EROI DI TUTTI I GIORNI…
Le persone definite così facevano esattamente quello che fanno oggi: assistere i malati, creare ospedali a misura d’uomo, fare volontariato, dar da mangiare agli affamati, interessarsi alle vittime
In questa pandemia si è abusato della parola “eroi”. Non che non ci siano, ma anche prima di questa tragedia globale le persone definite come eroi facevano esattamente quello che fanno oggi: assistere i malati, creare ospedali a misura d’uomo, fare volontariato, dar da mangiare agli affamati, interessarsi alle vittime.
“È stato un anno di sconfitte – ha detto l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, riferendosi al 2020 – un organismo invisibile ha umiliato l’organizzazione, la scienza, i progetti, l’iniziativa di tutta intera l’umanità, ma l’organismo invisibile insensato e incosciente ha rivelato quanto gli uomini e le donne siano tragicamente grandi”. Una “tragica grandezza” che, secondo Delpini, si è rivelata soprattutto in un aspetto: prendersi cura dell’altro. “Uomini e donne – ha spiegato – sono rimasti al loro posto, hanno continuato a far funzionare il mondo: gli ospedali, le parrocchie, le scuole, i trasporti, i negozi, le mense per i poveri. Uomini e donne di buona volontà, con consapevolezza e determinazione, con vigile attenzione e disponibili non di rado all’eroismo, hanno fatto il loro lavoro, là dove era più evidente il pericolo. Non hanno fatto solo il loro lavoro. Hanno fatto di più. Hanno ritenuto irrinunciabile la solidarietà. Si sono fatti avanti per soccorrere il bisogno dei più fragili. Si sono ingegnati a trovare soluzioni per problemi insolubili, perché non sopportano di lasciare senza risposta una domanda, senza soccorso una necessità. L’umanità si è rivelata nella sua grandezza per la generosità della solidarietà, senza lasciarsi paralizzare dal rischio e dalle paure”.
Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in questi mesi difficili ha voluto premiare come Cavalieri della Repubblica Italiana tantissimi uomini e donne che nella pandemia, e non solo, hanno voluto spendersi per gli altri o, semplicemente, hanno continuato a fare con maggiore impegno quello che facevano prima. Una moltitudine di persone, molte delle quali sconosciute, che il capo dello Stato ha ricordato nel discorso di fine anno come base per la ripartenza del Paese dopo la pandemia.
Una telefonata agli anziani soli e isolati
Giacomo Pigni, con i suoi 24 anni, è uno dei più giovani Cavalieri al merito della Repubblica Italiana. È stato nominato da Mattarella il 2 giugno scorso, nel giorno della festa della Repubblica.
Pigni si è laureato in Giurisprudenza alla Statale di Milano un anno fa e ora lavora come apprendista di ricerca in un centro di ricerca sul Diritto del Lavoro che si trova a Bergamo. Vive a Legnano, nell’hinterland di Milano. In passato, ha collaborato con una scuola per richiedenti asilo creata tra Busto, Castellanza e Legnano, che si chiamava Itaca. Purtroppo con il decreto sicurezza non è stato più possibile portarla avanti. Poi è arrivato il virus a bloccare tutto.
Durante il lockdown della scorsa primavera ha sostenuto l’Auser Ticino-Olona, un’associazione del territorio che si occupa delle persone anziane e della loro valorizzazione nella società. Si è inventato qualcosa di molto semplice, in fondo, ma preziosissima. L’Auser è un’associazione-costola della Cgil, si occupa di anziani e in Italia conta trecentomila iscritti e millecinquecento sedi. Ogni giorno, prima della pandemia, i volontari, tutti over 65, andavano in sede e chiamavano al telefono gli anziani soli per sapere come stessero o cercare di aiutarli: “Con la chiusura di tutte le attività – racconta Pigni – i volontari non potevano muoversi e noi abbiamo preso i registri delle persone aiutate, li abbiamo digitalizzati e abbiamo continuato a chiamarle da casa, era una realtà che non conoscevo, ma ho scoperto persone dolcissime e storie di solitudine anche molto normali, che però rivelano come tantissimi anziani avrebbero bisogno di questi servizi sempre, non solo durante un’emergenza come la pandemia”.
Quando Pigni ha saputo dell’onorificenza stentava a credere: “Non me l’aspettavo. L’ho saputo dai giornali e da amici e parenti che mi hanno scritto per congratularsi. Quello che ho fatto è poca cosa, non riesco a paragonarmi a un medico, un infermiere o uno pneumologo che sono stati e sono in prima linea a combattere il virus. La nostra è stata un’iniziativa spontanea”.
In realtà, i servizi offerti a Legnano da Pigni e dagli altri volontari, che sono più di una trentina, sono tre, tutti importanti durante questo tempo difficile. Il primo è cominciato con un Sos da parte dell’Auser locale: “Giacomo, non riesci a fare qualcosa per noi? Rischiamo di fermarci perché i nostri volontari sono tutti anziani”. A quella richiesta, Pigni ha risposto subito: dovendo lavorare da casa durante il giorno, ha “arruolato” amici e conoscenti, cercati sui social o col passaparola, per farne dei volontari junior. “Quando abbiamo iniziato – racconta – ci siamo trovati di fronte ad un problema: non dovevamo fare altro che eseguire le istruzioni ma tutti gli elenchi dei contatti erano cartacei e custoditi in sede. Quindi abbiamo digitalizzato tutto per riuscire a lavorare da casa. È stato bello mettere insieme l’enorme esperienza di Auser con le nuove tecnologie. Qualcosa che penso sia stata utile sia a noi che ad Auser”.
