IL REGALO di GABRIELE

Carlo Cacciamani
By Nandino Di Eugenio
Pubblicato il 3 Aprile 2015

Aveva goduto sempre buona salute, fratel Carlo Cacciamani; era stato sempre molto attivo per il bene dei confratelli. Colpito però da paralisi progressiva trascorse gli ultimi anni prima trascinandosi a stento fino ai piedi dell’altare per partecipare all’eucaristia e poi immobile su una sedia a causa delle dolorose piaghe che gli laceravano il corpo e non gli permettevano di riposare disteso sul letto. Quando ormai gli era impossibile muoversi i superiori decisero di celebrare la messa nella cappellina interna vicino alla sua camera; indescrivibile la gioia del malato, calorose e continue le espressioni di gratitudine per il dono ricevuto.

La malattia aveva vinto la sua complessione forte e robusta ma non gli aveva tolto la pace del cuore; non gli aveva rubato la luminosità del volto, né offuscato la vivacità degli occhi. Edificava e inteneriva i confratelli che andando a trovarlo, lo vedevano sempre con la corona del rosario in mano e assorto in Dio. Del resto Carlo stimava una grazia del cielo la malattia che lo aiutava a configurarsi sempre più al Crocifisso, vocazione specifica di ogni religioso passionista. Lo accompagnava soprattutto il ricordo di Gabriele di cui aspettava l’ormai vicina beatificazione. E quando gli chiedevano di parlare di lui, si commuoveva fino alle lacrime.

Carlo era nato a Castel San Venanzio di Serrapetrona (Macerata) il 19 dicembre 1836. Entrato come religioso coadiutore nel noviziato di Morrovalle, veste l’abito passionista il 21 dicembre 1859 e professa i voti il 22 dicembre dell’anno seguente. Trasferito subito al convento di Isola del Gran Sasso con il compito di cuoco, vive con Gabriele fino alla morte del santo. Ma nel 1866 la comunità di Isola viene soppressa dalla legge contro le corporazioni religiose; i passionisti, nonostante le manifestazioni di affetto e le vibrate proteste del popolo, sono violentemente cacciati dal convento. Accolti volentieri dal vescovo di Oria (Brindisi) monsignor Luigi Margarita, sono da lui destinati a Manduria nel convento abitato già dai cappuccini. Qui Carlo vive insieme ai confratelli fino a quando le leggi dello stato contro gli ordini religiosi non vengono applicate anche nelle Puglie. E allora Carlo inizia un lungo peregrinare che lo porterà prima a Roma, nella casa generalizia, e poi in altri conventi.

Carlo vive dunque vicino a Gabriele; ha modo di conoscerlo bene perché gli viene assegnato come compagno con cui dialogare. “Spesso quando ne aveva il permesso, Gabriele correva da me”, dirà compiaciuto e orgoglioso il buon fratello. Gabriele con le sue mani costruisce un altarino ponendovi una immagine della Madonna; lo regala a Carlo perché lo tenga in cucina e gli ispiri pensieri di cielo durante il lavoro. “Capitando in cucina, ricorderà ancora Carlo, Gabriele mi invitava a genuflettere dinanzi a questa immagine e a recitare con lui qualche giaculatoria o l’Ave Maria”.

Ma il ricordo più commovente e indimenticabile è quello della morte e della sepoltura del santo. “L’ultima notte di sua vita eravamo destinati ad assisterlo io e un suo compagno. Dopo un determinato tempo dovevamo essere sostituiti; ma per l’amore a Gabriele e perché speravamo di assistere a cose meravigliose in quella notte, né io né il mio compagno abbiamo voluto lasciarlo e ci siamo trattenuti fino al mattino”. Carlo inoltre si ferma a guardare a lungo Gabriele ormai defunto. “Il suo volto non era affatto alterato. Sembrava che dormisse; non ci potevamo persuadere che fosse morto”. È lui che insieme all’infermiere fratel Agostino Rossi, prepara il corpo di Gabriele per la sepoltura. Sarà sepolto in chiesa nella tomba comune a fianco di altri religiosi. Carlo perché lo si possa distinguere dagli altri, lega con una cordicella i piedi di Gabriele. Prevede forse la glorificazione del giovane confratello? Dopo trent’anni nel momento dell’esumazione, che segnerà l’inizio dei prodigi sulla tomba, sarà proprio quella cordicella a permettere di riconoscere senza ombra di dubbio il corpo del santo. Carlo ricorderà ancora che dopo l’esumazione “nessuno voleva tornarsene a casa senza aver ricevuto un po’ della polvere del sepolcro di Gabriele”. Carlo muore il 16 agosto 1907 nel convento dell’Angelo presso Lucca. Gabriele gli sarà stato certamente vicino, premuroso e gentile, come Carlo lo era stato con lui. (4)         

 

 

 

 

 

 

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