SEGNALI D’AUTUNNO A RENZI

in Italia
By Nicola Guiso
Pubblicato il 2 Novembre 2014

Per il presidente Renzi lo scorso ottobre non è stato un mese propizio. Il Senato ha infatti approvato la riforma dei contratti di lavoro; con la rottura però della disciplina di partito da parte di alcuni senatori Pd nel voto di fiducia, che potrebbe avere conseguenze imprevedibili per lui segretario. Il testo, poi, dovrebbe essere approvato senza modifiche dalla Camera, al fine di evitare il deprecabile andirivieni parlamentare. Ma le intenzioni della maggioranza (sindacal-politica) della commissione lavoro di Montecitorio non lascia presagire niente di buono su questo punto. Comunque, il testo approvato in Senato è vago su questioni essenziali (a partire da come reperire le ingenti risorse finanziarie necessarie per attuare la riforma) che il governo dovrà chiarire (e non è detto quando) con decreti delegati attuativi. Sempre in ottobre, Renzi ha dovuto prendere atto della rottura sulla riforma con la Cgil (e di annesso sciopero generale indetto dalla Confederazione), un tempo “cinghia di trasmissione” del Pci nel mondo del lavoro. In più, il segretario dei metalmeccanici della Fiom-Cgil, Landini (che i comitati sindacali di base, organismi fuori dalle tre confederazioni; ciò che resta di Sinistra e libertà di Vendola e altri gruppi dell’ultrasinistra, spingono a mettersi a capo di una formazione politica alternativa al Pd) ha proclamato che al fine di impedire l’approvazione della riforma dei contratti di lavoro di Renzi la Fiom è pronta all’occupazione delle fabbriche.

A metà mese Grillo, nella tre giorni romana, si è servito della riforma dei contratti quale eccitante per ridare slancio alle sue schiere, che da qualche tempo mandavano segnali di depressione. Ha definito l’abolizione del vecchio statuto dei lavoratori un insulto alle lotte dei padri e un ritorno allo schiavismo. Ha ribadito inoltre la decisione di usare ogni mezzo per giungere alla erogazione da parte dello stato di un “reddito di cittadinanza” per tutti i cittadini a partire dai 16 anni; cioè una adeguata retribuzione, che si lavori o no. Ha mobilitato infine i 5 Stelle a raccogliere un milione di firme per l’uscita dell’Italia dalla zona Euro; prospettato la possibilità che i parlamentari del Movimento abbandonino il parlamento, diventato una bisca e un tempio di chiacchiere; e rivolto un ambiguo appello all’esercito affinché intervenga a Genova colpita dall’alluvione.

Il disastro in quella città è stato per Renzi un colpo duro anche alla strategia mediatica, parte essenziale del suo agire da segretario di partito e da presidente del Consiglio. Sul Corriere della Sera, infatti, Giannantonio Stella ha riprodotto, testuali, gli attacchi che il Pd aveva rivolto al governo Berlusconi dopo l’alluvione che aveva devastato tre anni fa il capoluogo ligure, per il taglio dei fondi destinati a prevenire e riparare, anche a Genova, le conseguenze di calamità naturali e il dissesto del suolo. Ha poi ricordato che da allora i fondi per Genova non sono stati spesi. Nonostante due governi presieduti da Pd, e l’appartenenza allo stesso partito dei presidenti della provincia di Genova, della regione Liguria e dell’amministrazione comunale, a maggioranza assoluta Pd e con sindaco espresso da “primarie” del partito. Il fatto (ha concluso Stella) deve essere certamente attribuito alle procedure maniacali che in Italia condizionano l’uso anche di questo genere di risorse. Ma, incontestabilmente, in eguale misura, per la insipienza e i silenzi degli amministratori e dei dirigenti politici, liguri e genovesi, targati Pd.

Le prese di posizione di Landini e di Grillo confermano (lo abbiamo detto nella nota di settembre) che i più pericolosi avversari di Renzi, come per i socialdemocratici di sempre, sono a sinistra. Ciò che richiederebbe chiarezza di idee e determinazione per affrontarli in un confronto che riguardi l’uscita dell’Italia dalla crisi; e l’attuazione di una politica di modernizzazione coraggiosa delle sue strutture produttive e di protezione sociale. Ma sinora sembra che alle minacce, ai propositi e alle azioni dell’ultrasinistra Renzi abbia dato non adeguate risposte concrete, ma solo proclami, dichiarazioni e battute; da presidente del Consiglio e da segretario politico.

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