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L’accorpamento delle regioni ridisegnerà la geografia dell’Italia
By Piergiorgio Severini
Pubblicato il 1 Marzo 2016

In tempi di spending review, cioè di risparmi, i tagli non potevano non coinvolgere anche il futuro delle regioni alle quali, dopo che il governo centrale ha imposto risparmi su tutti i fronti al fine di ridurre gli sprechi e quindi le spese non indispensabili, oggi si chiede di compiere un ulteriore passo in avanti con la rinuncia all’autonomia attuale a favore di macro-regioni più solide dal punto di vista economico attraverso un accorpamento che ridisegnerà la geografia dell’Italia. L’obiettivo del legislatore è quello di ridurre le 20 regioni esistenti in 12 macro-regioni a seconda del numero degli abitanti e della spesa pro-capite. Il progetto è allo studio del ministero delle Riforme e nasce dalla proposta di legge presentata dal senatore dem Raffaele Ranucci e dal deputato Roberto Morassut i quali, nel delineare le nuove strutture, si sono ispirati agli studi storici della Fondazione Agnelli per consentire alle nuove aree di aggregarsi sulla base di un’omogeneità legata a storia, area territoriale, tradizione linguistica e struttura economica. In questo modo si garantirebbero risparmi, minore burocrazia, semplificazione amministrativa. “Regioni più forti – è stato il commento di Ranucci – ci renderanno più competitivi in Europa. Del resto, la Francia ha appena ridotto le sue da 23 a 12”. Se sulla carta il progetto può apparire fattibile, questo, probabilmente, lo sarà più difficile sul piano delle convergenze tenendo conto degli interessi di parte. Particolarmente in disaccordo appaiono le piccole regioni perché temono di perdere discrezionalità. Nella nuova mappa della penisola le Marche sono inserite con l’Abruzzo e il Molise nell’unica regione denominata Adriatica. Ciò non sarebbe dispiaciuto al presidente marchigiano, Luca Ceriscioli, che vede in tale unione un ruolo di maggiore visibilità per le stesse Marche oltre che per rafforzare la linea adriatica. Le cose, invece, stanno prendendo un’altra piega nel senso che la Toscana sta coinvolgendo nel suo programma sia l’Umbria sia le Marche per dare vita alla regione dell’Italia di mezzo.

Una scelta, quest’ultima, che è condivisa dal capogruppo del Pd in consiglio regionale, Gianluca Busilacchi, il cui partito esprime il presidente dell’esecutivo. E questo per evitare, tra l’altro, lo smembramento delle Marche per lasciarle così come sono ora. A Busilacchi  piace la nuova triade trovando in essa un’affinità per realizzare un nuovo “Rinascimento”, non solo culturale e artistico come è avvenuto nel passato, ma ora anche sul piano economico e infrastrutturale. “Questo nuovo soggetto amministrativo – assicura il governatore della Toscana, Enrico Rossi – non avrà né centro né periferie: su come suddividersi i compiti ci metteremo sicuramente  d’accordo”. L’importante “è realizzare un’entità forte, con almeno 5-6 milioni di cittadini, per avere più potere nei confronti del governo di Roma e, in un’ottica europea e globalizzata, di dialogare con Bruxelles”. Insomma, per Rossi, “divisi non si va da nessuna parte”. Sulle alleanze territoriali quest’ultimo non ha dubbi: “Firenze è più affine ad Ancona che a Roma; le Marche più all’Umbria e alla Toscana che all’Abruzzo”. Ciò manda in archivio quanto prospettato nelle stanze della capitale dove la nuova geografia non combacia con quella pensata dal rappresentante toscano.

Stando a quanto indicato dai proponenti del Pd al nord il Piemonte, la Valle d’Aosta e la Liguria si dovrebbero aggregare per dare vita alla regione Alpina; Veneto, Friuli V.G. e Trentino Alto Adige dovrebbero ritrovarsi con il nome di Triveneto, mentre la Lombardia, che conta 10 milioni di abitanti, rimarrebbe da sola. Nel centro Italia l’Emilia-Romagna dovrebbe inglobare dalle Marche la provincia di Pesaro e Urbino, Toscana ed Umbria con la provincia di Viterbo si unirebbero per formare la regione Appenninica. Il Lazio scomparirebbe diventando un unico grande distretto di Roma capitale lasciando le province di Latina e Frosinone alla regione Tirrenica che includerebbe anche la Campania. Al sud Puglia e Basilicata darebbero vita alla regione di Levante, Calabria e Po-tenza formerebbero la regione di Ponente. Resterebbero come prima la Sicilia e la Sardegna che conserverebbero il privilegio dello statuto speciale. Nell’illustrazione abbiamo usato il condizionale perché tra il dire e il fare ci saranno senz’altro le voci dei singoli territori che vorranno far sentire le loro opinioni.

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