CHE FORZA IL “MIO” PAPA FRANCESCO…

INTERVISTA AL PREMIO NOBEL DARIO FO
By Gino Consorti
Pubblicato il 1 Maggio 2014

“BERGOGLIO – OSSERVA IL FAMOSO REGISTA, ATTORE E SCRITTORE CHE DA POCO HA MANDATO IN LIBRERIA UN BELLISSIMO E SORPRENDENTE LIBRO SULLA FIGURA DI LUCREZIA BORGIA – HA CAPITO CHE PER POTER VESTIRE I PANNI E ASSUMERE IL LINGUAGGIO, I SIGNIFICATI E SOPRATTUTTO LA POLITICA DI SAN FRANCESCO BISOGNAVA FARE UN SALTO MORTALE E RISCHIARE”

Ci voleva un premio Nobel per la letteratura per rimettere le cose a posto in una vicenda che ha appassionato da sempre case editrici, filosofi, scrittori, registi e attori. Siamo a cavallo tra il quattrocento e il cinquecento, in un’epoca farcita di intelligenze e avvenimenti: da Michelangelo alle Guerre d’Italia, da Niccolò Machiavelli al Sacco di Roma. Insomma, il culmine del Rinasci-mento dove si ritaglia uno spazio importante la dinastia dei Borgia. Ed è qui, allora, che Dario Fo, 88 anni portati splendidamente, attore, regista, scrittore, paroliere, scenografo, pittore e impresario stimato e apprezzato in tutto il mondo, ha indirizzato il suo profondo sapere e la sua straordinaria conoscenza di un’epoca fondamentale per il nostro paese, e non solo. In particolare egli ha messo sotto la lente la figura di Lucrezia Borgia, la rampolla della feroce dinastia rinascimentale, figlia di un papa che per anni si era presentato ai figli come zio, tre volte moglie, un marito assassinato dai sicari del fratello, un figlio illegittimo, gli amanti, l’amore per la poesia e il teatro. Insomma, una storia assolutamente da raccontare. E Dario Fo lo ha fatto in maniera mirabile utilizzando il suo marchio di fabbrica: studio, ricerca e passione. Ingredienti che hanno dato vita a un romanzo bellissimo, La figlia del papa (pp.90, euro 13,90) che, come un colpo di teatro, stravolge l’identikit di Lucrezia Borgia, da sempre raccontata come una donna dissoluta e incestuosa. L’autore ribalta le tante storie gratuite costruite negli anni senza nessuna dimostrazione di verità, rivelandoci, invece, una figura ricca di umanità, dignità, temperamento e orgoglio civile. Il tutto grazie a una sovrastante documentazione raccolta in diversi archivi e biblioteche italiani, passando al “setaccio” e studiando approfonditamente numerosi testi firmati da studiosi italiani, inglesi, francesi e tedeschi che non appartengono al normale giro di narratori.

L’interessante volume, un vero e proprio evento editoriale, fa parte della nuova collana di Chiarelettere (Milano) che si chiama Narrazioni e che ha come obiettivo quello di raccontare situazioni, personaggi, storie che hanno qualche attinenza con i problemi con cui oggi ci dibattiamo. In particolare ciò che riguarda il potere e le sue relazioni. Il romanzo, arricchito da splendide tele firmate sempre da Dario Fo, nonostante giunto in libreria da poco ha già fatto centro raccogliendo numerosi consensi e apprezzamenti – critica compresa – suscitando anche l’interesse di molte case editrici straniere. Parallelismi con l’epoca contemporanea l’autore, nativo di Sangiano, in provincia di Varese, non ne ha fatti, anche perché sarebbe stato troppo facile. Lascia questo compito al lettore. Inoltre, come confessa, preso dalla grande mole di lavoro e di carte esaminate, durante la stesura Fo non ha pensato alla figura di sua moglie, Franca Rame, straordinaria compagna di una vita e di palcoscenico con la quale ha recitato ben settantacinque commedie. Amore, passione, dolore, speranza, altruismo: una condivisione assoluta andata in scena sino agli ultimi istanti di vita di Franca Rame, ghermita dalla morte, il 29 maggio di un anno fa, tra le braccia del suo uomo, di suo marito, del suo confidente, del suo compagno di lavoro. Nonostante le “non intenzioni” dell’autore, però, nel ritratto di Lucrezia si stagliano chiarissimi la grande generosità e l’altruismo che hanno contraddistinto l’esistenza di Franca Rame. Il suo desiderio impetuoso di condividere la sofferenza con gli ultimi tenendo sempre alti e ben visibili i principii di giustizia sociale.

