CHIESA DI CANA IN GALILEA

By Domenico Lanci
Pubblicato il 1 Giugno 2013

La chiesa attribuisce una grande importanza alla presenza di Gesù alle nozze di Cana. Vi riconosce la conferma della bontà del matrimonio e l’annuncio che ormai esso sarà un segno efficace della presenza di Cristo Tra gli evangelisti, Giovanni è il teologo per eccellenza. Perfino i miracoli più mirabolanti, come la moltiplicazione dei pani e la risurrezione di Lazzaro, contengono in sé un valore non circoscritto all’evento narrato, ma simbolico. Sono chiamati segni. Quando Gesù fece la moltiplicazione dei pani, i giudei volevano farlo re. Allora Gesù disse: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Stessa cosa si deve dire della risurrezione di Lazzaro. Gesù voleva preparare i discepoli alla sua risurrezione. In questo servizio parlo delle nozze di Cana. Anche il miracolo dell’acqua cambiata in vino ha valore di segno. L’evangelista ci tiene a precisarlo: “Fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. A Cana di Galilea, il miracolo dell’acqua tramutata in vino anticipa il prodigio dell’ultima cena. Come la moltiplicazione dei pani prefigura l’eucaristia, così l’acqua tramutata in vino prefigura la conversione del vino nel sangue di Cristo. C’è poi la risposta misteriosa di Gesù alla madre: “Donna, che vuoi da me?”. L’appellativo donna non va visto come fredda espressione di Gesù nei confronti della madre. La nuova edizione della Bibbia di Gerusalemme, nella nota esplicativa al versetto in questione, chiarisce il profondo richiamo biblico che esso racchiude. L’appellativo donna richiama la parola detta da Gesù in croce: “Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: donna ecco tuo figlio”. Maria quindi è la nuova Eva, la madre dei viventi. Così pure l’espressione: “Non è ancora giunta la mia ora”. Qui è chiaro il richiamo al versetto 13,1 del vangelo di Giovanni: “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre”. Per cui, l’intervento di Maria a Cana di Galilea non solo anticipa l’ora della glorificazione del Figlio, ma diventa annuncio simbolico dell’ora della Passione. Altre considerazioni si possono fare sulle nozze di Cana. Gesù ha atteso una festa nuziale per manifestare la sua divinità. Questo fa capire come fosse alta la considerazione che lui aveva della famiglia. Lo sposalizio di Cana rievoca quello primigenio di Adamo ed Eva nel paradiso terrestre. Qui, l’unione fu sconvolta dal peccato; a Cana l’unione viene ristabilita dalla grazia di Cristo. Al riguardo è stupendo quanto afferma il catechismo della chiesa cattolica: “Alle soglie della sua vita pubblica, Gesù compie il suo primo segno – su richiesta di sua madre – durante una festa nuziale. La chiesa attribuisce una grande importanza alla presenza di Gesù alle nozze di Cana. Vi riconosce la conferma della bontà del matrimonio e l’annuncio che ormai esso sarà un segno efficace della presenza di Cristo. Nella sua predicazione Gesù ha insegnato senza equivoci il senso originale dell’unione dell’uomo e della donna, quale il creatore l’ha voluta all’origine: il permesso, dato da Mosè, di ripudiare la propria moglie, era una concessione motivata dalla durezza del cuore; l’unione matrimoniale dell’uomo e della donna è indissolubile, Dio stesso l’ha conclusa: quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi” (Mt 19,6). Antichi documenti testimoniano che Cana di Galilea divenne presto meta di pellegrinaggi. Un brano di una lettera di san Girolamo dice: “Non lontano da Nazaret scorgeremo Cana, dove fu convertita l’acqua in vino”. I primi cristiani edificarono in quella cittadina un santuario in memoria del primo miracolo di Gesù. Nell’Itinerarium Antonini Placentini un anonimo pellegrino del VI secolo annota: “Dopo tre miglia di cammino arrivammo a Cana, dove il Signore presenziò alle nozze e ci sedemmo nello stesso luogo, lì io indegnamente scrissi il nome dei miei genitori”. Il vangelo precisa: “Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri”. Gesù in quello sposalizio tramutò circa 600 litri di acqua in vino.Il convito nuziale, al tempo di Cristo, non durava un solo giorno, ma più giorni, fino a una settimana. Gli inviti erano generici e approssimativi, per cui l’organizzatore della festa non era mai in grado di prevedere con precisione la quantità delle provviste occorrenti. Tutti potevano partecipare al convito per presentare le loro felicitazioni agli sposi. Pertanto poteva accadere di trovarsi di fronte a qualche sgradevole sorpresa, come quella verificatasi a Cana, dove venne a mancare il vino. Nelle feste nuziali ebraiche il vino aveva oltretutto il significato di fedeltà coniugale. Nel simbolismo biblico significava anche gioia, abbondanza, pienezza, esuberanza di vita. Tutte queste cose dovevano essere note a Maria di Nazareth. Di qui, il suo solerte intervento per togliere da ogni imbarazzo i giovani sposi. Sul sito dove si svolsero le nozze di Cana sorse una chiesa bizantina, di cui sono visibili ancora oggi alcune rovine risalenti al IV secolo. Il santuario attuale è stato costruito dai francescani nel 1881. Sotto il profilo architettonico ha una sua peculiarità. La facciata, molto movimentata nelle sue linee, sembra come protetta da due torrioni sormontati da tipiche cupole con la croce sulla sommità. Davanti all’ingresso spicca un ampio pronao con tre arcate ben armonizzato al disegno complessivo dell’edificio.

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