CONTADINO NELLA TERRA DELLA MAFIA

la scelta coraggiosa di Emanuele Feltri
By Marta Rossi
Pubblicato il 1 Dicembre 2013

Il giovane perito agrario catanese dopo aver venduto il suo appartamento ha realizzato un’azienda biologica “multipla” nella Valle del Simeto, nei pressi di Paternò. E nonostante le tante intimidazioni ricevute continua nella sua scommessa di vita La Valle del Simeto è una zona dove sorgeva la vecchia via del grano che da Paternò portava a Catenanuova, in provincia di Catania. Nella Valle, nei pressi di Paternò, nella contrada Sciddicuni, Emanuele Feltri, perito agrario catanese di 33 anni, da tre anni ha creato la sua azienda biologica – “azienda multipla”, la definisce – e alleva animali. Ha lasciato la città, ha venduto il suo piccolo appartamento a Catania e ha comprato una vecchia azienda agricola abbandonata da 15 anni in un terreno di cinque ettari nell’area protetta della valle del fiume Simeto e ci si è trasferito per rincorrere il suo sogno. “Ho scelto di vivere e lavorare in campagna lasciando la città: un sogno che coltivavo fin da bambino”, racconta.

Perché scegliere proprio quel fazzoletto di terra? “Perché si è trattato di una scelta di vita: tre anni fa ero pronto per andare a Padova a lavorare e per lasciare di nuovo la mia terra. Ho scelto di restare per dare un contributo occupandomi di un territorio bellissimo di cui le istituzioni non si occupano”, spiega ancora Emanuele. “Le strade sono disastrate, non c’è luce: io stesso, dopo tre anni dalla richiesta di allaccio della corrente, non ne ho ancora. Ho scelto questa zona che mi è costata poco ma a parità di prezzo avrei potuto prenderne altre. Questa è una zona bella – prosegue -, un’oasi naturalistica. Il mio sogno è quello di creare un’azienda multipla: una comunità agricola con altre persone, coltivando il biologico, uscendo dalla monocoltura e magari esportare questo modello. Si tratta di riscoprire le nostre radici agrarie, bypassando l’industrializzazione dell’agricoltura”. Dietro la scelta di Emanuele c’è anche uno studio sociologico: “Ho applicato il principio della permacultura: prima si analizza il territorio per capirne la vocazione, ho fatto un’indagine parlando con gli agricoltori della zona, con chi in questa terra ci ha passato tutta la vita”.

La vallata è stata scandagliata nel 2011 da Legambiente che aveva censito oltre cinquanta discariche abusive nell’oasi del Simeto: Emanuele le ha girate, le ha guardate e le ha denunciate. Ha denunciato la presenza di discariche, dei viaggi notturni di camion che scaricavano copertoni e rifiuti tossici, bracconaggio degli aironi, l’abbandono dei rifiuti e dell’eternit, incendi mirati per creare pascolo o lo scarico di sostanze tossiche nel fiume che uccide pesci, scarichi fognari non a norma fino ai tombaroli che di notte saccheggiavano la zona archeologica e agli immigrati sfruttati nei campi e nelle coltivazioni. Tutto questo gli ha portato “pubblicità” tra le cosche mafiose che controllano la Valle: ha subito minacce, gli hanno incendiato un agrumeto e rubato un rimorchio pieno di arance, hanno distrutto l’impianto di irrigazione. Durante l’estate gli hanno ucciso alcune pecore sparandogli e gli hanno fatto trovare davanti alla porta di casa una testa di agnello mozzata. Messaggio chiaro e forte. Ma la scommessa è grande ed Emanuele non si tira indietro: “Non voglio solo vivere questa terra per l’agricoltura, – con un gruppo di ragazzi vendiamo i nostri prodotti tramite la rete dei Gas, gruppi di acquisto solidali, in tutta Italia, – ma anche riscoprire il turismo agricolo, le fattorie didattiche e attività culturali. Questa esperienza io l’ho vissuta anche altrove in Italia e ho pensato di riprodurla anche qui per stimolare il territorio. Il territorio, però, mi si è rivoltato contro. Quando sono arrivato ho iniziato a denunciare, ho portato attività culturali e dall’alto avevano deciso che dovevo essere espulso. Ma c’è stata la reazione da parte della comunità”.

Emanuele non è solo. Dopo l’episodio delle pecore uccise, una manifestazione di solidarietà a luglio mette insieme 500 persone nella contrada Sciddicuni che non passano inosservate. Riceve ancora minacce, lui racconta di come le istituzioni non abbiano reagito con una risposta adeguata: “Le guardie forestali che dovrebbero controllare e prevenire non ci sono”, dice. Lui, l’associazione Valle del Simeto e il coordinamento in difesa della Valle del Simeto vanno dritti: i Gas di tutta Italia vendono i loro prodotti e stanno creando una rete di giovani agricoltori. Ora, però, la sfida più grande è quella di ricostruire l’antica via di comunicazione che nei secoli ha permesso la vita e il lavoro nella Valle del Simeto, la via del grano, appunto, che rappresentava l’asse tra il territorio di Paternò e i comuni simetini limitrofi. Il fatto che oggi questa strada sia pressoché inesistente e quasi irraggiungibile ha contribuito all’abbandono dei campi, all’erosione e allo svilupparsi dei fenomeni di discariche abusive, desertificazione e scarichi di rifiuti pericolosi.

Sul sito www.valledelsimeto.it è partita la raccolta fondi – finora sono stati raccolti quasi 3mila euro e tutti possono contribuire – per ricostruire e, scrivono nel sito, “reagire alle minacce, alla violenza, al mancato rispetto, con una proposta chiara: progettando strade, aperture, vie di scambio, combattendo nella pratica l’abbandono che ha reso per anni questa contrada, questa parte di valle, terra di nessuno”. “Siamo al primo passo – conclude Emanuele – la strada da fare è tanta ma ho 33 anni e se non lo faccio ora, quando lo devo fare? Il problema delle mie terre è l’individualismo, non c’è consapevolezza: io voglio creare una comunità, abbiamo sentito finora solo belle parole”. Emanuele e i ragazzi che lavorano con lui, dalle parole passano ai fatti: entro dicembre rimboschiranno un’area abbandonata con 500 alberi che stanno già iniziando a piantare per ridare vita a un altro fazzoletto di terra.

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