PECORINO CHE PASSIONE!

By Gloria Danesi
Pubblicato il 4 Aprile 2016

Inebriante in bollicine, stupefacente in tavola, roteante in strada: c’è un visibile filo rosso di lana che unisce uomini in cammino, armenti belanti, gagliardi cani bianchi e uomini stanziali che producono straordinari formaggi e vini bianchi  In Abruzzo il pecorino si gusta sia nel piatto che nel bicchiere. Lo si ama a tal punto da farlo roteare per strada. Nella patria della civiltà agropastorale c’è un visibile filo rossodi lana che unisce uomini in cammino, armenti belanti, gagliardi cani bianchi e uomini stanziali che producono straordinari formaggi e vini bianchi (e non solo). Quindi nessuna meraviglia che due prodotti così diversi portino lo stesso nome e condividano uno stesso status di eccellenza. Diversi i formaggi pecorino, tra i più conosciuti ricordiamo: il canestrato di Castel del Monte, di Farindola, Atri e Scanno. Da qualche anno un altro pecorino, non prodotto dal latte ma da un antico vitigno autoctono a bacca bianca caduto in oblio, sta velocemente conquistando un posto importante nella pur qualificata e variegata offerta vinicola abruzzese. Un vino bianco che si fa apprezzare per il sapore fresco e pieno, accattivante per briosità e fragranza, acidulo il giusto, dal profumo fruttato ed eleganti sentori floreali. La persistenza e il gradevole retrogusto lo rendono particolarmente versatile: ottimo come aperitivo, ideale per i piatti di mare ma anche con carni bianche e non solo. Non a caso nelle confinanti Marche, nel territorio della provincia di Ascoli Piceno dove anche qui il vitigno riprospera, il vino pecorino è stato definito “il rosso vestito di bianco” e viene abbinato con salumi in genere, in particolare il ciaùscolo (tipicità spalmabile simile alla ventricina teramana). A causa della ridotta produttività, il vitigno ha rischiato l’estinzione nonostante sia riportato, fin dal 1871, nel Catalogo nazionale delle varietà. Finalmente la doverosa riscoperta e la vinificazione in purezza, frutto di una notevole maturità del settore enologico, unitamente alla voglia crescente di riscoperta e valorizzazione delle antiche tradizioni enogastronomiche. Qualche mese addietro sono stati resi noti i risultati del progetto Spumanti Abruzzo Dop, sviluppato dall’università di Teramo, C.Ri.V.E.A. e Codice Citra nel quadro del PSR 2007/2013. L’obiettivo era la verifica dell’attitudine alla produzione di vini spumanti metodo classico di cinque vitigni autoctoni abruzzesi: Cococciola, Montepul-ciano, Montonico, Passerina e Pecorino. I risultati più lusinghieri hanno riguardato, a livello di “presa di spuma” e “note tipiche”, il Pecorino, il Montonico e il Montepulciano. Perlage e bouquet di livello superiore hanno decretato che la “regione verde d’Europa” può essere annoverata tra le terre degli spumanti. Proveniente dalla Grecia, secondo Catone il Censore (II secolo a.C.), il vitigno pecorino ha trovato la sua terra d’elezione sulla costa medio Adriatico. Per i marchigiani la denominazione deriva dalla caratteristica del vino di rimanere leggermente frizzante e da qui il collegamento alla “piccantezza” del formaggio pecorino, mentre per gli abruzzesi il nome è legato alla transumanza e all’osservazione che le pecore apprezzavano, durante gli spostamenti, i grappoli di questa uva che matura precocemente. Nelle Marche il vitigno ha ottenuto il doc con la denominazione di Offida, in Abruzzo viene contrassegnato con la denominazioni Igt: Colline teramane, Colline pescaresi, Colli Aprutini, Terre di Chieti. Gli abruzzesi pur amando in modo speciale il vino hanno cura e rispetto per l’acqua, bene comune. A Rosciano (Pe) in località Villa Badessa si tiene in aprile, solitamente la domenica dopo Pasqua, la Festa della Madonna dell’Acqua. Nello spiazzo antistante una bella fontana rurale si svolge una suggestiva cerimonia della benedizione dell’acqua che sgorga dalla fonte Almi-rinda, al cospetto di una icona bizantina che rappresenta la Madonna dell’Acqua portata fin lì in processione. Nella contrada infatti si è insediata, fin dal 1744, una comunità albanese che mantiene vive le tradizioni del paese di origine e possiede un’interessante e ricca collezione di immagini sacre realizzate tra il XV e il XX secolo. C’è posto però anche per il profano, infatti, si pratica nella giornata del 1° maggio un gioco antico, la Ruzzola: forme di pecorino stagionato vengono fatte ruzzolare in strada con l’aiuto di una cordicella legata al polso del giocatore. Inebriante pecorino in bollicine, stupefacente pecorino in tavola, roteante pecorino in strada. L’incredibile cultura del tratturo.

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