Adesso, però, è tempo di ascoltare l’artefice di questo intrigante romanzo nato – è bene ricordarlo ancora una volta – da una lunga e meticolosa ricerca storica. Trovarsi dinanzi al registratore un premio Nobel disposto a raccontare e a raccontarsi non è certo roba di tutti i giorni. Un personaggio di livello assoluto che ha innovato il teatro comico italiano.

Il suo appartamento, nel centro di Milano, è pieno di splendidi dipinti contrassegnati da uno spettacolare contrasto di colori. Ma è anche un luogo permeato di cultura, ricordi e tanta passione. Noi ci siamo, ed è sicuramente un privilegio che non ci lasciamo sfuggire.

Maestro, quando nasce e perché l’idea di riscrivere fedelmente la vicenda di Lucrezia Borgia?

Stavo vedendo la televisione con alcuni compagni di lavoro quando a un certo punto è saltato fuori un brano della storia dei Borgia fatto da una tv estera. Per carità, realizzato con bravi attori e girato con grande cura…

Però…?

La cosa che mi ha sconvolto è il modo con cui hanno arrangiato la storia, soprattutto la figura di Lucrezia Borgia.

Cosa stonava nella ricostruzione?

La facevano apparire come una poco di buono, piena di fascino, voglia di vivere, soprattutto di sessualità. Ho capito, dunque, che stavano barando. A quel punto mi sono messo a studiare, ho letto tantissimi libri e documenti, la gran parte poco noti, e ho scoperto così la menzogna. È da tanto tempo, direi da subito, che si è cercato di raccontare questo tipo di storia. Io non ho fatto altro che ricercare la verità.

Tra i tanti resoconti, testimonianze e carte spulciati e studiati, qual è la cosa che più l’ha colpita?

La menzogna, il caricare di erotismo facile questa storia con lo scopo di fare di Lucrezia un personaggio da feuilletton. Il fatto di prendere questa donna e farla diventare l’amante del padre, del fratello… Queste sono cose senza ritegno e soprattutto mancanti di una testimonianza vera. Ad esempio c’è stata una famosa opera del teatro elisabettiano, messa in scena da John Ford, con un titolo molto chiaro: Peccato che sia una puttana…  Un’opera ispirata quasi sicuramente alle presunte avventure di Lucrezia Borgia e suo fratello Cesare, che la leggenda assicura essere stati amanti. Ecco, quello è stato scritto in conseguenza dei racconti che si sono fatti nell’ambiente italiano. Come succedeva in quell’epoca, tutte le storie, le cronache e gli avvenimenti, anche i più fantastici, venivamo acquisiti dagli inglesi, in particolare con una massa enorme di scrittori di teatro, Shakespeare per primo, e tradotti poi in storie che si adattavano al gusto, alla cultura e alla storia degli abitanti dell’Inghilterra.

Cosa è stato “censurato” nella storia di Lucrezia Borgia?

Tanto. Una censura non soltanto legata ai momenti storici ma anche alle cose stupende, generose e meravigliose che invece ho incontrato nella ricerca. Ad esempio la dignità, la disperazione e il coraggio di questa ragazza, la sua fuga e il rifugio in un convento, la sua passione per figure del mondo cristiano che furono autentici innovatori e rivoluzionari.

Si riferisce a san Bernardino da Siena e santa Caterina?

