LA VITA NON È UN GIOCO

LOTTERIE, GRATTA E VINCI, SLOT MACHINE
By Antonio Andreucci
Pubblicato il 30 Dicembre 2013

Il nostro è un paese di giocatori incalliti che cercano la fortuna più di altri. Al mondo ci superano solo i canadesi. Ma come dimostra una ricerca scientifica le possibilità di chiudere in attivo sono infinitesimali, quasi nulle, e anche quando arraffiamo qualcosa, non facciamo altro che recuperare parte di quanto speso Vogliamo cominciare l’anno con un bel gesto di generosità: regalare a 15 milioni di italiani 21,7 miliardi di euro. Per averli, basta essere giocatori di lotterie, gratta e vinci, slot machine e compagnia varia. La condizione per ottenerli è di non giocare per tutto il 2014. Già, perché così facendo ciascuno di quei 15 milioni – tanti sono i giocatori – a fine anno avrà “vinto” 1.450 euro, nel senso che non li avrà persi. Li avrà risparmiati e potrà utilizzarli per qualcosa di certamente migliore.

Il nostro è un paese di giocatori incalliti che cercano la fortuna più di altri. Al mondo ci superano solo i canadesi. Per una volta siamo secondi, anche se nella classifica dei soldi persi nella ricerca vana di qualcosa che ci cambi la vita. Non tentare la sorte al gioco equivale a risparmiare. A chi obietta che così non si vince mai, replichiamo che le possibilità di chiudere in attivo sono infinitesimali, quasi nulle, e anche quando arraffiamo qualcosa, non facciamo altro che recuperare parte di quanto speso. Infatti, il banco vince sempre. È scientifico, come dimostrano le ricerche di un’apposita équipe del Politecnico di Milano e di due giovani studiosi torinesi – Diego Rizzuto e Paolo Canova – che hanno addirittura elaborato il progetto Fate il nostro gioco per spiegare nelle scuole, calcoli alla mano, che è meglio lasciar perdere. Le probabilità di vincere con una sestina al Superenalotto sono di una su 622.614.630. Solo l’homo sapiens sarebbe avvantaggiato: se vivesse ancora e per tutti questi secoli avesse tentato la sorte tre volte a settimana, oggi potrebbe sperare in una probabilità su 20! Minori possibilità, una su 26 mila, avrebbe avuto Giuseppe Garibaldi se avesse fatto la stessa cosa negli ultimi 150 anni. Sulle molto improbabili vincite, però, avrebbero dovuto pagare il 6 per cento di tasse, come prevede una legge risalente al governo Monti, non valida solo per la lotteria Italia, le scommesse, il poker, il casinò online, il bingo e le slot machine. Da tutti gli altri giochi, per vincite superiori ai 500 euro, lo stato trattiene quella percentuale, portando a casa 13 miliardi. Ma il 95% degli speranzosi non va mai oltre il “cinquecentone”.

La crisi ha accentuato il fenomeno delle scommesse, il cui volume è quadruplicato dal 2008. Invece, sono diminuiti i premi: quelli significativi sono stati, nel 2012, la metà rispetto a quelli del 1994, quando, però, si giocava un settimo rispetto a oggi. Quindi, la possibilità di portare a casa qualcosa, già bassissima allora, si è notevolmente assottigliata. Si perde sempre. Per le slot, ad esempio, il 25% va ai gestori, così come per il Wind for life. In pratica, si gioca 100 e, se si vince, si ottiene 75, il che significa che si recuperano solo tre quarti del versato. Si va sempre in perdita. Prendiamo il Miliardario o altri tipi di gratta e vinci che ormai ci propongono come resto agli autogrill, alle poste, al tabaccaio: costa 5 euro e il premio massimo è di mezzo milione. Se ne vendono 30 milioni in 2-3 settimane; quelli vincenti sono 11 milioni, ma – attenzione – solo cinque hanno il premio maggiore! Con gli altri si vincono quasi sempre cifre da 10 a 100 euro. Giusto quello che si gioca, se non meno. Perciò, in questo caso la possibilità di “svoltare” è di 5 su 30 milioni.

C’è poi l’aspetto sociologico. Di gioco ci si ammala, si portano alla miseria intere famiglie, ma, soprattutto, si tende a far credere che la vita possa cambiare con una vincita e non con un progetto, con le capacità, con l’abnegazione, i sacrifici. Ricordiamoci che la vita non è un gioco.

 

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