QUASI UN MIRACOLO LA PACE NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA

nel mondo
By Angelo Paoluzi
Pubblicato il 30 Aprile 2016

Si chiama Letitia Yando la giovane centroafricana che ha portato la croce in una delle stazioni della Via crucis presieduta da papa Francesco il venerdì santo 2016. Una presenza giustificata dalle vicende del suo paese, fra quelli che negli ultimi anni hanno maggiormente sofferto per conflitti civili. Ma qualcosa è cambiato dal 29 novembre 2015, quando è stato inaugurato a Bangui, capitale della Repubblica Centro-africana, il Giubileo della Misericordia. Abbiamo un amico a Bangui, don Mathieu Bondobo, parroco della cattedrale le cui porte sono state aperte per l’anno santo da papa Francesco, al quale ha fatto da guida e traduttore. Ci ha raccontato la storia straordinaria, se non miracolosa, di una nazione che, pochi giorni prima del viaggio del santo padre, era sconvolta da violenze. Bande armate di musulmani, i Seleka (il 14 per cento della popolazione è islamica), autori nel 2013 di un colpo di stato, contro gruppi dell’altra minoranza (il 20 per cento) di animisti detti “anti-balaka” appoggiati da milizie di autodifesa dalla maggioranza cristiana (il 66 per cento). L’interposizione di soldati dell’Unione Africana, dell’esercito francese e di caschi blu dell’Onu era a malapena riuscita a limitare i reciproci massacri.

La decisione del papa aveva suscitato inquietudini per la sua sicurezza. Ma nel frattempo una tacita tregua si era istaurata nel paese facendo calmare quasi all’improvviso le tensioni: la presidente di transizione, Catherine Samba-Panza, ha ricevuto l’ospite in un clima rilassato. Papa Francesco farà il resto, senza timore di esporsi e anzi svolgendo un ruolo di pacificatore fra le comunità. Don Mathieu racconta, con commozione, l’entusiasmo con cui il pontefice è stato accolto nella zona musulmana di Bangui, considerata a rischio.

Dall’apertura della porta santa, è stato come se, appena pochi giorni prima, non si fosse vissuti nella guerra civile. Continuano, è vero, qua e là scontri ma di intensità assai minore. L’elezione presidenziale, che si preannunciava di fuoco, si è risolta a metà marzo senza incidenti: a fine mese si è insediato il nuovo capo dello stato, Faustin-Archange Touadéra, un moderato ben visto a livello internazionale anche per le sue competenze di economista e che è stato votato, al ballottaggio, dal 60 per cento degli elettori. Alla sua vittoria, manifestazioni di gioia pacifica, come se si uscisse da un incubo.

L’apertura alla speranza e alla pace è provata anche dal fatto che entro l’anno i militari francesi lasceranno il paese, seguiti quanto prima dalle forze dell’Unione Africana e dell’Onu. L’arcivescovo di Bangui, monsignor Dieudonné Nzapalainga, ha detto: “La conversione si è iniziata con la visita del papa, il cui viaggio è stato il primo miracolo al quale abbiamo assistito. La sua presenza ha guarito tanti cuori e ha unito; noi dobbiamo fare tesoro di questo viaggio come di un momento importante sulla via della riconciliazione. È il tempo della misericordia e dobbiamo aprire il nostro cuore alla tenerezza per aprire il cuore degli altri. Non potremo ricostruire questo paese con l’odio e la distruzione. Bisognerà osare e prendersi per mano, perdonare e iniziare una nuova vita”.

don Mathieu Bondobo e papa francesco

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