Esattamente. E in nome di san Bernar-dino e del pensiero di santa Caterina fonderà addirittura un convento di suore domenicane…

Lucrezia intraprese anche una dura lotta contro l’usura e lo strozzinaggio realizzando il primo Monte di Pietà di Ferrara…

E come prima cosa scrisse un testo per una grida (avviso) che numerosi banditori lessero in pubblico, nei mercati e, grazie al benestare del vescovo, anche nelle chiese durante le funzioni. In pratica metteva in guardia contro un morbo più disastroso della peste: l’usura e lo strozzinaggio. Annunciava, poi, la nascita della banca della carità e la creazione di un’apposita gendarmeria per perseguire gli infami strozzini. Mette in piedi una banca dei poveri buttando all’aria tutti i suoi vantaggi e le sue ricchezze. Mette in pratica i pensieri di quei santi che erano stati portati in giudizio, finiti quasi al rogo. E quando mi sono trovato dinanzi a queste storie confesso che non ho potuto fare a meno di pensare a mia moglie Franca… Una donna che ha trascorso una vita accanto agli ultimi, nelle carceri, tra i malati di Aids, tra i diseredati, i senzatetto e così via. Lei si è spesa fino alla fine per il riconoscimento di una giustizia sociale. E Lucrezia, in questo senso, è stata unica. Di tutto il libro credo che questo sia uno dei momenti più alti di ciò che riguarda la scoperta di questa donna.

Il suo romanzo, dunque, può essere letto come un omaggio a Franca Rame, indimenticabile compagna di una vita?

Sinceramente mentre lo scrivevo non mi ero accorto di questo. Dopo averlo letto, però, i miei assistenti mi hanno detto: “Dario, ma questa è Franca…”. Nella stesura mi preoccupavo che non ci fossero storie inventate, imprecisioni. Eventuali “buchi” che certamente mi sarebbero costati una masnada di sfottò e pernacchie da ogni dove… Non a caso fonti, citazioni e luoghi li ho riportati fedelmente nel libro.

Qual è, invece l’identikit, più veritiero di Rodrigo Borgia, divenuto poi papa Alessandro VI?

Rodrigo Borgia era un uomo coltissimo e un grande mecenate di illuministi e artisti. Si circondava dei più grandi scienziati affinché lo aiutassero a pensare il massimo della modernità. Gestiva il potere anche in maniera moderna facendo gli interessi politici del gruppo a cui apparteneva. Lui e suo figlio Cesare, detto il Valentino, erano però nel contempo dei satanassi terribili, persone spregiudicate che davanti al potere e alla possibilità di avere vantaggi non guardano in faccia a nessuno. Ci andavano giù pesante, non solo con le truffe ma anche con gli omicidi…

Nelle pagine iniziali del libro c’è la confessione choc fatta dal futuro papa ai quattro figli avuti dalla nobildonna Giovanna Cattanei, detta Vannozza…

Sì, il cardinale Rodrigo Borgia, che di lì a poco sarebbe diventato papa Alessandro VI, decide un giorno di riunire la sua famiglia, nella quale aveva costruito un padre che non esisteva, e vuotare il sacco… La relazione con la bellissima Giovanna Cattanei, che sarà la donna più importante della sua vita, il cardinale la tiene ben nascosta. Tant’è che per i quattro figli che nasceranno dall’unione,  almeno fino al momento della confessione, lui è lo zio cardinale così amabile e generoso che andava a trovarli ogni sera… Per rendere degna la madre, però, la quale non poteva andare in giro senza un marito, il cardinale pensò bene di affittarne uno: Giorgio de Croce, uno scrittore apostolico. Dopo la morte di quest’ultimo fu la volta di Carlo Canale, un letterato assunto come consolatore della vedova e precettore dei figli. Quando sta per diventare papa, dunque, il cardinale Rodrigo Borgia decide di dire la verità ai ragazzi. Ovviamente Juan (18 anni) Cesare (16) Lucrezia (12) e Jofré (10) rimangono stravolti. In pratica per tanti anni, parliamo di una parte importante della loro giovinezza, avevano vissuto nella menzogna…

