Ho già superato il mezzo secolo di vita, ma ancora mi ronza nell’orecchio la do-manda che da piccolo mamma e fratelli maggiori mi rivolgevano quando ricevevo un dono: “Come si dice?”. E tutto rimaneva come sospeso fino a tanto che non avessi pronunciato la magica parola “grazie”.
Forse oggi non si presta così tanta attenzione per insegnare la gratitudine ai ragazzi e la parola “grazie” non è fra le più popolari tra i giovani. Certo è che si è diffusa una mentalità che coinvolge i grandi e quindi anche i piccoli, per cui si ritiene che tutto o quasi sia dovuto, che tutto sia un diritto e che la gratitudine più che un dovere sociale sia un optional.
In realtà, dire “grazie”, “per favore” è molto più di un semplice atto di cortesia; è espressione di una visione della società caratterizzata dall’armonia, dal rispetto reciproco, dal riconoscimento del bisogno di aiuto dell’altro. La gratitudine – affermano gli psicologi – è essenziale per vivere bene, accresce la nostra tendenza a fidarci degli altri, ad aiutare il prossimo e addirittura aumenta la sensazione di benessere, la nostra vitalità. Non ci può essere vera amicizia senza gratitudine, perché quando si esprime gratitudine si guarda alle qualità positive e al bene ricevuto dall’amico.
“Grazie” rende felice sia chi lo dice sia chi lo riceve. Non umilia, anzi è un modo di dare importanza alla persona e a quello che ha fatto. In questa nostra epoca caratterizzata dalle fredde relazioni digitali, dire grazie aiuta sentirsi meno soli, a stare connessi socialmente con gli altri in rapporti dove non ci sono perdenti, in cui entrambi ricevono benefici e sintonia. “Dicendo grazie tu crei amore”, ha scritto Daphne Rose Kingma. In definitiva, la gratitudine contiene tutti gli ingredienti per vivere meglio nella società.
Senza voler apparire catastrofista, mi piace citare una frase che ascoltai in un film: “Penso che quando non si dice più ‘grazie’ e ‘per favore’ la fine sia vicina”. In chiave positiva invece la visione di papa Francesco: “È felice quella famiglia in cui si usano le parole: grazie, scusa, permesso”.
La seconda domenica di novembre, quest’anno il 10 novembre, la Chiesa Italiana celebra la Giornata del ringraziamento, istituita “per richiamare gli uomini alla lode di Dio, datore di ogni bene, alla valorizzazione e alla giusta distribuzione dei doni della terra, al rispetto dell’ambiente naturale e alla solidarietà con quelli che lavorano”. Quindi un invito a dire grazie a Dio e a tutti coloro che ci procurano dei benefici. In realtà questa giornata in Italia non è mai diventata molto popolare, a differenza degli Stati Uniti, dove, nata anche lì da motivazioni religiose, la giornata del ringraziamento è diventata una festa civile.
È stato scritto: Dio mette i suoi doni nei tuoi “grazie”. La più grande lode o preghiera che possiamo rivolgere a Dio è dirgli grazie. Esorta san Paolo: “In ogni cosa, rendete grazie” (1Tess 5,18), che poi domanda: “Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto? (1Cor 7). I Salmi ci offrono una gamma quasi infinita di espressioni di gratitudine a Dio. E il culmine del culto a Dio, l’Eucarestia, è un atto di ringraziamento, per il dono di Gesù Cristo che offre la sua vita per l’umanità.
Se la sola preghiera che mai dirai nella tua intera vita è “grazie”, quella sarà sufficiente. (Maestro Eckhart)