CONDIVIDERE LA CROCE

By Gabriele Cingolani
Pubblicato il 28 Gennaio 2021

Gesù prende la croce e la porta con dignità fino al luogo dell’esecuzione. Così lo presenta l’evangelista Giovanni, alludendo alla determinazione d’amore con cui il Signore vuole condividere fino alla morte la condizione umana umiliata dalle conseguenze del peccato. Egli aveva più volte affermato che il nostro rapporto con lui implica seguirlo portando la nostra croce. Gli altri evangelisti, Matteo Marco e Luca, offrono spunti per sottolineare questo aspetto della Via Crucis. Primo, il soccorso che arriva da un contadino di passaggio.

È un ebreo della diaspora, cioè residente fuori dalla patria. Viene dalla Cirenaica, odierna Libia nel nord Africa. Si chiama Simone. Nella comunità di Marco la sua famiglia dev’essere rinomata nella comunità, perché si precisa che è padre di Alessandro e Rufo, 15,21. Sta venendo dalla campagna dove s’è recato per una visita alle sue proprietà o per qualche sistemazione prima che inizi il riposo festivo.

Secondo Matteo e Marco è adocchiato dai soldati e angariato a portare la croce di Gesù. Angariare è una parola greca di origine persiana che significa essere costretti a fare qualcosa senza compenso. Forse perché appare in buone condizioni fisiche. Si tratta di trasportare il patibolo, cioè la parte trasversale della croce. Per qualche aspetto è più difficile dell’intera croce, perché è scomodo da tener fermo sulle spalle. I soldati lo legavano sulle braccia allargate del condannato. Lo stipite, o palo verticale, è già piantato a terra sul Golgota.

Luca non accenna all’angheria. Secondo lui il Cireneo potrebbe essersi offerto spontaneamente ad aiutare il condannato. Dei tre che erano condotti all’esecuzione, Gesù risulta con evidenza il più debole. Gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù, 23,26. La formulazione rievoca il linguaggio lucano della sequela. In Lc 9,23 Gesù aveva detto: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. E in 14,27: Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.

Matteo e Marco insinuano che la croce si deve portare. Spesso non se ne ha voglia, ma non c’è scampo, perciò c’è bisogno di una spinta o di qualcuno che ci forzi un po’, dandoci l’impressione di essere angariati. Luca invece ricorda che il discepolo porta volentieri la croce di Gesù, che è la vita di ogni giorno, senza bisogno di esserci forzato e senza attendere o cercare croci sensazionali.

Si può dare il nome di croce a tutti i pesi che la vita ci chiede di portare. Pesi materiali, dai libri di scuola alle borse della spesa, dal lavoro delle braccia a quello delle responsabilità sociali o ecclesiali. I pesi morali e fisici: i rapporti nella famiglia, tra amici e nella società; le malattie della nostra psiche e del nostro corpo, fino alla morte. Accogliere e vivere tutto questo camminando dietro a Gesù è la vita cristiana.

Nel caso del Cireneo gli evangelisti ci segnalano anche l’importanza di condividere le croci dei crocifissi della storia. Quest’uomo che compare e scompare in un solo versetto biblico è diventato il simbolo di ogni seguace di Gesù. Forzato o volontario, egli porta la croce di un altro, e questo altro è Gesù. È la tipicità di ogni gesto di altruismo o di carità cristiana. Quando riesci a spogliarti del tuo egoismo, a uscire da te stesso per aiutare un altro in qualunque modo, tu aiuti Gesù a portare la croce. La Passione di Gesù continua ad ogni livello dell’esistenza umana. Da oltre un secolo la nostra società sta vivendo stazioni dolorose della Via Crucis. Due guerre mondiali e guerre ideologiche hanno prodotto oltre cento milioni di morti innocenti. Le guerre civili e le pulizie etniche hanno fatto più morti della guerra atomica. Diverse epidemie e una pandemia in corso che abbattono illusioni e speranze. Croci di fratelli e quindi croce di Gesù. Come credenti ce ne sentiamo partecipi nel condividerle e annunciarne il senso. Dopo che Cristo ha assunto e reso propria ogni croce, trasformandola nella suprema prova d’amore culminata nella risurrezione, essa acquista il significato di amore, liberazione, salvezza.

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