Realizzare il bene comune possibile in un ciclo storico comporta che un impegno politico (di credenti e non) che si proponga tale obiettivo si ispiri ad alti valori etici ed antropologici. È una avvertenza costante di Benedetto XVI sin dalla sua giovinezza. E che ha riproposto in modo esemplare nel 2002, da prefetto della congregazione per la dottrina della fede nella Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, e nel discorso (2006) ai partecipanti al congresso eucaristico di Verona. È una avvertenza che certamente corrisponde alla sensibilità degli elettori cattolici. Ma pure di tanti elettori lontani dalla fede, con i quali papa Ratzinger sollecita e pratica un costante dialogo, al fine di favorire una azione comune nel campo culturale, nella società e nelle istituzioni, per meglio corrispondere alle aspirazioni più alte, individuali e solidali, degli uomini del nostro tempo. Un’attenzione e una avvertenza, dunque, che non possono essere considerate in modo strumentale in questa vigilia elettorale perché hanno un valore che prescinde dalle contingenze. Anche se, ovviamente, sono essenziali per considerare nel modo più adeguato la permanente, e delicata, questione per ogni uomo del rapporto tra fede, etica, antropologia e politica. Lo dimostra la “lettera aperta” (tanto importante quanto poco conosciuta) pubblicata il 16 ottobre 2011 da Avvenire a firma di quattro intellettuali di formazione marxista (Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti, Giuseppe Vacca) che hanno lasciato traccia profonda nella cultura politica italiana negli ultimi 40 anni. Il valore del loro intervento è chiaro sin dall’inizio della lettera in cui è detto: “La manipolazione della vita, originata dagli sviluppi della tecnica e della violenza insita nei processi di globalizzazione in assenza di un nuovo ordinamento internazionale, ci pone di fronte a una inedita emergenza antropologica. Essa ci appare la manifestazione più grave e al tempo stesso la radice più profonda della crisi della democrazia. Germina sfide che esigono una nuova alleanza fra uomini e donne, credenti e non credenti, religioni e politica”.
È una riflessione che appare una acuta, e positiva, risposta (data in tempi insospettabili di possibili strumentalizzazioni elettorali) alla costante sollecitazione della chiesa per quanti sono impegnati in politica a saper guardare al futuro, senza ridurre il proprio impegno a considerare i problemi solo aggregati di cifre. O ad appagare istinti e desideri sollecitati dalla organizzazione della società che pone a suo fine la soddisfazione del piacere materiale degli individui quando sia reso possibile dalla scienza e dalla tecnica; e per questo motivo dovrebbe essere automaticamente trasformato in “diritti civili” dalle istituzioni.
La lettera dei quattro intellettuali marxisti serve dunque a ricordare in questa vigilia elettorale che non sono “priorità” sepolte nella storia quei “valori non negoziabili” (al centro della nota del cardinale Ratzinger del 2002) su aborto, eutanasia, rispetto dei diritti dell’embrione, necessità di porre limiti alla ricerca scientifica e alle sue applicazioni quando investano l’essenza dell’uomo, famiglia naturale, educazione dei figli, libertà religiosa, economia di solidarietà, pace, ai quali si richiama costantemente – con altissima sensibilità religiosa ma anche con eccezionale rigore razionale – Benedetto XVI, fedelmente interpretato dalla Conferenza episcopale italiana. Ma che si tratta invece di valori solo sui quali è possibile ai politici, credenti e no, fondare un costruttivo impegno politico e legislativo, in quanto esprimono “esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili” per un presente e un futuro dei popoli che valgano la pena di essere vissuti.
È dunque la dimensione anche “laica” di quei valori (per la quale è stata posta al centro della riflessione dei quattro intellettuali marxisti) che ne fa per tutti in questo momento elettorale un elemento prezioso di riflessione e di aiuto a una scelta meditata e positiva, al fine di poter esprimere un voto dal quale potrebbe dipendere molto del futuro di libertà, di giustizia e di ordinato sviluppo civile e sociale della nostra patria.