come portare LA CROCE
Gesù non è solo, e non tutti sono contro di lui mentre sale il Calvario con la sua croce. L’evangelista Luca approfitta di questo passaggio per insistere sul tema a lui caro della sequela. Chi poteva far parte del sinistro drappello degli accompagnatori? Insieme a Gesù sono condotti fuori due malfattori per essere giustiziati, 23,32. Ogni condannato era preso in custodia da quattro soldati armati di lance e scudisci, che se ne occupavano fino all’esecuzione.
Luca fa sapere che lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui, 23,27. Poco fa, nelle ultime battute del processo romano, sembrava che la folla fosse tutta contro Gesù. Ma sulla via della croce c’è un gruppo che lo segue e sta dalla sua parte. Sono colpiti dalle sofferenze di quel condannato e da come le sopporta. Il viaggio al Calvario li ha coinvolti. Chi legge Luca se ne sente anche oggi implicato.
Nel gruppo che avanza battendosi il petto ci sono donne che dicono ad alta voce il loro compianto. Non si tratta delle lamentatrici di professione. Sono donne giudee di Gerusalemme, che Luca distingue da quelle venute dalla Galilea, prese da sincero affetto e compassione.
Gesù si rivolge loro con accenti insoliti nello stile di Luca: Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli, 23,29. Non disprezza il loro cordoglio, che ovviamente esprime dissociazione dal rifiuto dei capi e di altra parte della folla, ma ne approfitta per pronunziare un oracolo sulla sorte di Gerusalemme e di coloro che saranno distrutti insieme ad essa per aver rifiutato il Salvatore, e che sono figli di queste donne. Non sono parole di consolazione, come talora si dice nell’enunciare l’ottava stazione della Via Crucis, ma uno scossone per rendere consapevoli che restare chiusi all’amore di Dio ha tremende conseguenze. Forse Luca usa questo linguaggio perché mentre scrive il Vangelo sono vive nella sua memoria le stragi romane sul popolo ebraico e la distruzione di Gerusalemme. La Chiesa primitiva ha interpretato questi eventi come castigo di Dio per il rifiuto del messia.
Verranno giorni – Gesù continua – nei quali si dirà: beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato, 23,29. Le donne che non hanno figli non avranno da piangere quando i giovani saranno macellati nelle guerre. E conclude il giudizio profetico con un proverbio il cui senso preciso ci sfugge: Se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?, 23,31, che potrebbe significare: se Gesù, giusto e innocente, è condannato, che ne sarà di chi è colpevole, cioè di tutti i peccatori?
Queste parole potrebbero lasciare la bocca amara. Sono di condanna? Non ci sarà salvezza per queste donne? Sarebbe contro la teologia di Luca. Esse si stanno battendo il petto e alla morte di Gesù avranno la grazia del vero pentimento. L’evangelista mette in guardia dai modi sbagliati di accostarsi alla Passione di Gesù. Non servono le lacrime di compassione per il Crocifisso senza quelle di pentimento per i peccati. Gesù comprende e accetta le lacrime di Pietro, ma intende purificare le lacrime delle donne di Gerusalemme. Dinanzi alla Passione di Gesù non basta commuoversi. Bisogna cambiar vita, cioè eliminare le cause della Passione in se stessi e nel mondo.
Dalla Via Crucis gli evangelisti trasmettono due atteggiamenti essenziali della vita cristiana: come portare la propria croce e come condividere la croce degli altri. Un conto è portare la croce con Cristo, un conto è portarla da soli. Provare a sperimentare o osservare la differenza. In questo periodo l’umanità intera sta portando la croce di una pandemia divoratrice. Viverla alla luce del Crocifisso-Risorto diventa accettabile e offre occasioni d’amore. Altrimenti la croce bisogna portarla lo stesso, ma nel buio che può anche danneggiare le potenzialità umane. Quanto a condividere le croci degli altri, non basta guardarle con solidarietà emotiva ma occorre impegno concreto, fatto anche di lotta e di denuncia per alleviare, e possibilmente evitare le croci prodotte dalle inadeguatezze personali e sociali.