COME SALVARE CAPRA E CAVOLI…

La necessità, si sa, aguzza l’ingegno. È quello che accaduto a un gruppo di ragazzi del Cilento che nel 2012 avevano il problema comune a tutti i giovani del Mezzogiorno: dove andare a lavorare possibilmente senza emigrare al Nord o all’estero? Ci hanno pensato su, poi ecco un’idea brillante. Darsi all’agricoltura e alla pastorizia facendosi dare una mano (a distanza). L’avventura parte da Novi Velia, borgo di circa duemila anime in provincia di Salerno. Un gruppo di ragazzi, tutti tra i 18 e i 19 anni, si rivolgono al parroco, don Aniello Panzariello, e all’allora assessore alle Politiche giovanili, Valeria Romanelli. Risposta: il lavoro non ce l’abbiamo ma possiamo farci venire un’idea. I ragazzi ne tirano fuori una niente male: mettere su un allevamento di capre. Sì, ma dove? Inizia la ricerca del terreno. Dopo varie peripezie, don Aniello mette a disposizione il suo, quello di famiglia, che si trova a San Mauro La Bruca, borgo di cinquecento anime a mezz’ora di macchina da Palinuro. C’era già una stalla ma andava sistemata. Fatto. Poi bisogna sistemare il terreno. Fatto anche questo. Un lavoro che dura diversi mesi con i ragazzi, guidati da don Aniello, armati di decespugliatori, che lo ripuliscono da pietre, rovi ed erbacce. Infine, bisogna comprare le capre. “Nel 2014 siamo partiti acquistandone dodici – spiega Romanelli – il costo per un capo adulto da latte va da 150 a 300 euro l’uno. Poi abbiamo fondato l’associazione Giovani speranze e lanciato l’iniziativa Adotta una capra. Funziona così: ognuno, in Italia o anche all’estero, può adottare una capra con 200 euro all’anno, che è il costo per farla mangiare. I formaggi che si ricavano vengono donati a chi adotta o offerti dietro un contributo economico. “Adesso siamo ancora in una fase di start-up – racconta Valeria -vogliamo però aprire una vera e propria azienda agricola, dotarci di un caseificio ad hoc per la lavorazione del latte e cominciare a vendere il formaggio sul territorio e anche a distanza”. Anche perché di capre adesso ce ne sono settantacinque, tutte adottate e con tanto di carta d’identità con nome e data di nascita. Valeria di mestiere fa la consulente per le campagne di raccolta fondi (fundraising) e così realizzare l’idea di far adottare una capra è stato decisamente più facile.

Quest’iniziativa è interessante perché incrocia molti aspetti: quello prettamente lavorativo, quello sociale e perché combatte, con creatività e fantasia, lo spopolamento delle aree interne del Cilento creando un modello di sviluppo alternativo.

“Adesso siamo cinque ragazzi, l’età media è 35 anni – racconta Valeria – io mi occupo della comunicazione anche sui social e di tenere i contatti con la stampa e le persone che adottano le capre. Angelo cura la contabilità e tiene il bilancio in ordine. Simona invece si occupa delle capre, le munge ogni giorno e prepara il formaggio fresco e stagionato. Federico è l’uomo del trattore, come lo chiamiamo noi scherzando un po’. Cioè tiene in ordine il terreno”. E don Aniello? “Lui guida il gregge anche perché è già un pastore”, ride Valeria. Un progetto, questo, che ha fatto il giro dei media, destando curiosità e attirando molte simpatie, tra cui quella di Sergio Staino che ha dedicato una vignetta delle sue all’iniziativa. Don Aniello ha arruolato nell’impresa anche Carmine, un ragazzo disabile che porta le capre al pascolo insieme con lui ed è felicissimo. Poi qualche mese fa è arrivato Isaac, un ragazzo originario del Camerun arrivato nel 2011 in Italia quando in Libia è scoppiata la guerra civile, che dormiva sotto i ponti ed era rimasto traumatizzato dall’inferno della traversata nel deserto africano e poi in mare. “Ha un permesso di soggiorno e da qualche giorno ha trovato un posto di lavoro in un agriturismo della zona, è molto contento”, racconta Valeria.