Quattordici anni di lettere infarcite di amore e passione per l’arte tra Lucrezia e il suo amante Pietro Bembo…

Siamo in un periodo determinante per la storia d’Italia. Se noi non avessimo avuto il cinquecento saremmo una nazione qualsiasi, simile a tante altre. In quel periodo tra il 400 e il 600, infatti, abbiano avuto uomini straordinari che hanno inventato tutto: dal teatro alla musica, dalla letteratura, all’architettura. Gente che realizzava palazzi straordinari che ci venivano copiati in tutte le parti del mondo e architetti italiani che lavoravano in Russia, Inghilterra, Spagna. Questa civiltà straordinaria, però, annoverava anche gentaglia, personaggi infami che combinavano disastri invitando gli eserciti… Non a caso l’Italia veniva chiamata la terra dei morti a causa delle grandi quantità di battaglie e delle stragi, dove i contadini non facevano altro che zappare cadaveri e scheletri…

A proposito di civiltà straordinaria, che voto darebbe oggi alla cultura nel nostro paese?

Mio dio, non mi faccia dare voti… Mi sembra di essere in uno spettacolo televisivo… Per favore, passiamo alla prossima domanda… Posso solo dire che siamo messi male…

Che giudizio ha di papa Francesco?

È un personaggio straordinario.

Perché?

Innanzitutto ha capito che il più scomodo fra tutti i santi era san Francesco.

In che senso?

San Francesco a quarant’anni dalla sua morte è stato censurato e la chiesa cattolica apostolica romana ha inventato un altro santo cancellando e seppellendo l’originale. Ad-dirittura adoperando altri santi per rimpiazzarlo con storie che la chiesa voleva appiccicare a san Francesco.

Scomodo perché?

San Francesco da ragazzo aveva partecipato a una rivolta straordinaria, era stato in galera, aveva combattuto per la libertà del suo paese, era stato fatto prigioniero, ferito. Tutto questo, però, è stato cancellato, la gente non lo sa. E al posto di questa storia hanno messo racconti che non c’entrano niente con lui. San Francesco da ragazzino aveva tradito la famiglia, la classe a cui apparteneva, si era buttato alla distruzione totale delle torri di Assisi e alla cacciata dei nobili e dei potenti della sua città. Si era messo nelle liste per diventare soldato, fu catturato, ferito e portato in galera rimanendoci un anno.

Da lì, però, è partita la sua conversione che col tempo lo portò “a vivere nella gioia di poter custodire Gesù Cristo nell’intimità del cuore”… Ma c’è un papa, maestro, a cui si sente più vicino?

Sicuramente papa Francesco, anche se la parola “vicino” è particolarmente importante… Papa Bergoglio ha capito che per poter vestire i panni e assumere il linguaggio, i significati e soprattutto la politica di san Francesco bisognava fare un salto mortale e rischiare. Non bisogna mai dimenticare che lui è entrato in un momento di grande crisi della chiesa, comprese le dimissioni di papa Ratzinger. Lui, allora, parla come Francesco, ma il Francesco censurato. Ad esempio le cose che dice sull’uso del potere, del denaro, sull’ipocrisia e la calunnia le trae dal Francesco originale… Quando uno ha la grande forza di costringere i politici italiani a levarsi dal letto alle sei del mattino per assistere alla sua messa non può non essere un grande… E in quell’occasione tiene un discorso “violento” dipingendo i politici corrotti come esseri indegni che cancellano ogni diritto e logica di giustizia disinteressandosi della disperazione dei poveri… Formidabile, roba da non crederci.

Quale ruolo ritiene possa avere la chiesa nel ridurre le disuguaglianze e le ingiustizie sociali?

