Gesù nel vangelo afferma che molti sono i chiamati e pochi gli eletti. Questa frase è stata interpretata come segno che sono pochi coloro che si salvano. Ma se Dio offre a tutti la salvezza, il fatto che sono pochi a salvarsi non può essere considerato un fallimento della sua misericordia? Igor (Sulmona)
Nessuno, credo, possa volere la propria dannazione eterna. Aspirare alla felicità è la caratteristica fondamentale della persona umana e la volontà libera di ogni uomo tende sempre al bene! Tuttavia le scelte delle persone avvengono nella loro storia concreta e le opzioni fondamentali e più pesanti hanno senz’altro una valenza che va al di là della storia e vanno a determinare il destino eterno di ciascuno. Le nostre scelte, liberamente compiute, possono rendere vano il piano di salvezza che l’amore di Dio aveva stabilito per ciascun uomo.
Questa tragica deriva della nostra libertà ci pone al cospetto di un Dio che, avendo costituito l’uomo come essere libero e autonomo e pur avendolo desiderato come interlocutore e fruitore del suo amore, deve limitarsi a ritrarsi nell’impotenza, che non è segno di debolezza, ma ulteriore dimostrazione delle sua grandezza e della sua forza. La misericordia infinita di Dio e la possibilità che, come sostiene qualche teologo, “l’inferno sia vuoto”, sono compito e speranza, perché se desideriamo la salvezza per noi stessi non possiamo non desiderarla per tutti gli uomini.
Questo desiderio deve diventare scelta di vita perché possiamo attivarci a costruire un mondo più umano e più giusto, consapevoli che la salvezza ha il suo inizio qui su questa terra e la piena attuazione nella casa del Padre. La missione del Gesù storico è stata quella di predicare la salvezza universale, cioè l’offerta da parte di Dio di entrare a far parte del suo regno. Il compito della chiesa è quello di portare più persone possibili a raggiungere questo traguardo offerto dalla paternità di Dio.