DONNA DI IERI, OGGI E DOMANI
PER TUTTI RIMANE IL SEGNO PROFETICO DI UNA VITA SPESA PER IL VANGELO, A SERVIZIO DELLA CHIESA E DELLA VITA DEL NOSTRO PAESE. EUCARISTIA, APOSTOLATO ED EROISMO SONO LE PAROLE D’ORDINE DELLA SUA AZIONE
Una donna, forte, gentile, sobria, preparata, impegnata, grande organizzatrice, piena di passione per l’annuncio del Vangelo nel mondo e i diritti delle donne. Con il dono della profezia. Il nome di Armida Barelli forse non dice molto. Ma è probabile che la sua prossima beatificazione, che avverrà il prossimo 30 aprile a Milano, saprà aprire le porte a una sua conoscenza più vasta. Il rito sarà presieduto dal cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza di papa Francesco e si prevede, da adesso in poi, una vasta opera di informazione da parte del Comitato di beatificazione, che raccoglie i tre enti-associazioni che “sentono” Armida Barelli come parte della loro storia, e cioè l’Azione cattolica italiana, l’Istituto Secolare Missionarie della Regalità e l’università Cattolica del Sacro Cuore.
Ma chi è era Armida Barelli? Perché è così importante all’interno della storia del movimento cattolico italiano? Nata da una famiglia borghese nel 1882, studia in un collegio svizzero e, tornata a Milano, si dedica subito ai ragazzi abbandonati e poveri. Le sue qualità organizzative, insieme alle sue doti spirituali che già si intravedono nell’età della giovinezza, la fanno subito notare a padre Agostino Gemelli. L’incontro con il frate segna per lei l’inizio di una collaborazione che durerà tutta la vita.
Nel 1918 fonda la Gioventù Femminile cattolica milanese, chiamata a tale incarico dal cardinale Ferrari che, dinanzi alla propaganda marxista, vede l’urgenza di una formazione anche delle giovani (i giovani erano già organizzati), per testimoniare con la vita il battesimo ricevuto. Diventa così la “sorella maggiore” di un gruppo di giovanissime che dalle parrocchie milanesi si ritrovano in vescovado ad approfondire problemi teologici e sociali per controbattere la propaganda marxista. Armida Barelli è già allora, siamo agli inizi del novecento, una donna che “conta”, sa incutere rispetto, soprattutto sa farsi amare, e capisce immediatamente il ruolo imprescindibile della formazione e della cultura all’interno del percorso spirituale e civile delle masse popolari. Così papa Benedetto XV decide di affidarle lo stesso compito per tutte le diocesi italiane. La chiamano la sorella maggiore, lei laica (non era una religiosa, solo terziaria francescana), e da “sorella maggiore” è al fianco dei diritti delle donne, soprattutto in un tempo in cui il ruolo delle donne era confinato alla sola vita familiare e prive ad esempio del diritto di voto. I vescovi la ascoltano, i papi si servono di lei, e lei non si fa pregare, con le migliaia iniziative a suo nome che iniziano a girare per la Penisola, e non solo.
Eucaristia, apostolato ed eroismo sono le parole d’ordine della sua azione. Nel 1919, insieme a padre Gemelli, fonda l’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo e con lui anche l’Opera della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo per la diffusione della liturgia. Nel 1921 fa parte del gruppo dei fondatori dell’università Cattolica del Sacro Cuore, fermamente convinta di intitolarla al Sacro Cuore e ne diventa indispensabile “cassiera”. In quel periodo tanti edifici di matrice “cattolica” vengono costruiti con il sostegno fondamentale della Barelli, che ha una particolare esperienza e creatività nel trovare i fondi necessari, coinvolgendo le sue giovani sorelle. Organizza convegni, pellegrinaggi, settimane della purezza, settimane sociali e attività per le missioni.
Nella Gioventù femminile, ramo dell’Azione cattolica, compie il miracolo di far crescere la “dimensione femminile” durante il periodo fascista (e non era facile), ma soprattutto prepara per tempo le donne all’inserimento nella vita politica del Paese, visto che si vota per la prima volta. In lei convivono mitezza francescana e, diremmo oggi, capacità manageriali, leadership e accoglienza. Capisce subito il valore della promozione e della comunicazione, e quindi ciclostila qualsiasi opera o pensiero che possa formare le giovani aderenti. La messa della domenica, opere di spiritualità, la spiegazione della liturgia delle ore. Qualsiasi mezzo per arricchire la formazione culturale e spirituale personale è lecito, e in questo è stata un’anticipatrice dei tempi. Dalla sua radicalità evangelica e dal suo stile di vita vengono le tante testimoni di santità della Gioventù femminile (alcune già riconosciute ufficialmente dalla Chiesa): giovani donne che hanno seguito eroicamente Cristo sulle strade del mondo. Altre giovani saranno elette sindaci e deputate. Nel 1946, Armida viene nominata vice presidente generale dell’Azione cattolica da Pio XII.
Ma non solo l’Italia. La sua infaticabile opera missionaria raggiunge perfino la Cina, dove, a fatica, penetra il messaggio evangelico. Nel 1920 conosce le missioni francescane in Cina e nel 1923 nasce l’Istituto Benedetto XV e la Congregazione cinese delle Suore Francescane del Sacro Cuore, che tutt’ora esiste.
Nel 1949 si ammala di paralisi bulbare, che la porterà alla morte. Scrive: “Accetto la morte, quella qualsiasi che il Signore vorrà, in piena adesione al volere divino”. È sepolta nella cappella dell’università Cattolica a Milano.
La sua fama di santità, peraltro ben riconosciuta e riconoscibile a quanti l’hanno conosciuta, segue i tempi lunghi della Chiesa. Nel marzo del 1960 il cardinal Giovanni Battista Montini apre a Milano la fase diocesana del processo per l’accertamento delle virtù eroiche; e solo nel giugno del 2007 è dichiarata venerabile. Il 20 febbraio 2021, infine, la promulgazione del decreto della Congregazione delle cause dei santi in seguito al riconoscimento di un miracolo avvenuto per sua intercessione.
Armida Barelli rimane per tutti il segno profetico di una vita spesa per il Vangelo, a servizio della Chiesa e della vita del nostro Paese. Donna di ieri, ma anche donna di oggi e di domani.