DUE PRETI “SCOMODI” CHE HANNO FATTO LA STORIA

il grazie di Francesco a don Milani e don Mazzolari
By Gianni Di Santo
Pubblicato il 2 Giugno 2017

Il 20 giugno il papa si recherà, in forma riservata, a pregare presso le tombe di due “sacerdoti di frontiera” che hanno pagato con la solitudine ecclesiale le loro scelte controcorrente in quegli anni preconciliari e di sviluppo sociale di un’Italia che andava costituendosi potenza economica a rischio di non poche disparità sociali

Il 20 giugno prossimo è una data che il popolo di Dio ricorderà con piacere. Infatti, papa Francesco si recherà in forma riservata e non ufficiale a pregare presso le tombe di don Primo Mazzolari a Bozzolo e don Lorenzo Milani a Barbiana. I due preti (ma anche intellettuali, scrittori, giornalisti, polemisti…) sono sicuramente da annoverare tra le testimonianze profetiche “scomode” del secolo scorso della Chiesa e del Paese. Due preti e due uomini che hanno pagato con la solitudine ecclesiale le loro scelte controcorrente in quegli anni preconciliari e di sviluppo sociale di un’Italia che andava costituendosi potenza economica a rischio di non poche disparità sociali, basti pensare all’obiezione di coscienza oppure alle idee, talmente innovative per l’epoca, sul come educare le giovani generazioni e sulle funzioni della scuola.

Il cardinale Gualtiero Bassetti, in occasione del 58° anniversario della morte di don Primo Mazzolari – 12 aprile del 1959 -, ha detto che “Mazzolari è una delle figure di prete che hanno profondamente inciso nella mia formazione seminaristica. Quanto sono grato a don Mazzolari, a padre Turoldo, La Pira, don Milani e don Barsotti che, fin dalla giovinezza, mi hanno ispirato un umanesimo bello, profondo e cristiano, che ha nutrito la mia vocazione al sacerdozio. Essi mi hanno insegnato che la fede cristiana ti vuole incontrare nella tua umanità, perché tu sia anzitutto un uomo vero. È questa fede che ti porta a impegnarti per la dignità della persona umana, per l’inviolabilità dei suoi diritti”. Concludendo: “I poveri non gli hanno mai fatto paura perché li conosceva, non secondo le categorie sociologiche, ma attraverso il mistero di Dio, che li ha chiamati beati, riservando loro il suo Regno; perciò Mazzolari ha lasciato che fossero loro a parlare, a manifestarsi, perché nessuno potesse avere una scusa per non impegnarsi”.

Don Mazzolari ha avuto, anche se alla fine della sua vita, accoglienza ecclesiale, tanto che è prevista per l’autunno prossimo l’inizio della sua causa di beatificazione. Diverso il discorso per don Lorenzo Milani, di cui il 26 giugno ricorre il 50° della sua morte, l’autore di due libri che sono rimasti pietre miliari nella lettura sociologica ed esperienziale-pastorale della Chiesa e del Paese, Esperienze PastoraliLettera a una professoressa. Con questa visita, benché privata, papa Francesco esprime il suo grazie, a nome della Chiesa, a questo prete fiorentino che non è stato capito ai suoi tempi, tanto da mandarlo in punizione in una canonica di campagna a Barbiana, sopra le colline di Firenze, in completa solitudine. Ma da quella punizione maturò presto quella testimonianza profetica che si tradusse in un motto che tanti giovani hanno accolto nelle loro vite: I care, mi interessa.

Papa Francesco, con un videomessaggio inviato alla presentazione in anteprima dell’Opera Omnia di don Lorenzo Milani per Meridiani Mondadori (due tomi a cura di Alberto Melloni che usciranno per il 50°), ha spiegato in modo inequivocabile da che parte è la Chiesa: “Non mi ribellerò mai alla Chiesa perché ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati, e non saprei da chi altri andare a cercarlo quando avessi lasciato la Chiesa. Così scrisse don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, il 10 ottobre 1958. Vorrei proporre questo atto di abbandono alla Misericordia di Dio e alla maternità della Chiesa come prospettiva da cui guardare la vita, le opere e il sacerdozio di don Lorenzo Milani”.

Papa Francesco ha poi continuato: “Come educatore e insegnante egli ha indubbiamente praticato percorsi originali, talvolta, forse, troppo avanzati e, quindi, difficili da comprendere e da accogliere nell’immediato. La sua educazione familiare, proveniva da genitori non credenti e anticlericali, lo aveva abituato a una dialettica intellettuale e a una schiettezza che talvolta potevano sembrare troppo ruvide, quando non segnate dalla ribellione. Si capisce, questo ha creato qualche attrito e qualche scintilla, come pure qualche incomprensione con le strutture ecclesiastiche e civili, a causa della sua proposta educativa, della sua predilezione per i poveri e della difesa dell’obiezione di coscienza.

La storia si ripete sempre. Mi piacerebbe che lo ricordassimo soprattutto come credente, innamorato della Chiesa anche se ferito, ed educatore appassionato con una visione della scuola che mi sembra risposta alla esigenza del cuore e dell’intelligenza dei nostri ragazzi e dei giovani”.

“La sofferenza, le ferite subite, la Croce – conclude Francesco – non hanno mai offuscato in lui la luce pasquale del Cristo Risorto, perché la sua preoccupazione era una sola, che i suoi ragazzi crescessero con la mente aperta e con il cuore accogliente e pieno di compassione, pronti a chinarsi sui più deboli e a soccorrere i bisognosi, come insegna Gesù, senza guardare al colore della loro pelle, alla lingua, alla cultura, all’appartenenza religiosa”.

A tanti anni di distanza, dunque, i due preti che hanno fatto la storia – e anche diviso – del movimento cattolico in Italia, ricevono dal papa in persona il “grazie” tanto atteso e la piena riconciliazione con la Chiesa.

Un momento di festa per un annuncio del Vangelo che cammina lungo le strade degli uomini e abbraccia l’umanità ferita. Che ci restituisce, finalmente, la bellezza di due testimonianze profetiche che hanno vissuto il loro tempo incarnando la fede in Gesù fuori dalle sagrestie.

Due testimonianze di cui si sente, ancora oggi, un grande bisogno.

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