DALLA CROCE IL PERDONO
Delle tre parole di Gesù riportate dall’evangelista Luca, due parlano di perdono: ai crocifissori e a uno dei crocifissi al suo fianco. Crocifissero lui e i due malfattori. Gesù diceva: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”, Lc 23,33-34. Gesù pronuncia queste parole mentre lo inchiodano sulla croce, quindi intende i soldati esecutori. Ma è ovvio che i destinatari del perdono sono anche coloro che lo insultano lì intorno, e ogni essere umano di tutti i tempi che lo inchioderà con il peccato. Queste parole sono state soppresse in molti testi antichi, ma sono presenti in altri e nei commenti dei Padri, quindi la Chiesa le considera autentiche. Sono logiche allo stile e alla teologia di Luca. Forse alcuni copiatori, ancora feriti dal rifiuto di Gesù da parte degli ebrei, hanno sottratto queste parole troppo generose. Oppure, scrivendo Luca dopo la distruzione di Gerusalemme, ritenuta punizione per il rifiuto del Messia, appariva difficile conciliare quell’evento con queste parole di perdono.
Lo scopo della frase è di confermare l’esigenze cristiana del perdono. Gesù l’aveva enunciata nel discorso della montagna: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano, Mt 6,27-28. Il Maestro sa che questa è la lezione più difficile da imparare, perciò dimostra che col suo esempio e aiuto si può, anche quando qualcuno ti sta mettendo in croce. Nel libro degli Atti 7,60 Luca dimostrerà – con il caso di Stefano – che il vero discepolo può seguire il maestro fino a quel punto.
Tra gli insulti che feriscono Gesù nel cuore, più dolorosi dei chiodi che trafiggono la sua carne, ci sono quelli dei malfattori crocifissi con lui. Uno di loro provoca: Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi. L’altro concordava, ma ad un certo punto si dissocia e rimprovera l’insolenza del collega: Neanche tu hai timore di Dio e sei nella stessa condanna? Noi giustamente. Egli invece non ha fatto nulla di male. Forse è stato colpito dalle parole di perdono di Gesù. Forse l’aveva osservato con perplessità lungo il viaggio fino alla croce. Ha capito che quest’uomo non può essere uno qualunque. Si può essere grandi evitando la croce, ma ancora di più restandoci come lui. E si abbandona al rischio della fede: Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno. Il salto nel buio della fede produce l’approdo nell’abbraccio dell’amore misericordioso. Gesù risponde col linguaggio delle grandi rivelazioni: In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso, Lc 23, 39-43. È salvo perché ha creduto e ha chiesto perdono dei peccati. Il ladro s’è rubato anche il cielo.
Luca riporta questo evento per insistere sull’innocenza di Gesù e per dimostrare il potere salvifico della sua morte, che odierni teologi vorrebbero negare a favore esclusivo della risurrezione, dimenticando che il Risorto è sempre Crocifisso-Risorto.
Gesù morente offre il perdono all’umanità nella misura infinita della misericordia. La lezione conferma, con eloquenza che fa ammutolire, l’insegnamento ripetuto in tante occasioni, e ricorda ai cristiani il dovere di perdonare. Senza il perdono, nessun conflitto di rapporti si risolve completamente. Gesù è consapevole che alle nostre sole forze è impossibile, ma quando manderà il suo Spirito diventeremo capaci anche noi di amare fino al perdono. Abbiamo bisogno di metterci dinanzi a queste parole e sentirne la potenza trasformatrice. Sono anche per noi, non solo per i quattro ignari inchiodatori e il consapevole ladro pentito. Quando ci distruggiamo tra noi o rifiutiamo di accogliere quello che la vita ci offre o ci consumiamo dietro valori che non contano, senza cercare in Dio il rapporto che risolve la vita, noi non sappiamo quello che facciamo. La nostra miseria è così profonda che Dio non può fare altro che perdonarla.
L’attutimento del senso del peccato ci fa perdere il senso del perdono. Anche di questo Gesù ci perdona. Se manca l’esperienza di essere perdonati, è più scarsa la capacità di perdonare. I due aspetti sono inseparabili. Gesù ce l’ha insegnato anche nella preghiera del Padre Nostro. Rimetti a noi mi nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori.