CHIESE AIUTO E FU ESAUDITO

IL RACCONTO DELLA NASCITA DEL SANTUARIO AQUILANO DELLA MADONNA DI ROIO È RICCO DI ELEMENTI BUCOLICI E RELIGIOSI INSIEME. SI PARLA DI PASTORI

Sono stato sempre affascinato dalla storia semplice e avvincente del santuario di Roio presso L’Aquila. In pratica, si snoda sulla falsariga delle graziose leggende che stanno all’origine di tanti altri santuari sparsi nel mondo. Qui, è d’obbligo dedicare due parole a questa località dell’hinterland aquilano.

Roio, è un centro abitato, distante dal capoluogo circa sette chilometri. In passato era Comune a sé. Veniva annoverato fra i tradizionali 99 castelli che contribuirono a dar vita all’antica città. È situato in cima a un colle su cui domina lo splendido santuario della Madonna della Croce. Un poeta locale descrive questo villaggio con versi semplici e circostanziati: “S’alza a destra del fiume un monticello / che tiene la grande Aquila di fronte, / di forma oval, non differente a quello / dove Cristo soffrì martirio ed onte; / sul suo declivio sorge il tempio bello / sacro a Maria…”. Ora andiamo all’evento soprannaturale che ha cambiato Roio in centro di attrazione per folle di pellegrini.

Il rinvenimento della statua della Madonna che si venera a Roio è stato riportato nel 1715, dal domenicano padre Serafino Montoro, nel libro: Zodiaco di Maria. È un racconto ricco di elementi bucolici e religiosi insieme. Si parla di pastori.

In passato, l’Abruzzo era caratterizzato dalla pastorizia. Chi non ricorda la stupenda lirica I Pastori di Gabriele d’Annunzio, tratta dal volume Alcione? In essa il Vate evidenzia la sua struggente nostalgia dell’Abruzzo: “Settembre, andiamo. È tempo di migrare. / Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori / lascian gli stazzi e vanno verso il mare: / scendono all’Adriatico selvaggio / che verde è come i pascoli dei monti. / E vanno pel tratturo antico al piano, / quasi per un erbal fiume silente, / su le vestigia degli antichi padri… / Ah perché non son io co’ miei pastori?”.

Oggi i tipici fenomeni abruzzesi della transumanza, della migrazione stagionale delle greggi e del tratturo sono diventati argomenti di studio. Una volta erano invece espressioni di vita vissuta. È in questo contesto che si innesta il racconto della Madonna di Roio. Durante la stagione invernale, i pastori con le greggi si spostavano dalle zone montane dell’Abruzzo verso il tavoliere delle Puglie. Al contrario, nel pieno della stagione estiva, ritornavano in Abruzzo.

Nel dicembre del 1578 un giovane pastore di Lucoli (AQ), Felice Calcagno, mentre si trovava col suo gregge a svernare in Puglia in un bosco chiamato Ruo, si accorse di aver smarrito le pecore. Sconcertato per l’accaduto si mise a cercarle dappertutto. Ma non riuscì a rintracciarle. Temendo un severo castigo da parte dei suoi padroni, si rivolse con fiducia alla Madonna, la quale non lasciò inascoltata quella supplica. Avvolta in una luce sovrumana gli apparve con il Bambino Gesù in braccio. Quindi, con modi materni gli indicò il posto dove si erano rifugiate le pecorelle. Il giovane non credeva ai suoi occhi. Tornato in sé, corse subito a riferire la cosa agli altri pastori che stavano ad una certa distanza. Questi, pieni di stupore corrono in quel luogo, pensando di vedere ancora la bella Signora, ma vi trovano una statua in legno di cedro, a grandezza naturale, con le stesse forme e fattezze descritte dal veggente.

Quei saggi pastori, stupiti per la scoperta e sicuri di aver trovato un autentico tesoro, sistemarono la statua nella loro capanna. Là dentro spesso si riunivano per pregare. Il loro progetto comunque era di riportarla in Abruzzo per collocarla in qualche chiesa di Lucoli.

Al sopraggiungere della primavera, periodo in cui dalle Puglie le greggi fanno ritorno nelle montagne d’Abruzzo, sistemarono la statua su un mulo e, giorno dopo giorno, giunsero presso la Croce del Castello di Roio, dove si trova la piccola chiesa di San Leonardo. Qui, avvenne qualcosa di misterioso. Il mulo piegò le ginocchia e non ci fu verso di farlo proseguire. Allora i pastori presero la statua e la trasportarono a spalla a Lucoli. Ma la mattina seguente la sacra effige non era più lì. La trovarono a Roio, in quello stesso punto dove il mulo si inginocchiò.

Gli abitanti di Roio riflettendo su questi fatti prodigiosi, ringraziarono Dio per il dono ricevuto. In poco tempo, edificarono il santuario in onore della Madonna, venerata col titolo di Santa Maria della Croce. Così chiamata perché sorge di fronte al colle sul quale fu innalzata una Croce.

Il santuario di Roio viene visitato annualmente da migliaia di pellegrini. Davanti a quella Icona sostano tantissimi devoti. Qui, non posso fare a meno di menzionare due illustri pellegrini. Il primo è Giovanni Paolo II che visitò il santuario di Roio il 30 agosto del 1980. A ricordo di tale avvenimento venne affissa una lapide che recita: “In questo santuario il 30 agosto 1980 sua santità Giovanni Paolo II chiudendo l’anno centenario bernardiniano affidava alla gioventù dell’Abruzzo e del Molise il messaggio della fede e della coerenza cristiana”.

Il secondo è Benedetto XVI. Si recò al santuario di Santa Maria della Croce il 28 aprile 2009, all’indomani del sisma che devastò L’Aquila. In quella occasione il pontefice fece dono alla Madonna di Roio di una rosa d’oro.