PERCHé NO UN PRETE DONNA?

By Luciano Temperilli
Pubblicato il 1 Febbraio 2015

Salve padre Luciano, ho 22 anni e mi chiamo Caterina. Sfogliando la rivista in casa di mia nonna mi sono imbattuta nella sua rubrica, precisamente quella dello scorso dicembre. Ho trovato la sua riflessione particolarmente illuminante e nello steso tempo autentica. Così mi sono decisa a scriverle chiedendo di conoscere il suo pensiero in merito al sacerdozio rosa…

Alcune confessioni cristiane hanno sfatato questo grande tabù aprendo il sacerdozio alle donne. I cattolici, invece, con il papa in testa, si mostrano assolutamente contrari. Perché? Quale testimonianza credibile di nostro Signore c’è a supporto di questa chiusura? Chi può affermare con certezza che Gesù era e sarebbe contrario ad aprire tale ministero alle donne? A mio avviso è solo una  stantia tradizione millenaria e tanto maschilismo… La donna, come sempre, resta vittima di una discriminazione. Se da più parti, infatti, si continua a sbandierare il superamento del maschilismo culturale mediante il riconoscimento dell’uguaglianza sostanziale tra l’uomo e la donna, perché nella chiesa questo non accade? Ci sono forse delle posizioni di privilegio e quindi di rendita che vanno difese in tutti i modi dall’universo maschile? Perdoni la franchezza ma è quello che penso. Inoltre aprendo il sacerdozio alle donne in qualche modo si potrebbe anche dare una risposta al problema della mancanza di preti.

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La questione femminile che emerge nella società si fa presente anche nella chiesa. Il papa Francesco è stato subito sollecitato nell’intervista in volo in ritorno dal Brasile, nel 2013, in cui pur ribadendo, secondo l’insegnamento di papa Giovanni Paolo II, il no definitivo all’ordinazione sacerdotale, ripete che “la Madonna, Maria, era più importante degli apostoli, dei vescovi e dei diaconi e dei preti. La donna nella chiesa, è più importante dei vescovi e dei preti” manca però, afferma, una esplicitazione teologica di questo. Afferma infatti che “una chiesa senza le donne è come il collegio apostolico senza Maria”. Il ruolo della donna nella chiesa non può ridursi soltanto alla maternità e la partecipazione della donna a fare la chierichetta, o la presidentessa dell’Azione cattolica. “C’è bisogno -afferma sempre il papa – di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella chiesa e nei luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella chiesa che nelle strutture sociali”. Un segno forte di questa mentalità di papa Francesco si è rivelato nella nomina della Commissione vaticana per la tutela dei minori composta da quattro uomini e quattro donne, tra cui una donna irlandese, Marie Collins, abusata da un sacerdote all’età di 13 anni.

Nell’udienza al Centro italiano femminile il papa afferma che l’apporto del genio femminile nel lavoro e nella sfera pubblica è “importante” ma il ruolo della donna nella famiglia è “insostituibile”. “A questo punto – ha detto il papa – viene spontaneo chiedersi: come è possibile crescere nella presenza efficace in tanti ambiti della sfera pubblica, nel mondo del lavoro e nei luoghi dove vengono adottate le decisioni più importanti, e al tempo stesso mantenere una presenza e un’attenzione preferenziale e del tutto speciale nella e per la famiglia?”. Risponde: “È qui è il campo del discernimento che, oltre alla riflessione sulla realtà della donna nella società, presuppone la preghiera assidua e perseverante”.

Nel pensiero del papa, mi pare di comprendere, è che l’uomo e la donna hanno vocazioni diverse ma complementari. D’altra parte la donna più importante della cristianità, la Madonna, non era sacerdote ma, come dice papa Francesco, è più importante di vescovi e sacerdoti. L’uguaglianza tra uomo e donna non significa omogeneità. Ci sono delle differenze sia fisiche, sia di ruolo. Ma le differenze non costituiscono maggiore o minore dignità perché sono a servizio l’uno dell’altro. Certo che c’è ancora un maschilismo imperante per cui è necessario, pur in ruoli diversi, riscoprire la radicale dignità e la sostanziale responsabilità nella vita della chiesa che, come direbbe papa Francesco, non è solo dei preti o dei vescovi ma di tutto il popolo di Dio.

Non sono quindi posizione di rendita (se così fosse avremmo forse più preti!) e il sacerdozio femminile nemmeno sarebbe un risoluzione alla mancanza di sacerdoti. Questo problema ha cause più profonde se anche le confessioni cristiane, che hanno aperto alle donne, ne soffrono. È l’intreccio tra fede e cultura, tra la parola di Dio come ci è stata tramandata e la sua comprensione oggi. E in questo campo forse bisogna evitare le facili soluzioni della cultura dominante che, per creare uguaglianza, vuole negare le differenze. Invece la pluralità delle differenze e la diversità dei doni crea l’armonia e la ricchezza della vita sia della chiesa che della società.                                                                            temperlu@libero.it

 

 

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