CROCE E DELIZIA DEL BELPAESE

la valorizzazione dei piccoli centri storici
By antonio sanfrancesco
Pubblicato il 9 Agosto 2018

A rischio spopolamento, vittime d’incuria e abbandono oppure riscoperti come meta turistica. “Il problema principale – osserva Fiorello Primi, presidente del club I Borghi più belli d’Italia – è creare le occasioni necessarie a far rimanere la gente che vi abita, soprattutto i giovani”

La prima casa è stata venduta da poco. Il prezzo? Un euro. A Borgomezzavalle, in provincia di Verbano-Cusio-Ossola, comune della valle Antrona, una laterale dell’Ossola, il Comune con quest’iniziativa cerca di recuperare immobili abbandonati del paese a 535 metri di altitudine. Qui nel 1971 gli abitanti erano 714, ora sono 313. “Un gruppetto di persone è salito in Valle Antrona per prendere visione della zona e del fabbricato, a breve sarà in vendita la seconda casa. L’obiettivo è di proporne una decina nel giro di qualche mese”, spiega il sindaco Alberto Preioni. Il Comune si è messo a disposizione per le pratiche burocratiche visto che molti proprietari sono spesso irreperibili. L’acquirente avrà invece l’obbligo di presentare, entro due anni, la pratica edilizia di ristrutturazione. “Nessun obbligo di prendere la residenza, anche se ci farebbe molto piacere”, aggiunge Preioni. Scopo dell’operazione è dare nuova vita a questi antichi borghi di montagna, in gran parte abbandonati. Un’operazione analoga ha avuto successo, negli anni ottanta, nella vicina frazione di Bordo, che era stata ripopolata da una comunità buddista composta da svizzeri e tedeschi. Nulvi, in provincia di Sassari, è fuori dai percorsi turistici canonici. Per secoli è stato il centro principale dell’Anglona, regione storica del nord della Sardegna: c’erano il carcere, la pretura, la scuola superiore di Agraria. Ma dal dopoguerra a oggi ha quasi dimezzato il numero degli abitanti che oggi sono meno di tremila. Il centro, ricco di edifici storici e impreziosito dalla tradizione degli antichi candelieri, è pieno di case vuote, sfitte e in vendita. Il sindaco Antonello Cubaiu ha deciso di aderire al progetto “case a un euro” già tentato, non sempre con successo, in altri comuni italiani. Il comune si è incaricato di contattare i proprietari di alcune case abbandonate e li ha convinti a cederle per la cifra simbolica di un euro. Si tratta di strutture più o meno grandi – dai 60 ai 240 metri quadri – tutte in grave stato di abbandono, da ristrutturare con il vincolo di impiegare manodopera e artigiani locali. I piccoli borghi, croce e delizia del Belpaese. A rischio spopolamento, come Borgomezzavalle, vittime d’incuria e abbandono. Messi in vendita, con prezzi che vanno dai duecentomila ai 6 milioni di euro. Oppure, riscoperti come meta turistica da italiani (di ritorno) e soprattutto stranieri. Secondo l’Istat, le presenze turistiche del 2017 in questi centri sono cresciute di 24 milioni di unità rispetto all’anno precedente. Nei 279 piccoli comuni presi in esame (che rappresentano il 4,3 per cento del territorio nazionale, con 1 milione e 100 mila abitanti) è aumentata anche l’offerta ricettiva, con 191 mila posti letto in 7330 esercizi ricettivi; inoltre nei borghi il turismo è più italiano che internazionale, e non ha la caratteristica del “mordi e fuggi”, perché si registra infatti una media di 3,8 giorni di permanenza.

Un Paese di (piccoli) paesi

L’Italia è un paese di paesi. I piccoli borghi rappresentano un tesoro turistico dall’appeal innegabile e sempreverde, in grado di richiamare alla mente del visitatore atmosfere da film d’epoca e un inconfondibile romanticismo, a cui si aggiunge nella maggior parte dei casi la degestionalizzazione, perché un borgo storico è bello in tutte le stagioni. I comuni italiani con meno di cinquemila abitanti sono 5.585, circa il 70 per cento dei 7.998 comuni italiani, oltre il 50 per cento del territorio nazionale. Ci vivono oltre 10 milioni di cittadini, il 16,59 per cento della popolazione italiana. Nei piccoli comuni vengono prodotti il 93 per cento delle Dop e degli IGP accanto al 79 per cento dei vini più pregiati.

