirare e paralisi temporanee degli arti. E tanti i bambini e gli adolescenti che per combattere la paura si rifugiano nelle droghe, nell’alcool o compiono atti di autolesionismo. Nella città assediata di Madaya, lo staff medico ha segnalato a Save the Children almeno 6 casi di bambini che hanno tentato il suicidio, il più giovane aveva 12 anni.
“La continua esposizione a eventi traumatici e a esperienze negative ha portato la maggior parte dei bambini siriani a vivere una condizione di stress tossico, con conseguenze sul loro stato di salute mentale e fisica, che può interrompere il loro sviluppo. Nonostante la condizione psicologica di questi bambini sia drammatica, sono comunque estremamente resilienti. Non sono ancora desensibilizzati alla violenza e provano ancora emozioni importanti. Non siamo al punto di non ritorno e per questo è fondamentale intervenire subito e restituire loro quella speranza di futuro di cui hanno bisogno. La comunità internazionale deve muoversi subito per mettere fine al conflitto e per supportare questi bambini anche dal punto di vista psicologico, perché è in gioco non solo il presente ma il futuro di un Paese e della generazione che sarà chiamata a ricostruirlo”, conclude Valerio Neri.
Due bambini su tre dicono di aver perso uno dei loro cari. Molti hanno visto uccidere i propri genitori, familiari, amici o li hanno persi perché sono spariti o sono stati arrestati. Ci sono bambini che non hanno più punti di riferimento, che hanno perso i propri cari, che non possono andare a scuola e che devono trovare il modo per sopravvivere diventando improvvisamente adulti per sfuggire alla povertà. Molti vanno a lavorare nei mercati, come ambulanti per la strada, per aiutare i familiari che spesso sono rimasti feriti dalle bombe e non possono più procurarsi una fonte di reddito. Questi bambini sono i più vulnerabili dal punto di vista delle conseguenze psicologiche e con loro anche le bambine, spesso costrette a matrimoni precoci, un fenomeno ormai in crescita. I genitori, non potendo curarsi di queste bambine, le obbligano a sposarsi con uomini di famiglie più ricche che si possano occupare di loro, pensando di tenerle così lontane anche dal rischio di abusi e violenze sessuali. Alcune tentano il suicidio pur di evitare di finire in spose a uomini che non vogliono. “Nelle nostre strutture abbiamo ricevuto molte giovani ragazze che avevano tentato il suicidio a causa della pressione delle famiglie a sposarsi, perché non volevano farlo o non volevano il partner che era stato scelto per loro. Sono tantissimi anche i casi di abusi sessuali e stupri su ragazze giovanissime”, spiega una psicologa che opera nel sud della Siria.