CALCIO TOTALE ED ESEMPLARE
Johan Crujiff, Laszlo Sarosi, Cesare Maldini. Nel breve volgere di un paio di settimane il mondo del calcio ha registrato la scomparsa di tre figure eminenti che hanno celebrato, pur in tempi, modi, caratteristiche affatto diversi, lo sport da loro stessi praticato, e a livelli di assoluto splendore. Per quelle strane coincidenze che pur connotano il nostro cammino terreno, se ne sono andati tre epigoni di un calcio che ha segnato un’epoca: il calcio cosiddetto totale (Crujiff), il calcio di matrice danubiana (Sarosi), il calcio di casa nostra con i primi successi a riscattare il lungo periodo di digiuno fatto seguito alle vittorie prebelliche (Maldini).
Crujiff, come accennato, ha legato il suo nome al cosiddetto “calcio totale” che negli anni settanta partendo dall’Olanda divenne il credo di quanti, dai campetti di periferia ai grandi stadi di tutto il mondo, praticavano questo gioco di squadra, spesso scimmiottandolo, ma mai eguagliandolo. In quegli anni, la maggior parte dei ragazzi in Italia voleva essere Riva (il “rombo-di-tuono”, eroe di Leggiuno trapiantato a Cagliari e lì rimasto, inamovibile, a mo’ di roccia), o Rivera (il “golden boy”, l’alessandrino cresciuto alla corte di Paron Nereo Rocco sotto gli stilemi di Nils Liedholm). Ma voleva essere anche Crujiff, cresciuto in popolarità grazie all’aumentato incremento della tv a colori: la finale del mondiale di calcio 1974 segnò la fine di un’epoca e l’avvento di una nuova. Quella appunto del calcio totale, di cui Crujiff è stato l’esponente più celebrato.
Il calcio totale non deve essere inteso solo come una tattica di gioco, ma come una vera e propria “occupazione” della squadra negli spazi del terreno di gioco, avendo per finalizzazione la vittoria. Sotto questo aspetto, ecco, Crujiff è in credito: nel senso che il calcio gli deve molto più di quanto abbia da lui ricevuto. In termini tecnici, tattici, umani soprattutto, e naturalmente sportivi. È giusto infine ricordare che Crujiff ha lasciato una fondazione che ha aperto nel mondo oltre duecento campetti riservati ai ragazzi. Uno, a Como, è dedicato a Stefano Borgonovo, lo sfortunato calciatore colpito dalla terribile Sla. La Fondazione Crujiff ha fissato 14 regole (sul numero c’era poco da ipotizzare). La prima è: “Gioco di squadra. Per fare le cose, dovete farle insieme”. La 14esima, e ultima: “Creatività. È la bellezza dello sport”.
Non meno in debito il calcio in genere e quello italiano in particolare deve sentirsi nei confronti di Cesare Maldini, capitano di lungo corso al Milan, con il quale e per il quale ha sollevato la celebrata coppa “dalle grandi orecchie”, primo successo internazionale di una squadra italiana di club. Ma di Maldini ci piace ricordare in questa circostanza, di là dai pur grandi meriti sportivi e agonistici, la grandezza di una famiglia, come si può evincere anche nella lettera che i suoi figli gli hanno dedicato il giorno delle esequie: “Non ci resta che ringraziarti per il viaggio unico e meraviglioso che abbiamo fatto insieme e che ci farà tornare il sorriso ogni volta che penseremo a te… Grazie papà”.