Fiorello Primi è il presidente del club I Borghi più belli d’Italia nato nel 2001 su impulso della Consulta del Turismo dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci). Ora che il turismo nei piccoli borghi sta vivendo una fase positiva, avverte, non bisogna fermarsi. “In generale -afferma Primi – ci sarebbe bisogno di una maggiore attenzione da parte delle regioni nel valorizzare prima e promuovere poi le destinazioni minori a integrazione della proposta delle grandi mete turistiche tradizionali. La valorizzazione presuppone, infatti, un piano d’investimenti sul sistema dei collegamenti, sull’accessibilità, sui servizi di accoglienza e di ospitalità. I borghi più belli d’Italia sono una destinazione turistica integrata con itinerari e prodotti turistici già commercializzabili, preparati dal tour operator esclusivo Borghi Italia Tour Network, che le regioni potrebbero e dovrebbero mettere nel proprio piano di promozione internazionale. Alcune già lo fanno come la Lombardia, Sicilia, Liguria, Abruzzo e altre. Il turismo è sicuramente l’unica possibilità che hanno questi piccoli centri di mantenersi in vita permettendo alla gente di restare a vivere e lavorare”.

Chi vuole andare in vacanza in qualche borgo “nascosto” d’Italia ha solo l’imbarazzo della scelta. Da Norcia a Furore (in Campania), da Buonconvento (in Toscana) a Morimondo (in Lombardia), passando per Grottammare (Marche) e Castroreale (Sicilia), basta muoversi da Nord a Sud per scoprire il fascino dell’Italia meno famosa ma non meno bella. La guida 2018 I Borghi più belli d’Italia, presentata a maggio, è un utile bussola per orientarsi e scegliere. Per esempio, nel volume spicca Monte Isola, in Lombardia, che sorge dalle azzurre acque del lago d’Iseo ed è contemporaneamente montagna, lago e isola e si può raggiungere solo in barca. Si può fare un salto a Pitigliano (Grosseto) che con i suoi tesori sotterranei è stata definita la piccola Gerusalemme toscana e nasconde sotto di sé un’altra città, fatta di oratori rupestri, gallerie e cunicoli per il drenaggio delle acque. Le costruzioni, tutte in tufo, sono inserite nel paesaggio con una compattezza tale che è quasi impossibile separare l’opera dell’uomo da quella della natura. Spostandosi in provincia di Macerata, tra i Monti Sibillini e il mar Adriatico, ecco Montelupone: uno dei piccoli centri delle Marche che meglio ha conservato le testimonianze della sua storia. Lo si capisce subito osservando le lunghe mura castellane con le quattro porte d’ingresso e l’originale pavimentazione in pietra. Gardone Riviera (Brescia), è una delle prime località di villeggiatura del Garda, lanciata nel 1879 dal tedesco Luigi Wimmer che qui aprì una piccola pensione diventata, oggi, il Grand Hotel di Gardone. La sua fama la fece diventare il luogo preferito di vari artisti, tra cui Gabriele D’Annunzio che fece costruire il Vittoriale sulle rive del lago.

In Toscana, a sud del Monte Amiata, merita una visita Santa Fiore (Grosseto), l’antico dominio dei conti Aldobrandeschi e citato da Dante nel sesto canto del Purgatorio come famoso centro della resistenza ghibellina che, diviso in tre terzieri, affascina per i suoi vicoli caratteristici che salgono sul colle roccioso. Oppure ancora, a Pico (Frosinone), un borgo fortificato dominato dal Castello ai piedi del quale si apre il centro storico medievale caratterizzato da chiese e scalinate.

“Il fascino italiano si trova nei piccoli centri”

Nella guida di quest’anno dei Borghi più belli d’Italia ci sono 279 comuni. Ma nei prossimi anni questo numero potrà anche aumentare. “I 279 borghi presenti attualmente nella nostra associazione – spiega il presidente Primi – sono il frutto di una selezione molto rigorosa che ha portato a visitarne più di 700 che hanno fatto domanda. Abbiamo ancora una discreta lista di attesa che potrà essere smaltita a seguito di sostituzioni dovute a borghi che per vari motivi vengono espulsi e se l’assemblea nazionale dei sindaci deciderà di aumentare il numero fino ad una massimo del 5 per cento ogni anno.

