CI VUOLE CORAGGIO

By Nicola Guiso
Pubblicato il 4 Aprile 2016

Le indagini demoscopiche rivelano che solo il 3 per cento dei cittadini apprezza i politici. E le cose che accadono da mesi nelle forze politiche lo confermano. Il malaffare che ha travolto l’amministrazione Pd di Roma; i brogli nelle primarie di Napoli per designare il candidato sindaco del Pd: la guerra incessante tra le correnti del partito hanno fatto dire a D’Alema che Renzi ne ha reciso le fondamenta, mettendolo in mano a servi e ad arroganti. In parallelo, la cosiddetta “democrazia diretta” dei 5 Stelle sta finendo in farsa: i candidati a sindaco per Milano, Roma e Napoli sono stati votati da meno di 3mila iscritti; l’eletta a Milano (con 47 voti) si è dimessa perché nel movimento hanno detto che è grassa e brutta. Infine si è scoperto che Casaleggio controllava – a loro insaputa – i siti dei parlamentari. Nel centro-destra la preparazione (si fa per dire) alle amministrative sta confermando profonde divisioni tra Fi, Lega e Fratelli d’Italia e altre micro-formazioni, per poche idee e mediocri capi. Gli stessi fatti caratterizzano il pulviscolo di formazioni dell’ultrasinistra.

Le vicende degli ultimi mesi, dunque, spingono sempre più in basso la stima dei cittadini per i politici, le cui cause di fondo riguardano soprattutto: 1) Uso del danaro pubblico da incompetenti, da demagoghi o da disonesti di molti eletti nelle istituzioni, di dirigenti di partito e di funzionari pubblici fisiologicamente collegati ai partiti. 2) Mediocre funzionamento del parlamento, della maggior parte dei consigli regionali e di molte amministrazioni comunali; fatto che impedisce di affrontare in modi adeguati vecchi e nuovi problemi della società e delle istituzioni. Per esempio: le disfunzioni nei trasporti pubblici; le carenze in ferrovie, strade, porti, reti energetiche e informatiche; le insufficienze di indirizzi e di risorse per ridurre la disoccupazione, per accrescere la funzionalità e la qualità dei servizi sanitario, previdenziale, fiscale, scolastico. Indirizzi e interventi oggi resi più difficili dalle grave crisi economica, finanziaria e sociale che ha investito soprattutto l’Europa e la Cina; dalle guerre, dal terrorismo islamico e dalle migrazioni di massa dal sud al nord del mondo.

Ridare prestigio e dignità alla politica e ai partiti (fattori ineliminabili nei sistemi democratici) richiede che si parta dalla presa d’atto delle ragioni per cui sono falliti i tentativi di colmare il vuoto creato dalla fine dei grandi partiti popolari e di quelli di élite. Partiti che dal 1948 al 1989 erano stati tra i protagonisti della trasformazione dell’Italia da un paese agricolo-industriale in uno tra quelli economicamente e socialmente più avanzati del mondo. Pur avendo commesso errori, com’era però naturale che avvenisse in un così lungo e complesso ciclo storico. Tentati-vi falliti di colmare quel vuoto compiuti dagli eredi del Pci (prima da soli, poi con l’Ulivo, infine col Pd); dal centro sinistra (laico-cattolico) con la Margherita; dal centro destra con Fi, Lega, Alleanza nazionale, Pdl; dall’ultra sinistra, con nascita e morte rapidissima di Rifondazione comunista e altri micro partiti; infine dai 5Stelle, segnati da pulsioni tecnocratiche, anarco-comuniste e parafasciste.

Per colmare questo vuoto, i politici di partito e di governo che abbiano fallito nel tentativo, e anche i loro eredi diretti, è necessario che lascino spazio a nuovi soggetti. Questi a loro volta oltre ad essere di alta moralità e competenza, non dovranno promettere di corrispondere in un lampo a tutte le esigenze dei cittadini e dovranno invece indicare con chiarezza i tempi e le risorse necessarie per farlo, e come, equamente, reperirle. Ad essi dunque occorreranno doti eccezionali di preparazione, intelligenza dei fatti e, in pari misura, di grande coraggio.

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