CREDO la risurrezione dei morti
Le ultime verità di fede che affermiamo nel Credo ci portano a guardare oltre questa vita terrena: la risurrezione dei morti e la vita eterna. Noi crediamo la risurrezione dei morti – leggiamo in YC 152 – perché Gesù è risorto dai morti, vive per sempre e ci fa partecipare alla vita eterna. Il morire o la morte è sicuramente l’esperienza umana più difficile, pur essendo la verità più certa per tutti. La sperimentiamo sin dalla più tenera età, apprendendo o assistendo alla morte di persone a noi care, come nonni o genitori o fratelli o anche bambini a causa di malattie o disgrazie. Gesù non solo è risorto ed è apparso ai discepoli più volte, ma durante la sua predicazione ha confermato la certezza della risurrezione in molte occasioni. È bene precisare che non si fa riferimento ad alcuni miracoli compiuti da Gesù, quando ha richiamato in vita Lazzaro (Gv 11), il figlio della vedova di Naim (Lc 7,11-17), la figlia di Giairo (Lc 8,49-56), ma alla vita eterna, la vita dopo la morte, quando ogni persona tornerà a Dio Padre, per mezzo di Gesù Cristo, che ha detto: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11,25).
Nel Credo noi professiamo anche la risurrezione della carne. Al riguardo molte sono le domande e non pochi i dubbi, soprattutto di fronte alla constatazione della corruzione e della decomposizione del corpo dopo la morte. E così tra la paura della corruzione nel sepolcro e la non convinta fede nella risurrezione si moltiplicano le differenti motivazioni che spingono molte persone a disporre la cremazione del proprio corpo dopo la morte. Perciò è bene fare qualche precisazione.
Il termine biblico carne, ci ricorda il catechismo, caratterizza l’uomo nella sua debolezza e nella sua condizione mortale; tuttavia Dio non attribuisce alla carne umana un valore inferiore e lo dimostra il fatto che in Gesù Cristo egli assunse la carne per redimere l’uomo. E Dio non redime solo lo spirito dell’uomo, ma lo redime nella sua completezza di corpo e anima (YC 153).
Con la morte anima e corpo vengono separati. Il corpo si deteriora, mentre l’anima va incontro a Dio ed attende di recuperare il suo corpo una volta risorto nell’ultimo giorno (YC 154). Un passaggio a noi ignoto ma possiamo tentare di comprenderlo riferendoci ad una immagine: in quale splendido fiore si trasformerà, nel buio della terra, un semplice bulbo di un tulipano? Per capire meglio quanto abbiamo già detto, ti invito, caro/a amico/a che segui questa rubrica, a leggere integralmente il capitolo 15 della prima lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi: è la catechesi più completa sul tema della risurrezione della carne. Proprio perché ci troviamo dinanzi ad un mistero della fede, che accettiamo a partire da quanto la parola di Dio ci insegna, è importante sapere che la fede non può escludere la possibilità da parte di Dio di chiamare ogni credente in lui alla vita di comunione con lui e in lui.
La fede dei santi ci aiuta ad andare oltre le perplessità immediatamente inaccettabili alla nostra mente. Perciò caro amico, ti affido alcune affermazioni sulle quali potrai continuare a pregare o a cercare risposte. Io voglio vedere Dio, diceva santa Teresa d’Avila (1515-1582), e per vederlo devo morire; e la giovane mistica santa Teresina di Lisieux (1873-1897) affermava con gioia: “Non muoio, passo alla vita”.
San Pietro ci pone davanti all’esperienza umana del tempo e dello spazio, che con la morte non esistono più. “Carissimi, non dimenticate mai che davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni sono come un solo giorno” (2Pt 3,8). “Il tempo per cercare Dio è quello di questa vita; il momento di trovare Dio è quello della morte; il tempo di possedere Dio è l’eternità” scriveva San Francesco di Sales in uno dei tanti messaggi che lasciava sull’uscio delle case dei suoi fedeli, divenendo così il “patrono dei giornalisti”.
Nel riflettere sul momento ultimo della nostra esistenza è fondamentale convincersi della verità più importante di tutte perché è quella che può dare un valore alla nostra fede e alla nostra speranza: “Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore” (san Giovanni della Croce, mistico spagnolo e dottore della chiesa, 1542-1591).
Caro amico/a, mi auguro che queste brevi riflessioni ti aiutino a non avere mai paura della morte, ma ti spingano a vivere nel modo migliore ogni attimo della tua vita. misec@tiscali.i