LA GIOIA DELL’AMORE

l’esortazione apostolica di papa Francesco
By Gianni Di Santo
Pubblicato il 30 Aprile 2016

 

Amoris laetitia è il canto preferito di Bergoglio all’amore dell’uomo che vuole somigliare a un Dio misericordioso e dolce. C’è la famiglia, ci sono i figli, gli anziani, le famiglie allargate, le famiglie divise, i divorziati. Si parla di come educare i figli, anche a rapportarsi alla morte, e c’è posto per l’erotismo, parte forte della sessualità di ogni individuo

Amore batte legge due a zero. E senza bisogno di tempi supplementari. È questo il senso più immediato, a una prima rapida lettura del testo, di Amoris laetitia (La gioia dell’amore), l’esortazione apostolica post-sinodale “sull’amore nella famiglia”, datata non a caso 19 marzo, solennità di San Giuseppe, che raccoglie i risultati dei due sinodi sulla famiglia indetti da papa Francesco nel 2014 e nel 2015. Sinodi fortemente vissuti dai media di tutto il mondo come una sorta di contrapposizione tra una chiesa che guarda avanti, semper reformanda, e un’altra chiusa all’interno dei palazzi e dei templi. L’esortazione apostolica è ampia e articolata. Suddivisa in nove capitoli e oltre 300 paragrafi, si apre con sette paragrafi introduttivi che mettono in piena luce la consapevolezza della complessità del tema e l’approfondimento che richiede.

Insomma, va letta per bene. In famiglia, da soli, nelle comunità parrocchiali. Ma sempre con l’ottica dell’amore, e non della legge. Lo stesso Francesco lo ribadisce in modo perentorio: “desidero ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano… Inoltre, in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali”.

Che cosa ci si aspettava da Francesco, che scrivesse nero su bianco quando e come i divorziati risposati dovessero prendere l’eucaristia, così come gli omosessuali dichiarati? Il papa, qui, (e sempre nel suo pontificato), parla di abbracci, di grazia, di misericordia, di tenerezza, lontano mille miglia dai valori non negoziabili. Quest’esortazione è il suo canto preferito all’amore dell’uomo che vuole somigliare a un Dio misericordioso e dolce. C’è la famiglia, ci sono i figli, gli anziani, le famiglie allargate, le famiglie divise, i divorziati. Si parla di come educare i figli, anche a rapportarsi alla morte, e c’è posto per l’erotismo, parte forte della sessualità di ogni individuo. Una esortazione assai diversa, per toni, scrittura, direi pathos, rispetto ai documenti precedenti in materia familiare, come se il testo fosse attraversato più dal Cantico dei cantici che dalle tavole della legge.

Il metodo, qui, vale la riforma. Non si sostiene, non si comanda, si ama. E la dottrina sulla famiglia viene enunciata con il racconto degli uomini e delle donne del nostro tempo. L’amore sgorga in ogni pagina e pare voglia prendersi il meglio del lettore. “Per molto tempo – continua Francesco – abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di significato la loro vita insieme. Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare per tutta la vita”.

Ci sono gli abbracci e le carezze, ma anche gli abbandoni, le fragilità, le emarginazioni, le solitudini. Il racconto della vita di ciascuno di noi viene ascoltato per quello che è, senza nascondimenti e senza vergogna. C’è da dire che è un’esortazione molto bella, da leggere ai figli piccoli e ai giovani nelle comunità cristiane. C’è odore di grazia, di apertura al mondo, di abbraccio con l’altro.

Ma il punto, alla fine, che interessa più di tutti, è: e i divorziati risposati? I dialoghi del cammino sinodale, scrive Francesco, hanno condotto a prospettare la necessità di sviluppare nuove vie pastorali. Saranno infatti le diverse comunità a dover elaborare proposte più pratiche ed efficaci, che tengano conto sia degli insegnamenti della chiesa sia dei bisogni e delle sfide locali. Al punto 242, testuale, c’è scritto: “I padri hanno indicato che un particolare discernimento è indispensabile per accompagnare pastoralmente i separati, i divorziati, gli abbandonati. Va accolta e valorizzata soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione, il divorzio o l’abbandono, oppure sono stati costretti dai maltrattamenti del coniuge a rompere la convivenza. Il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, ma è un cammino che la grazia rende possibile. Di qui la necessità di una pastorale della riconciliazione e della mediazione attraverso anche centri di ascolto specializzati da stabilire nelle diocesi”. Nello stesso tempo, “le persone divorziate ma non risposate, che spesso sono testimoni della fedeltà matrimoniale, vanno incoraggiate a trovare nell’eucaristia il cibo che le sostenga nel loro stato”.

Ai divorziati che vivono una nuova unione, papa Francesco dice che è importante far sentire che sono parte della chiesa, che “non sono scomunicati” e non sono trattati come tali, perché formano sempre la comunione ecclesiale.

In pratica, papa Francesco concede l’abbraccio paterno di Pietro a tutti quei preti (e divorziati) che già oggi concedono l’eucaristia ai divorziare risposati, in barba ai codicilli. E, quindi, da oggi in poi, vescovo o non vescovo, i laici che vivono situazioni difficili nel loro cammino familiare sanno che la chiesa non li potrà deludere e che li accoglierà. Integrare e non escludere: si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta “oggetto di una misericordia immeritata, incondizionata e gratuita”.

E ancora, per essere più chiari: “Riguardo al modo di trattare le diverse situazioni dette irregolari, i padri sinodali hanno raggiunto un consenso generale, che sostengo: In ordine a un approccio pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla chiesa rivelare loro la divina pedagogia della grazia nella loro vita e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro, sempre possibile con la forza dello Spirito Santo”.

Non ci sono ricette preconfezionate per vivere l’amore familiare in modo completo. C’è solo l’esperienza della vita e la capacità della chiesa di ascoltare e tendere la mano. Francesco, ancora una volta, esprime la sua preferenza per una chiesa “ospedale da campo” e non per una chiesa del diritto canonico e delle leggi.

Per i battezzati divorziati e risposati civilmente si apre il tempo dell’integrazione nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili. E come? La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: “Occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del vangelo. Questa integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti”.

Amoris laetitia ha bisogno di tempo. Per essere letta, discussa, approfondita. Un tempo giusto, come è il tempo di questa chiesa accidentata che papa Francesco tenta di farci comprendere e amare. Sarà il tempo, questo tempo dello Spirito, a sedimentare risposte e a sollevare anche domande sul senso della vita all’interno delle nostre comunità familiari ed ecclesiali.

Perché oggi, la famiglia, ha bisogno dello sguardo accogliente di un Dio che sorride.

 

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