Diffidare delle promesse fatte in campagna elettorale. La saggezza popolare, che basa le sue convinzioni sul senso comune, non ha dubbi: credere alle parole date dai politici, soprattutto durante le elezioni, è da allocchi. Di storie significative se ne raccontano un’infinità. Come quella, un po’ datata, di un senatore dell’età giolittiana che promise ai cittadini di un paesino dell’Abruzzo interno una stazione ferroviaria. Promessa mantenuta, ma la stazione, ancora oggi, si trova a venti chilometri dal centro abitato. In epoca più recente, quella repubblicana, chi non ricorda un famoso politico che prometteva giardini sui tetti delle case abruzzesi? Per non parlare delle rassicurazioni per i posti sicuri per i figli e di lavoro per i genitori.
Panzane elettorali. Su qualcuna di queste frottole, che riguardano la vita collettiva, si può addirittura sorridere e molto spesso costituiscono motivo di lazzi da osteria. Ma sulle mancate promesse elettorali quelle che riguardano la vita di singole persone c’è poco da sorridere. Diventano, invece, motivo di rabbia e di costernazione.
Alessio Feniello, padre del giovane Stefano, una delle 29 vittime della tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, travolto da una valanga il 18 gennaio 2017, è stato multato per aver violato, il 21 maggio 2018, i sigilli giudiziari apposti per delimitare la zona nella quale si trovano le macerie del resort. Lo ha fatto per deporre un mazzo di fiori sul luogo dove il figlio ha perso la vita. Una multa salatissima, 4.550 euro. La vicenda è venuta fuori durante la campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale dell’Abruzzo. Da parte dei politici si era levato un coro di indignazione. “Multare un genitore che ha portato un mazzo di fiori sul luogo della morte del figlio, è una vergogna”, era stato detto. “Non possiamo permettere una cosa di questo tipo, mentre i criminali sono a zonzo indisturbati”, aggiunge qualche politico in vena di giustizialismo da bar sport. “Pagheremo tutto noi”, promisero altri sospinti da generosità pelosa. Ma non finì qui. Si invocarono cambiamenti alla legge e anche una raccolta di fondi per pagare la multa. Alessio Feniello con grande dignità aveva fatto sapere, a chi aveva manifestato interesse alla sua vicenda, che rigettava qualsiasi tipo di strumentalizzazione da parte della politica, invitando chiunque volesse aiutarlo a farlo in privato. Ebbene, Feniello, durante una trasmissione a Uno Mattina ha detto: “Non ho avuto nemmeno un centesimo da questi signori che si sono prestati a fare una raccolta di fondi in Abruzzo durante la campagna elettorale”. Adesso il padre di Stefano dovrà comparire davanti ai giudici dopo aver presentato opposizione al decreto di condanna a due mesi di carcere, tramutati nella multa di 4.550 euro. Il 26 di settembre prossimo dovrà presentarsi dinanzi al giudice monocratico di Pescara.
Le regole sono regole e vanno rispettate. Se Feniello ha violato la legge (legge che, sia detto per inciso, non può ignorare i contesti nei quali avvengono le violazioni, pena lo scadere nel formalismo giuridico) è legittimo che venga processato, ma quei politici che hanno levato lai alla luna farebbero bene a imporporarsi le gote di vergogna e in futuro comportarsi con più etica della responsabilità.