DA LUI CI ASPETTIAMO GRANDI COSE

By Gianni Di Santo
Pubblicato il 2 Aprile 2013

Quella croce di ferro che brillava sulla talare bianca in una notte di pioggia e di speranza, ha il peso di un ritorno alle origini delle prime comunità cristiane, quando l’oro le stole e le mostranze facevano posto alla comunione con i fratelli.
Fratel Bergoglio si è mostrato così. Sobrio e austero al tempo stesso, prodigo di amore verso il suo popolo e la sua chiesa. Un bel coraggio quello di chiamarsi papa Francesco. Non lo ha fatto mai nessuno a Roma. Troppo lontano quel nome, troppo foriero di solenni impegni davanti al vangelo. Eppure fratello Francesco, vescovo di Roma, non solo ha osato, come solo i profeti sanno fare, ma ha incarnato in un attimo che vale un’eternità la primazia nella carità della chiesa di Roma, riconosciuto ciò anche dalla chiesa ortodossa. E non il primato di Pietro.
Basterebbe questo per respirare finalmente aria di assoluto. Oltre gli scandali, gli intrallazzi, e una crisi secolare e romanocentrica che qualcuno ha voluto governare con burocrazie e mediazioni.
Il soffio dello Spirito ha colto impreparata persino la chiesa, e ha spazzato via in un colpo solo quel che resta di questi ultimi anni passati a rovistare i cassetti più che a annunciare il vangelo. Pulizia, sobrietà, carità, amore per il vangelo: di nuovo sentiamo risuonare nel vento queste parole.
Poi, certo, c’è il fatto che per la prima volta nella storia un uomo, un prete latino-americano varca le stanze di oltretevere. Se l’Europa ha perso il carisma del primo annuncio, non poteva che essere così. Anche la geopolitica della cristianità cambia, e dovremmo chiederci tutti perché oggi il vangelo è buona notizia nei paesi emergenti e quelli del terzo mondo. È da tempo che l’Europa ha chiuso le porte al vento dello Spirito. Inevitabile aprire qualche nuova finestra a sud.
Lui, vescovo Bergoglio, ricomincia da zero. Da dove partì duemila anni fa un uomo chiamato Gesù. Vescovo perché padre e fratello nella fede e nella comunione con il suo popolo. Amico dell’altro. Ci aspettiamo grandi cose da fratel Francesco. Fede, speranza e carità. E un vangelo che liberi, ami, accompagni. E chissà che uno dei suoi primi atti non sia proprio la beatificazione di Oscar Arnulfo Romero, vescovo e martire di San Salvador, padre e fratello degli umili e degli indifesi di un continente, quello latino-americano, che ha combattuto duramente per la dignità dei più poveri, per la libertà politica e religiosa.
Poi verrà quello che si aspettano tutti: una grande opera di pulizia all’interno della chiesa. La farà Francesco. Con semplicità e rigore. Spiegando al mondo che il vangelo è sorriso, gioia, speranza per un mondo più giusto.
Un grande compito attende papa Francesco. Al popolo di Dio spetta di stargli vicino e provare, insieme alla chiesa tutta, a vivere una fede cristiana che può ancora dire molto all’umanità di oggi, disorientata e in crisi di senso.

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