Quello che sta portando avanti papa Francesco. Togliere, cioè, completamente la falsità, l’interesse al denaro, al potere e così via… Ricordiamoci che i vescovi sono chiamati principi della chiesa…

Quindi?

Ci fa capire che non c’entrano niente con Gesù Cristo… Una pletora di santi uomini che hanno un potere infinito, che vanno in giro con macchine sfarzose e posseggono ville e palazzi…

Cosa le manca di più di sua moglie Franca Rame?

Tutto, mi manca tutto di lei.

Cos’è per Dario Fo la felicità?

Perbacco, su questo argomento ho scritto sei libri…

Per il nostro spazio a disposizione sono decisamente troppi… Da grande maestro qual è saprà certamente sintetizzarli in poche righe…

Il significato di felicità lo vedo nei bambini, in quella gioia di immaginare di essere tranquilli, di sentire l’amore di chi gli sta vicino. Felicità è avere un’immaginazione oltremisura e soprattutto rispettare la gioia degli altri facendola propria. Attenzione, però, non portandola via ma vivendola insieme agli altri…

Oggi a chi darebbe il Nobel per la Letteratura?

Non saprei proprio perché in questo periodo non leggo abbastanza testi nuovi e soprattutto sono disinformato rispetto alla scrittura di romanzi. Leggo molti saggi, politici e soprattutto quelli legati all’universo, alla tecnologia, alla scienza.

Tra le tante facce che la vita le ha mo-strato, quella di Dio non l’ha mai percepita?

Se io sto al vangelo Dio non ha una faccia, è una presenza tale della sua grandezza. È lo slancio, il desiderio di far felici delle creature.

E lei questa presenza l’ha mai avvertita? Che rapporto ha con la fede?

Rispetto molto chi ce l’ha, io sono ateo. E se si può dire, con tendenza alla poesia del creato… Sono sempre meravigliato, infatti, delle cose che vedo intorno a me. E soprattutto ho imparato a giudicare il creato come qualcosa di immenso, di infinito, di dimensioni che noi non riusciamo nemmeno a concepire nel nostro povero cervello. Tranne ovviamente gli scienziati e i grandi pensatori.

Ma il suo ateismo non ha mai vacillato?

Perché? Essere ateo mica significa essere contro qualcuno… È l’idea che l’universo sia qualcosa che noi non abbiamo la possibilità di comprendere e capire. Il fatto invece di capire Dio già ci trasforma in dei, in quel caso siamo già noi stessi delle divinità… Ciò che mi meraviglia sempre è la censura che si fa sul problema di leggere il creato.

A cosa si riferisce in particolare?

Noi, ad esempio, come pianeta terra stiamo in equilibrio e abbiamo avuto la fortuna di avere la luna. Un astro che è nato in conseguenza di un disastro atmosferico pesante. Due entità di grandi dimensioni che si sono scontrate in vicinanza della terra – addirittura qualcuno dice con la terra stessa – dando vita a una forma di rigetto, di rottame che nel girare poi nell’universo si è ricostruita tonda creando un equilibrio straordinario nel muoversi della terra. Questo, ad esempio, a un credente non interessa niente.

Un’ultima domanda… Come spiega il fatto che la gran parte dei media italiani, e non solo, faccia quotidianamente opera di genuflessione nei confronti dell’attuale presidente del Consiglio che, di fatto, non ha ancora camminato sulle acque…?

Certamente non amo e non stimo il modo di fare e di gestire il proprio potere cercando di convincere i sudditi… Lo trovo un personaggio fasullo, un doppione del Berlusconi che adesso si trova in quarantena… Anzi, è stato proprio Renzi a riesumarlo tirandolo politicamente fuori dalla “tomba”… La verità è che oggi viviamo nell’epoca della disinformazione. Grazie tante, ora devo proprio salutarla…

Un’ultimissima domanda…

Ma non era quella a cui ho appena risposto?

Questa volta sono sincero… Le fa paura la morte?

Le rispondo con una frase non mia: non m’importa di morire, mi dispiace soltanto non vivere più…

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