DAI FRUTTI SI RICONOSCE L’ALBERO

By Domenico Lanci
Pubblicato il 17 Gennaio 2022

LA PIANTA, BEN SALDA ALL’INTERNO DELLA CHIESA, È STATA PARTICOLARMENTE PRODUTTIVA. INFATTI, NUMEROSI SONO I RELIGIOSI CHE HANNO RAGGIUNTO LA SANTITÀ VIVENDO CON IMPEGNO E COSTANZA LO SPIRITO DI PADRE PAOLO

Il 3 gennaio 1694 nasceva ad Ovada (AL) san Paolo della Croce. Quest’anno i passionisti hanno celebrato il terzo Centenario della loro fondazione, avvenuta il 22 novembre 1720. L’evento è stato celebrato con un Giubileo che si è aperto il 22 novembre 2020 e prorogato fino al prossimo 31 maggio. Durante quest’anno giubilare, condizionato non poco dal Covid – 19, abbiamo potuto illustrare nei suoi tratti più salienti, la figura di san Paolo della Croce.

Si legge nel vangelo: “Dai frutti si riconosce l’albero”. Paolo della Croce è stato un albero ricco di frutti squisiti. La stessa Congregazione da lui fondata è un albero piantato nella Chiesa. I frutti prodotti sono le numerose conversioni ottenute con le missioni, le confessioni, la direzione spirituale e le numerose iniziative dei Passionisti.

Tuttavia i frutti più vistosi sono i religiosi che hanno raggiunto la santità vivendo con impegno e costanza lo spirito del fondatore. Molti di essi sono già stati riconosciuti dalla Chiesa con la beatificazione e la canonizzazione. Altri sono stati dichiarati venerabili; altri, servi di Dio.

Un giorno, un gesuita, constatando tale fioritura di santi, disse ad alcuni passionisti: “Considerando la vostra Congregazione sorta appena da tre secoli, e il numero non elevato di religiosi, siete in proporzione uno degli istituti più prolifici di santi”.

Il desiderio di nominarli tutti è incontenibile. Ma non è possibile per non elaborare una litania fuori luogo. Mi limito perciò a selezionarne alcuni che, oltre a mettere in luce la diversità dei loro caratteri, sottolineano anche la disponibilità che hanno avuto nel farsi plasmare dallo Spirito Santo. Caratteristiche queste che ritroviamo in tutti gli altri servi di Dio.

Cominciamo con san Vincenzo Maria Strambi (1745-1824). È di Civitavecchia. Diventa sacerdote a 23 anni nel 1767. L’anno seguente conosce padre Paolo durante una missione nella sua città natale. Rimane affascinato dal portamento e dalle prediche del santo. Chiede subito di entrare tra i passionisti. Il servo di Dio l’accoglie di buon grado e nutre sempre grande stima per quel giovane, al punto che prima di morire gli dice: “Padre Vincenzino, ti raccomando la Congregazione”. Padre Vincenzo era un ottimo predicatore. Avrebbe volentieri scelto di fare il missionario. Ma nel 1801 viene eletto vescovo di Macerata e Tolentino. Svolge il suo alto compito con amore, diligenza e abnegazione. Nel 1805 le truppe napoleoniche invadono Macerata. Al vescovo viene richiesto di giurare fedeltà all’imperatore Napoleone. Lui rifiuta decisamente e dichiara davanti a tutti la sua fedeltà al papa. Per questo rifiuto viene mandato in esilio.

Beato Domenico della Madre di Dio (Barberi 1792-1849). È il sacerdote che il fondatore ha visto durante un’estasi. Subito dopo esclama con gioia: “Che ho veduto! Che ho veduto! I miei figli in Inghilterra!”. Era un suo desiderio ricorrente! Anche padre Domenico, mentre pregava ebbe questa locuzione interiore: “Intesi che io dovevo studiare e che dopo sei anni avrei cominciato il mio ministero apostolico nel Nord-Ovest di Europa, dove sarei destinato specialmente all’Inghilterra”. In realtà, si portò in quella nazione, dove ebbe modo di incontrare personalità di spicco dell’università di Oxford. Convertì molti anglicani al cattolicesimo. Tra questi accolse anche la confessione e l’abiura del futuro cardinale John Henry Newman, proclamato santo nel 2019. La nota espressione “Fratelli separati” in uso nel dialogo ecumenico, è stata coniata dal beato Domenico Barberi.

San Gabriele dell’Addolorata (1838-1862). È il frutto più delizioso che ha prodotto la Congregazione. Non mi dilungo su di lui. La sua notorietà ha raggiuto tutti i continenti. L’ho potuto constatare personalmente recandomi “per le celebrazioni in suo onore” in Argentina, in Australia, in Belgio, in Spagna, in Portogallo e in tanti altri luoghi dentro e fuori Italia. Ha una spiritualità che affascina. Colpiscono in lui la serenità e la gioia. Non per nulla, viene chiamato il “Santo del sorriso”. Era innamorato della Vergine Addolorata.

Beato Eugenio Bossilkov (1900-1952). Nasce a Bèlene in Bulgaria nel 1900. A 13 anni entra nel seminario passionista. A 26, diventa sacerdote. Quindi, va a Roma, dove si laurea nel Pontificio Istituto Orientale con la tesi “L’unione della Bulgaria con la Chiesa romana nella seconda metà del secolo XIII”. Padre Eugenio possiede una vastissima cultura e conosce 13 lingue. Col suo carattere aperto e socievole ama dialogare con tutti. Anche con gli ortodossi. Ricoprendo il ruolo di parroco a Russe, i fedeli dicono: “Mai abbiamo avuto un sacerdote così amato, stimato e seguito”. Nel 1947 viene consacrato vescovo. Il suo stile di vita non cambia. Eugenio ha una profonda spiritualità. Si alza ogni mattina alle quattro e mezzo e resta in profondo raccoglimento fino alle sette e mezzo”. Intanto il regime comunista perseguita sistematicamente la Chiesa. Abolisce le feste religiose, confisca i beni ecclesiastici, chiude le scuole cattoliche. I fedeli e il clero vengono sorvegliati. Anche lui. Il 17 settembre 1948 viene ricevuto da Pio XII, che gli dice “In Bulgaria ti aspetta la corona del martirio”. Uscito dal colloquio col papa si reca a Santa Maria Maggiore. Davanti all’icona “Salus Populi Romani”, sosta in preghiera. Quindi torna ai Santi Giovanni e Paolo, dove confida a un confratello di aver chiesto alla Madonna la grazia del martirio. Tutti gli consigliano di non tornare in Bulgaria. Ma lui: “Io sono il pastore del mio gregge, non posso abbandonarlo”. Con questa convinzione torna in patria. Il 3 ottobre, per ordine di Stalin, viene condannato alla fucilazione. Durante la detenzione nelle carceri di Sofia, viene concesso ai familiari di rivederlo. Gli dicono che per lui si vuole chiedere la grazia. Ma Eugenio risponde: “No. Il Signore mi ha fatto la grazia del martirio. Muoio volentieri per la fede”. Poi aggiunge: “Dite a tutti che non ho tradito né la Chiesa, né il Papa e che ho difeso i miei sacerdoti”. Monsignor Bossilkov viene fucilato la notte dell’11 novembre 1952. Anima grande e benedetta da Dio!

(lancid@tiscali.it)

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