COS’È L’ANIMA? DA DOVE DERIVA?

By Michele Seccia
Pubblicato il 3 Marzo 2013

LE DUE DOMANDE POSTE DA YOUCAT 61-62 SONO DI GRANDE ATTUALITÀ E, IN QUALCHE MODO UNA PROVOCAZIONE PER LA CULTURA CONTEMPORANEA. Le ricerche di grandi specialisti, specie nell’ambito delle neuroscienze, tendono a cercare risposte nella struttura bio-psichica dell’uomo, anche per tutto ciò che può avere riferimento alla fede o, quanto meno, ad una visione religiosa della vita umana. Perciò vorrei invitare te, caro amico che leggi queste mie riflessioni e commenti al Catechismo dei giovani, di fermarti un po’ su quanto ho scritto. Poi, mi potrai dire cosa ne pensi.

“L’anima è ciò che fa di ogni singolo uomo una persona: il principio spirituale di vita e la sua parte più intima. È l’anima che fa del corpo materiale un essere umano vivente. Grazie alla propria anima l’uomo è l’essere che riesce a dire io e che sta di fronte a Dio come individuo inconfondibile”. Con questa risposta, YouCat 61 fa subito chiarezza nel senso che distingue l’anima da qualunque altra spiegazione di natura biologica, neurologica e scientifica. Infatti, il riferimento è all’identità stessa della persona in quanto unica e irripetibile. L’essere umano, corporeo e spirituale, non è un’invenzione della bibbia. È piuttosto una constatazione della dimensione spirituale che caratterizza ogni persona, indipendentemente dalla religione professata. Davanti all’elementare e arcaica deduzione di immaginare gli dei come esseri superiori, ma in fondo simili agli uomini (ricordi i racconti mitopietici della creazione e, un esempio più vicino, le divinità dell’Olimpo che mangiavano il nettare dell’immortalità, ma amavano, lottavano?), ecco la grande novità maturata nella fede del popolo ebraico: Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò! (Gn 1,27). Lo spirito dell’uomo è molto più di una semplice funzione del corpo, non è comprensibile limitatamente al suo aspetto fisico e materiale, quindi non si può identificare solo con il suo funzionamento biologico-neurologico. È questa realtà che noi chiamiamo anima! Se rifletti un po’, caro amico che leggi, sul linguaggio abituale, scoprirai la spontaneità di ammettere un principio spirituale che anima la nostra esistenza. Riferendoci a una persona, noi parliamo abitualmente di corpo (vivente, animato), diversamente parliamo di un cadavere, se la persona è morta. E per evitare la confusione che si va diffondendo (penso alle persone che vivono in stato vegetativo!) con i termini morto-cadavere, alludiamo non solo all’assenza di ogni attività biologica-neurologica, bensì all’assenza dell’anima, cioè di quel principio identitario spirituale, che essa costituisce. Senza questo principio, che non può essere dimostrato scientificamente, non possiamo riconoscere nell’uomo un’entità spirituale. Quando ero studente di filosofia e teologia trovavo significativa la tendenza a definire l’uomo, ogni persona umana, come spirito incarnato e corpo spirituale. Certo questa definizione può aiutare a comprendere meglio l’antropologia personalista (visione filosofica e teologica). Pensandoci bene, ho concluso che la parola anima sfugge a qualsiasi tentativo funzionalistico, poiché l’anima non fa riferimento ad alcuna funzione propria dell’uomo bensì a tutto l’essere della persona, in quanto la identifica nella sua unicità e nel suo essere ed avere un valore assoluto.

Così si pone la seconda questione. Ma l’anima da dove viene, chi l’ha fatta? (YouCat 63) Alla luce delle precisazioni precedenti, la risposta della fede cristiana, della rivelazione è altrettanto chiara: l’anima umana viene creata immediatamente da Dio e non prodotta dai genitori. Ecco perché era importante precisare che l’anima non ha niente a che fare con le funzioni biologiche, né con l’ereditarietà genetica trasmessa dai genitori. È proprio ciò che attribuisce alla persona, a ogni persona identità e dignità, singolarità e coscienza di essere. È il riflesso di Dio in ogni creatura chiamata all’esistenza con un desiderio di eternità.

Queste affermazioni potrebbero indurre a pensare che solo chi ha fede crede nell’anima. Non penso. Perché fa parte dell’esperienza di ogni persona rendersi conto di valere molto più del proprio corpo e di accorgersene proprio quando il corpo si va disfacendo, e l’anelito di eternità si fa insopprimibile. Ed è proprio della fede trovare la ragione radicale di questo anelito alla vita eterna, scoprendo e credendo che Dio ha dato a ogni creatura un’anima che non muore. Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, con la sua morte e risurrezione, ci ha resi partecipi non di una generica salvezza, ma della certezza che nella risurrezione noi continueremo a vivere alla presenza del Padre, non con il corpo, ma con l’anima. E, per ciò che la parola di Dio ci insegna, siamo molto lontani dall’auspicio del poeta che affermava il suo non omnis moriar, non morirò del tutto (pensando alle sue opere), perché si tratta della vita eterna con Dio e in Dio.

Ma come è possibile questo e che senso ha per la nostra esperienza quotidiana, si domanderà qualcuno? Non trovo parole più belle e più chiare di quelle scritte da Benedetto XVI nella sua prima lettera enciclica Deus caritas est, quando spiega differenza e unità tra eros e agape (DCE,5). Le trascrivo affidandole alla tua meditazione, caro amico, sono convinto che siano molto più efficaci di ogni mia ulteriore parola. Pensaci bene e, se vuoi, fammi sapere.

“Ciò dipende innanzitutto dalla costituzione dell’essere umano che è composto di corpo e di anima. L’uomo diventa veramente se stesso quando corpo e anima si ritrovano in intima unità; la sfida dell’eros può dirsi veramente superata, quando questa unificazione è riuscita. Se l’uomo ambisce di essere solamente spirito e vuol rifiutare la carne come un’eredità soltanto animalesca, allora spirito e corpo perdono la loro dignità. E se, d’altra parte, egli rinnega lo spirito e quindi considera la materia, il corpo, come realtà esclusiva, perde ugualmente la sua grandezza”.                           misec@tiscali.it

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