Saranno le competenze digitali i principali drivers su cui faranno leva le imprese per gestire la fase di recupero che si aprirà nei prossimi mesi, a cui si affiancheranno le competenze green,le quali costituiscono un altro fattore strategico di competitività a livello trasversale
La crisi pandemica mondiale ha generato una conseguente crisi economica senza precedenti in tutti i paesi del mondo. In Italia in particolare, come certificato da uno studio Unioncamere-Anpal lo shock da Covid-19 ha frenato pesantemente i programmi di assunzione delle imprese nel corso del 2020, con un calo del 30% rispetto al 2019 (circa 1,4 milioni di contratti di lavoro in meno, inclusi quelli stagionali e di collaborazione). La flessione dei piani di assunzione ha toccato tutti i settori ma è stata più marcata nella filiera dell’accoglienza e della ristorazione (-40,7%, pesando così notevolmente anche sull’economia abruzzese) e in alcuni comparti di punta del made in Italy, come la moda (-37,9%). Flessioni più contenute si registrano nelle costruzioni, nella sanità e servizi sociali privati e nella filiera agro-alimentare. Ma, nonostante la contrazione dell’occupazione, si è registrata, al contempo, una maggiore difficoltà di reperimento dei profili professionali utili, a causa della mancanza di candidati con una adeguata preparazione specialistica.
Paradossalmente, poi, la crisi ha indotto le imprese a introdurre cambiamenti difficilmente reversibili, innescando un’accelerazione anche in diversi aspetti della trasformazione organizzativa e digitale.
Ciò ha rivoluzionato i tradizionali modelli di business, con l’adozione di strumenti quali digital marketing, innovazioni organizzative, diffusione nell’utilizzo dello smartworking, acquisizione di reti ad alta velocità, sistemi cloud e big data analytics.
Tale realtà suggerisce che saranno proprio le competenze digitali i principali drivers su cui faranno leva le imprese per gestire la fase di recupero che si aprirà nei prossimi mesi, a cui si affiancheranno le competenze green, le quali costituiscono un altro fattore strategico di competitività a livello trasversale.
In generale, comunque, le tendenze della domanda di lavoro si dirigono più verso profili specializzati e meno verso figure intermedie, il che si traduce in un aumento del peso delle professioni intellettuali, scientifiche, ad elevata specializzazione e tecniche.
Le figure tecniche legate ai servizi digitali, come gli analisti e progettisti di software e i tecnici programmatori, sono tra le più difficili da reperire assieme ai farmacisti, agli esperti nella progettazione formativa, agli ingegneri civili e alle professioni sanitarie.
Tra le figure operaie maggiormente difficili da reperire, invece, si trovano gli attrezzisti, gli addetti a macchine utensili industriali, i meccanici riparatori di automobili, i muratori, i carpentieri e gli elettricisti.
Tra le lauree più richieste, invece, ci sono quelle a indirizzo economico, ingegneristico e formativo, mentre le maggiori difficoltà di reperimento si concentrano, in particolare, sui laureati in discipline scientifiche, tecnologiche e matematiche.
Per ciò che attiene i diplomi le richieste sono rivolte soprattutto all’indirizzo amministrativo, al meccatronico e al socio-sanitario, con le difficoltà di reperimento che si concentrano, in modo particolare, sugli indirizzi agroalimentari, informatici, telecomunicazioni e meccatronici.
In relazione alle aree aziendali, poi, si osserva che le difficoltà di ricerca sono massime nelle aree della progettazione/ricerca e sviluppo, nei sistemi informativi, oltre che nell’area installazione/manutenzione.