di Ennio Flaiano,
ed. Adelphi pp. 326, euro 16,00
“Poiché non si scrive come si parla, tanto meno la realtà va ripresa come la vediamo. Non credo alla macchina da presa piazzata nelle strade: i migliori paesaggi il buon regista li dipinge a memoria. Ossia: si vede soltanto ciò che abbiamo già dentro di noi”. Al Flaiano critico cinematografico non sarebbero dunque piaciuti i futuri esperimenti di static shot cinema, che portarono alle estreme conseguenze gli impulsi del cinéma vérité e dello sperimentalismo delle avanguardie sovietiche. Di osservazioni nette come questa è pieno Chiuso per noia, in cui si condensano trent’anni di recensioni e riflessioni sul “più moderno ed economico dei piaceri”. Si passa dal pessimismo disincantato di Jean Renoir alla “deriva dell’uomo moderno verso l’infinito” di 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. In mezzo, un oceano di vita cinematografica – vissuta, non solo contemplata: Flaiano ha collaborato a numerose sceneggiature capitali, non ultima quella dell’8½ di Fellini – messa su carta dalla penna di uno scrittore finissimo, vincitore del Premio Strega alla sua prima edizione e co-autore di copioni da Oscar.
