DIRITTO AL LAVORO

progetto d’integrazione sociale
By Marta Rossi
Pubblicato il 2 Aprile 2013

Si tratta di un percorso di educazione a varie attività per persone disoccupate con problemi di salute mentale o invalidità, utenti dell’Anmil, realizzato in collaborazione con la fondazione Adecco per le pari opportunità

Diventare vivaista, imparare a usare il tosaerba o a capire i tempi della potatura. Per Llago, 20 anni, una disabilità mentale e un passato di vita in comunità per una dipendenza, sembrava un’utopia. Oggi, invece, è la realtà quotidiana ed è il suo lavoro da un anno. Così come per la 37enne Perla, commessa in una grande catena di abbigliamento internazionale a Milano: era disoccupata, con marito disabile e senza lavoro, figli a carico e una grande difficoltà familiare dovuta anche alla disoccupazione. Oggi ha recuperato il sorriso, il rapporto con la sua famiglia e ha un contratto a tempo determinato di un anno. Così come un altro 50enne, disabile e disoccupato da molto tempo, ha potuto svolgere un tirocinio in una cooperativa sociale che si occupa della manutenzione del verde nell’hinterland milanese che si è poi trasformato in un contratto a tempo determinato. Tutto questo è il risultato del progetto Diritto al lavoro della fondazione Adecco per le pari opportunità con l’Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (Anmil) per promuovere il diritto al lavoro a favore di un gruppo di persone con disabilità, escluse dal mercato del lavoro proprio a causa di invalidità. Una legge che li tutela c’è ed è la 68/99, ovvero quella norma che stabilisce soglie di assunzioni obbligatorie di lavoratori disabili da parte delle aziende, in base al numero di dipendenti. Alcune volte, però, se da una parte le aziende con il pagamento di una sanzione evitano l’assunzione di un disabile, dall’altra la crisi che sta piegando il nostro paese fa la sua parte. Un’azienda in crisi, costretta a licenziare di certo non investirà su forza lavoro disabile. E comunque, potrà non farlo in base alla possibilità di richiedere una sospensione dell’obbligo di assunzione riservata in caso di crisi accertata. Da qualunque parte la si prende, il risultato è che a rimetterci sono i disabili, tra i quali il tasso di disoccupazione in Italia supera la soglia del 50-70% fissato dall’Onu come soglia dei senza loro disabili nei paesi industrializzati. Secondo i dati della Cgil, in Italia ci sono 750mila disabili iscritti nelle liste di collocamento e l’80% dichiara di aver cercato un lavoro ricevendo come risposta solo un “Le faremo sapere”.

“Si tratta di un progetto piccolo, abbiamo iniziato a lavorare con un gruppo di 16 persone con forti difficoltà di inserimento lavorativo e gravi disabilità – racconta Claudio Messori, responsabile dell’agenzia per il lavoro di Anmil – e tra questi, in un percorso di inserimento per i quattro casi più difficili, tre hanno trovato un lavoro e una è ancora seguita per essere inserita in una realtà lavorativa”. Anche delle altre dodici persone coinvolte all’inizio, metà ha trovato un’occupazione attraverso altri progetti. “Un aspetto importante è stato far accettare gli operatori Anmil nelle aziende, per garantire la presenza accanto alle persone che avevano appena assunto, per essere pronti a intervenire. Iniziato a gennaio 2012, il progetto ha voluto sviluppare un protocollo d’intervento da sperimentare in Lombardia ma visti i risultati positivi potrebbe essere esportato anche in altre regioni, a partire dal Lazio.

In Lombardia il 30% delle aziende non rispetta il limite delle assunzioni previste dalla legge, perché, dice Messori, “tra le cause c’è la scarsa capacità di rapportarsi con la disabilità. Per questo il nostro progetto è credibile, perché non abbandoniamo le aziende né tantomeno i lavoratori che assumono”. Un ruolo fondamentale lo hanno svolto le cooperative sociali: in Italia ci sono 7.700 cooperative, secondo il ministero delle Attività produttive e tra queste il 40 per cento ha carattere sociale, coinvolgendo 150mila persone. Due tra queste hanno assunto due disabili coinvolti nel progetto, dopo averli formati con un tirocinio.

Durante la strada, la porta di qualche azienda è rimasta chiusa: “Le resistenze ci sono sempre – prosegue Messori – inoltre le aziende ormai cercano sempre più spesso personale qualificato, con esperienza o comunque con un profilo secolarizzato”, caratteristiche queste che spesso chi ha vissuto con difficoltà e con una disabilità non possiede. “Ma noi continuiamo con altri progetti”, prosegue Messori. Perché se la legge 68 resta comunque innovativa, serve dare una formazione alle persone per offrire personale qualitativamente adeguato alle aziende. “Con l’agenzia del lavoro vogliamo creare strutture stabili per preinserimenti, con tirocini aziendali che diano alle persone una qualifica, oltre a creare un’agenzia regionale del lavoro che includa anche in nostri partners come la fondazione Adecco, che ci hanno accompagnato in questo progetto”.

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