DALLA RIFORMA ALLA PASTORALE LITURGICA

By Carlo Ghidelli
Pubblicato il 3 Luglio 2014

Quando si parla di pastorale liturgica occorre precisare che essa non è competenza esclusiva del clero; al contrario ad essa possono e devono collaborare tutti i battezzati, in forza del diritto-dovere che è stato loro conferito direttamente dal Signore in forza del battesimo. In questo incontro abbiamo l’opportunità di mettere a fuoco alcuni aspetti della liturgia che attendono anche la nostra collaborazione intelligente e attiva.

LA VITA LITURGICA NELLA DIOCESI

Si legge al n.41 della Sacrosanctum concilium: “Il vescovo deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge, dal quale deriva e dipende in certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo. Perciò bisogna che tutti diano la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale: convinti che la principale manifestazione della chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dal suo presbiterio e dai ministri”.

Se si legge con qualche attenzione questa affermazione del concilio non si può non convenire che il vescovo con la sua cattedrale è elemento costitutivo della nostra fede. E questo è vero a partire dalla più antica tradizione della chiesa, se è vero, come lo è certamente, che nei primi secoli l’eucaristia veniva celebrata solo con la presidenza del vescovo. Certo, viviamo in altri tempi ma la sostanza di quella prassi liturgica non può essere disattesa.

Una prima conseguenza di questo discorso sarebbe che ogni membro di una comunità parrocchiale si senta in dovere di partecipare a qualche celebrazione eucaristica nella cattedrale della propria diocesi quando vi celebra il vescovo. Non per compiacere il vescovo ma per vivere in pienezza la propria fede cattolica.

Una seconda conseguenza, sarebbe che ogni parroco si faccia carico di non lasciar mancare alla sua comunità una catechesi ap-propriata sulla importanza teologica della chiesa cattedrale e sulla sua centralità per la vita di tutta la diocesi. Senza questo riferimento alla cattedrale e al vescovo si rischierebbe di cadere in forme di campanilismo che, oggi soprattutto, sarebbero fuori tempo e fuori luogo.

INCREMENTO DELL’AZIONE PASTORALE LITURGICA

Il n.43 della costituzione conciliare sulla liturgia recita: “L’interesse per l’incremento e il rinnovamento della liturgia è giustamente considerato come un segno dei provvidenziali disegni di Dio sul nostro tempo, come un passaggio dello Spirito Santo nella sua chiesa; esso esprime una nota caratteristica alla sua vita, anzi a tutto il modo di sentire e di agire religioso del nostro tempo”.

Ci vuole poco a capire che per i padri conciliari non è sufficiente aver portato a termine la riforma liturgica nei suoi aspetti esteriori. Occorre collaborare sempre e tutti, preti e laici, affinché la liturgia sia incrementata e rinnovata giorno dopo giorno, perché questo rinnovamento entra nei disegni di Dio riguardo alla sua chiesa. Una chiesa che voglia presentare al mondo il suo volto giovanile – ed è quanto ci sollecita a fare papa Francesco – deve iniziare da qui: cioè dal continuo aggiornamento dei suoi linguaggi, compreso quello simbolico della liturgia, affinché il mondo veda, ascolti e creda.

Ecco, allora, alcuni altri interrogativi: come possiamo prestare la nostra collaborazione per effettuare questo compito? Che cosa è possibile ipotizzare perché le nostre celebrazioni liturgiche, soprattutto quella domenicale dell’eucaristia, riescano meno ostiche ai nostri contemporanei? Preparandoci alla celebrazione eucaristica domenicale durante i giorni feriali precedenti. Chiedendoci se veramente le nostre messe, così come sono celebrate, corrispondono al “nostro modo di sentire e di agire religioso”. Avanzando qualche proposta da concordare con il parroco, ultimamente col vescovo.

PARTECIPAZIONE ATTIVA DEI FEDELI ALLA MESSA

Dopo aver ricordato che nella messa si rinnova il mistero pasquale di Gesù, il concilio afferma: “Perciò la chiesa volge attente premure affinché i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede ma, comprendendolo bene per mezzo dei riti e delle preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano istruiti nella parola di Dio: si nutrano alla mensa del corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo l’ostia immacolata, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino a offrire se stessi” (n.48).

Parole sacrosante, ma quanto impegnative! Comprendiamo che tutti i fedeli laici, e non solo il sacerdote, sono invitati a offrire al Padre con l’ostia immacolata, cioè con Gesù morto e risorto, anche se stessi. Esattamente quello cui ci esorta l’apostolo Paolo nella sua lettera ai cristiani di Roma: “Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio a offrire i vostri corpi co-me sacrificio vivente, santo, gradito a Dio e questo è il vostro culto spirituale” (12,1).

Non mi pare però che quanti partecipano la domenica alla santa messa siano messi nella effettiva possibilità di esercitare questo loro sacerdozio in modo consapevole e attivo. Si impone perciò un supplemento di catechesi che i preti devono offrire al popolo di Dio affidato alle loro cure pastorali.

Comments are closed.