L’altro servizio che Pigni ha coordinato è stata la consegna della spesa agli anziani, essendo la fascia più a rischio: “Ne abbiamo tre al giorno, in media. Le richieste arrivavano direttamente all’Auser oppure alla Protezione Civile che le girava all’Auser e i volontari andavano nelle abitazioni a prendere soldi e la lista della spesa. Erano prevalentemente anziani, abbiamo evitato di farli uscire di casa con il rischio di essere contagiati. All’inizio alcuni erano diffidenti. Ma superato l’imbarazzo e la paura, i ragazzi mi hanno raccontato che li trattavano come nipoti e si aspettavano di sentirli ogni giorno. Io annotavo tutto e organizzavo i servizi. A un certo punto ho dovuto stoppare le richieste perché eravamo troppi. La risposta è stata davvero commovente e mi ha molto sorpreso”. Pigni racconta che l’Auser era “una realtà che si basa sul volontariato di persone anziane per prendersi cura di persone anziane. Credo sia stata la prima volta che l’associazione ha avuto dei volontari giovani. Il confronto generazionale è stato molto bello e arricchente”. Il terzo servizio è partito a maggio davanti all’ospedale di Legnano dove i volontari, all’ingresso, misuravano la temperatura ai visitatori. “Il mio ruolo – spiega Pigni – è stato quello di coordinare tutti i servizi e i volontari e fare in modo che funzionassero senza intoppi”. Per Pigni, quest’esperienza è stata un’occasione per scoprire un mondo nuovo e avere conferma dell’importanza del Terzo Settore: “Sem-brano servizi accessori o vengono dati per scontati e invece sono fondamentali per una comunità”.
Aiutare la vita in Kenya
La pandemia ha sconvolto quasi tutto ma non ha fermato l’attività di volontariato di tante persone. Come quella di Valentina Bonanno, 30 anni, originaria di Palermo e residente a Milano, premiata il 29 dicembre scorso da Mattarella come Cavaliere al merito della Repubblica Italiana. “Non mi aspettavo questo riconoscimento – ha commentato su Facebook – non mi sento una persona speciale ma una goccia nel mare e spero che la mia onorificenza aiuti a portare alla luce la situazione che si vive in gravidanza e durante la nascita in tante zone del mondo a cominciare dall’Africa, dove migliaia di donne soffrono per violenze, mancanza di cure appropriate e impossibilità di fare delle scelte”.
Sin da bambina, Bonanno ha vissuto tra Italia e Kenya, dove insieme alla madre ha fondato l’associazione Maharagwe Fauzia Onlus di cui è presidente. Un’idea nata dopo la morte nel 2008, per setticemia conseguente al parto, di Fauzia, giovane ragazza keniota, alla quale Valentina era molto legata. La finalità dell’associazione è proprio quella di sviluppare una rete sicura di supporto alla gravidanza, parto e puerperio attraverso la formazione di ostetriche e personale qualificato.
In un contesto caratterizzato da elevata mortalità durante il parto, diventa infatti essenziale garantire ad ogni mamma la possibilità di partorire seguendo le proprie tradizioni e culture ma in assoluta sicurezza e soprattutto in ospedale e punti nascita dove ci siano personale preparato e un’attrezzatura medica adeguata. Inoltre, qualora la madre sia affetta da malattie trasmissibili come l’Hiv, per limitare la possibilità di contagio al neonato, l’associazione s’impegna a garantire un parto cesareo e nutrimento alternativo rispetto all’allattamento al seno. A oggi l’associazione si avvale di una squadra di ostetriche tradizionali, sparse sul territorio, a cui offre strumenti e formazione, contatti e appoggio. È anche impegnata in attività di assistenza presso la clinica di Mambrui.
Bonanno è neomamma di una bimba di undici mesi. Le restrizioni dovute al Covid, purtroppo, la tengono per ora lontana dal Kenya dove in passato si recava periodicamente: “Per fortuna – dice – tutto continua a funzionare grazie al supporto remoto perché per me il volontariato deve rendere autonomi e indipendenti dalla nostra presenza e dai nostri aiuti”.
Sull’onorificenza ha commentato: “Ho sempre detto che il Kenya mi ha dato tanto, tutto nella vita e io volevo dare indietro qualcosa a questo popolo che è stato per me casa, famiglia, riparo. Non mi sento di meritare gloria, né di essere chiamata eroina. Sono solo la punta di un iceberg, sono ciò che viene mostrato ora, ma non sarei niente senza le tante persone che dal primo giorno mi hanno supportata, aiutata e incoraggiata in questo progetto, che vi assicuro viene dal cuore”.