ADDIO ANTONIO, ESEMPIO D’ALTRI TEMPI

By Stefano Pallotta
Pubblicato il 28 Dicembre 2012

Chiedo preventivamente scusa ai lettori delLA nostrA RIVISTA per l’argomento che affronterò questo mese. Esso non ha alcuna attinenza con i fatti politici, sociali, economici e culturali della nostra regione: riguarda un amico perso sulla montagna che sovrasta San Gabriele, monte Prena, sul Gran Sasso. Il mio cuore è ancora gonfio di pianto per questa tragedia che si è consumata sotto gli occhi increduli di quattro persone che avevano deciso, insieme a lui, di trascorrere un sabato spensierato al di sopra delle uggiose nebbie della pianura.

Si chiamava Antonio, era volontario della Croce Rossa di Sulmona, la città dei confetti; aveva una smisurata passione per la montagna. Passione che condivideva con i suoi quattro amici che, da quel 24 novembre del 2012, non saranno più gli stessi: una tragedia che ha sconvolto la famiglia di Antonio, ma anche le loro coscienze e, consentitemi, la loro spiritualità. Almeno per me è così. Ma non è di loro che voglio parlare. È un luogo comune affermare, dinanzi a questi infausti accadimenti della vita, che sono sempre i migliori che se ne vanno. Ebbene, in questo caso non si tratta di uno stereotipo. Antonio era veramente il migliore di noi e della somma delle bontà che ciascuno di noi potrà vantare nel giorno della resa dei conti. Una vocazione naturale di dedizione agli altri senza substrati di ipocrisia, con una purezza di sentimenti da farlo apparire uomo di altri tempi e di un mondo sideralmente lontano dalle pochezze della nostra terra.

È morto per la passione della sua vita, la montagna, che non anteponeva, però, all’amore per la sua grande (in tutti i sensi) famiglia.

È morto per questa passione che ha poco di prosaico, perché sulle vette dei monti del Gran Sasso, della Maiella, del Morrone riusciva, ancora di più, a stabilire quel particolare legame spirituale che lo legava alla religiosità verso il Padre. La conquista della vetta, per Antonio, era rappresentata dall’abbraccio, per lunghi minuti, della croce di ferro: un rito antico che rinnovava incurante dei sempre possibili agnosticismi delle modernità. Sul monte Prena, ha individuato San Gabriele e si è soffermato con lo sguardo sul lontano complesso del santuario, pensando chissà a che cosa.

Il mondo di oggi è fatto di miti e simboli che la televisione ci impone come positivi ma che tali non sono, e se oggi parlo di un eroe della quotidianità, che se ne è andato solo per un tragico disegno del fato, è per cercare di ricordare sempre che sono questi i modelli che dovremmo prendere ad esempio, sono questi gli uomini e le donne che andrebbero celebrati. Il loro atteggiamento quotidiano nel sociale, nella famiglia, con gli amici sempre improntato al rispetto, all’amore per gli altri, alla serenità dei rapporti è un valore da recuperare e da esaltare. Ogni popolo ha i miti che si merita, Antonio non sarà un mito perché è un antieroe del suo tempo. Ma che almeno rimanga un esempio per noi. È per questo che vi ho tediato.

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