L’appeal dei piccoli borghi è dovuto a un mix: bellezze artistiche, gastronomia, tradizioni. “Evidentemente – è l’analisi di Primi – il borgo italiano, ancorché spesso difficilmente raggiungibile, ha il proprio fascino nella possibilità che offre di scoprire piccole e straordinarie particolarità che sono il frutto di secoli di storia, di cultura e di tradizioni che si sono sedimentate senza essere edulcorate dalle devastazioni degli anni sessanta e settanta del secolo scorso. L’Italia, o meglio le tante Italia, si possono ormai trovare solo nei piccoli centri che hanno saputo rivolgere il sottosviluppo e l’abbandono verso un futuro di sviluppo sostenibile e basato sulle proprie risorse e peculiarità. Un odore, un sapore, un’esperienza, un paesaggio piuttosto che una piccola opera d’arte o un monumento lasciano il segno e vengono raccontate come una scoperta unica e irripetibile che vale la pena di essere raccontata. Noi abbiamo il compito di selezionare molti trai i borghi migliori e di raccontarli per rendere più facile la scelta per i visitatori e i turisti di tutto il mondo”.

L’Italia è disseminata di piccoli borghi, molti dei quali però sono a rischio spopolamento o abbandonati. Nel novembre scorso, in parlamento, è stata approvata quasi all’unanimità la legge “salva borghi” che prevede l’istituzione di un fondo ad hoc, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni a venire dal 2018 al 2023, per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni, destinato a finanziare investimenti diretti alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali, alla mitigazione del rischio idrogeologico, alla salvaguardia e riqualificazione urbana dei centri storici, alla messa in sicurezza di strade e scuole e all’insediamento di nuove attività produttive. Quali sono i problemi principali e cosa bisogna fare per recuperare i piccoli borghi che rischiano di morire? “Purtroppo – è l’analisi di Fiorello Primi – sono migliaia i borghi abbandonati che avrebbero bisogno di essere recuperati. Devo dire che si è avviata un’opera di acquisto e recupero per recuperarli ai fini meramente turistici. Questo va bene perché fa bene al lavoro e all’economia. Altra questione sono i borghi dove ancora vive la gente, anche se parzialmente spopolati, soprattutto al Sud, a causa della povertà che ha portato a una massiccia migrazione verso il Nord o all’estero. Il problema principale è quello di creare le occasioni necessarie a far rimanere la gente che vi abita, soprattutto i giovani, e di favorire l’arrivo di nuovi abitanti. Si parla oggi di “rigenerazione urbana” ovvero di recupero abitativo e di miglioramento della qualità dei servizi all’interno del borgo. Bisogna anche favorire l’apertura di attività mettendo a disposizione, a titolo gratuito da parte dei comuni, immobili pubblici inutilizzati e incentivi da parte delle regioni per start-up di giovani che volessero intraprendere attività di tipo artigianale legate alle nuove tecnologie, alle piattaforme web e alla robotica. Ma anche legate alla valorizzazione della cultura, dell’arte e del cibo. La presenza della banda larga, ad esempio, è un elemento essenziale così come la formazione e l’animazione”.

“Procedure semplificate

per ricostruire i borghi colpiti dal sisma”

Alcuni tra i borghi più belli d’Italia, come Amatrice, sono stati colpiti dal terremoto che ha flagellato l’Italia centrale. Ci sono iniziative straordinarie per aiutarne la ricostruzione? “Come associazione – spiega Primi – abbiamo messo in atto alcune azioni come raccolta di fondi e organizzato la nostra ultima assemblea nazionale di aprile a Norcia, altro borgo pesantemente colpito dal terremoto. La ricostruzione però è altra cosa e dovrebbe prima di tutto passare attraverso una semplificazione delle procedure e dando ai sindaci e ai presidenti di regione maggiori poteri e facilità di azione. Il caso di Norcia, dove il sindaco si trova sotto processo per un’opera assolutamente necessaria per la gente, è emblematico delle problematiche che rallentano in maniera drammatica, il processo di ricostruzione. Ma ciò che servirebbe per evitare di trovarci periodicamente di fronte a disastri legati ai terremoti, alle inondazioni e alle frane è un piano trentennale d’interventi su tutto il territorio nazionale per la messa in sicurezza dei territori, da una parte, e del patrimonio storico artistico e architettonico, insieme alle abitazioni private dall’altra che, oltre a evitare disastri, porterebbe alla creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro”.

 

 

 

Comments are closed.