Adozioni da tutto il mondo

Ma chi è che ha adottato le caprette? Tantissime persone e istituzioni, in Italia e all’estero. Primula, Orchidea e Genisa sono state adottate dal Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Poi c’è Episcopa (nomen omen), adottata dal vescovo della diocesi di Vallo della Lucania, Ciro Miniero. Anche il comune di San Mauro La Bruca ha voluto la sua e l’ha chiamata Bruchina dopo un sondaggio tra i bambini del paese. Ma l’elenco è lungo e prestigioso e non mancano anche alcune curiosità: “C’è il presidente della Camera, Roberto Fico, che ha adottato una capretta qualche anno fa quando era deputato e adesso ci segue con grande affetto. Poi c’è il console onorario del Portogallo, Maria Luisa Cusati, lo chef Peppe Guida e il suo collega Angelo Fabozzo, che ha creato alcuni piatti ispirati alla nostra storia e al nostro formaggio, il responsabile di Repubblica Napoli Ottavio Ragone, Maurizio Braucci, lo sceneggiatore di Gomorra e del film La paranza dei bambini che ha vinto l’Orso d’argento all’ultimo Festival del Cinema di Berlino, l’industriale Ezechiele Bernasconi che ha voluto chiamare la sua capretta I.V.A., due giornaliste olandesi e una signora che vive in California, originaria di San Mauro La Bruca, pur essendo vegana ha voluto adottare una nostra capretta perché ha apprezzato molto il nostro progetto”. Insomma, le capre aumentano ma tutte trovano famiglia quasi subito. “Camilla è la leader del gregge – dice Valeria – quelle con le corna più lunghe sono le più anziane e in questo periodo abbiamo avuto numerosi parti. Gedeone invece è il leader dei maschi”. L’adozio-ne dura un anno ed è anche un modo per valorizzare le razze di capre autoctone del Cilento che ha contraddistinto nei secoli la cultura contadina cilentana, rappresentando per le famiglie una vera e propria fonte di sostentamento.

Progetti per il futuro

E il futuro? “Bella domanda – ride Valeria – finora non siamo mai andati in perdita. Adesso però ci vuole uno scatto di reni. Noi ce la stiamo mettendo tutta ad andare avanti, incrementare il progetto e non mollare ma ci sono tanti ostacoli, a cominciare dalla burocrazia”. I ragazzi di Giovani speranze, per dirne una, sono ancora in attesa di sapere se avranno i fondi del Psr (Piano di sviluppo rurale) per il periodo 2014-2020. “Abbiamo fatto la richiesta un anno fa ma ancora non sappiamo nulla, peraltro i fondi a disposizione ci sono”, spiega. Non solo ci sono (in totale un miliardo e mezzo di euro a livello nazionale) ma se non vengono spesi entro il prossimo dicembre l’Italia rischia di perderli, come ha denunciato di recente Rete Rurale Nazionale. Finora è stato speso solo il 30 per cento dei fondi disponibili e le regioni più virtuose sono state Trentino Alto Adige, Veneto, Sardegna, Calabria e Molise.

Altri progetti sono quelli di dotarsi di un caseificio “di paglia, ecosostenibile e a impatto zero – precisa Valeria – in Italia ce n’è uno nel varesotto, ad Azzio, lo abbiamo visto e ci è piaciuta molto l’idea”. Il latte delle caprette cilentane fa anche bene alla salute: “L’anno scorso – afferma Valeria – abbiamo portato ad analizzare il latte delle nostre capre presso l’università Federico II di Napoli ed è risultato che contiene un’alta percentuale di acido oleico che fa bene al cuore”. Insomma, adottare una capra è un gran bell’affare per tutti.