basilica del monte Tabor

SOTTO IL PROFILO ARCHITETTONICO L’IMPONENTE EDIFICIO, INAUGURATO NEL 1924, CONFERISCE ALL’INTERA SPIANATA UN ASPETTO DI GRANDE SACRALITÀ

Quest’anno la quaresima inizia a febbraio. Grazie a questo tempo liturgico che prepara alla Pasqua, ho pensato di trattare un luogo dove si è verificato un evento strettamente legato alla passione, morte e risurrezione del Signore. Mi riferisco al monte Tabor. Gesù con gli apostoli intraprende il suo ultimo viaggio verso Gerusalemme. Dopo aver conferito il primato a Pietro “cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli – scrive l’evangelista Matteo – che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno”. I discepoli restano attoniti. Pietro si permette addirittura di sconsigliare il maestro dal recarsi nella città. Ma si busca un severo rimprovero. Tuttavia, Gesù capisce lo smarrimento degli apostoli. Non vuole lasciarli nell’ignoranza. Pensa allora di prepararli adeguatamente all’impatto con la passione con una visione stupefacente. Riporto qui il racconto dell’evangelista Marco.

“Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia! Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell’ombra e uscì una voce dalla nube: Questi è il Figlio mio prediletto, ascoltatelo! E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti” (Mc 9,2-10).

Il monte alto di cui parla Marco corrisponde, secondo gli studiosi, al monte Tabor. Un luogo così importante non poteva essere lasciato nell’oblio. Fin dai primi secoli i cristiani son saliti lassù per rivivere il mistero della trasfigurazione. I biblisti sono concordi nell’interpretazione dei segni che hanno caratterizzato la straordinaria teofania (manifestazione della divinità, ndr) sul Tabor: le vesti splendenti di Cristo attestano la sua trascendenza; la presenza di Mosè ed Elia simboleggia la legge e i profeti che hanno annunciato la venuta del messia e la sua passione; la nube richiama alla memoria le teofanie dell’antico testamento.

Gesù con la trasfigurazione ha inteso fortificare la fede degli apostoli, che di lì a poco sarebbero stati spettatori di ben altro spettacolo. Davanti ai loro occhi si sarebbe presentato un Cristo terribilmente sfigurato dai tormenti della passione. Per questo il Tabor acquista enorme importanza. Di quell’eccezionale luogo sono giunte a noi testimonianze di illustri pellegrini. Tra questi, quella dell’Anonimo Piacentino che vi si recò nel 570 e l’altra del vescovo Arculfo nel 670. Il primo afferma che i bizantini costruirono sul Tabor tre chiese. Probabilmente, in adempienza alla richiesta avanzata da Pietro durante la visione: “Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Mentre il secondo racconta di aver trovato sul Tabor un gran numero di monaci.

Il monte Tabor nel corso dei secoli è stato teatro di innumerevoli vicende bibliche. Viene menzionato la prima volta nel libro di Giosuè. Poi, dopo la deportazione in Babilonia, costituiva uno dei picchi montuosi sui quali c’era la tradizione di accendere fuochi per informare i villaggi del nord delle festività e dell’inizio del periodo della luna nuova che segna il mese lunare nel calendario ebraico. Grazie alla sua forma rotondeggiante ed elevata, con un’altitudine di circa 600 metri sul livello del mare, esso ha ricoperto un ruolo strategico di prim’ordine. Dalla cima si può tenere sotto controllo tutto ciò che si svolge ai suoi piedi dove si snoda la classica via maris, via del mare, che porta in Siria e a Damasco.

Quando nell’aprile del 1998 ebbi la fortuna di visitarlo, rimasi letteralmente incantato di fronte al panorama mozzafiato che si gode da lassù. Era una mattina di sole. Stando su quella cima, mi venne subito questo pensiero: Chissà quali sentimenti avrà provato Gesù nell’osservare questo panorama, sapendo che era imminente la sua passione e morte! In lontananza si scorge anche la città di Nazareth. Sul luogo dove secondo la tradizione avvenne la trasfigurazione furono edificate numerose chiese. Ma tutte sono andate distrutte dalle invasioni musulmane. L’ultimo sultano è stato Baibars, quando nel 1263 rase al suolo l’ennesima chiesa cristiana. Da allora il monte Tabor rimase abbandonato per oltre quattro secoli.

Finalmente i francescani, custodi della Terrasanta, nel 1631 poterono riprendere possesso di quel sito. Come primo impegno studiarono attentamente, con l’aiuto di archeologi, le rovine del passato. Due secoli più tardi, nel 1854, intrapresero i lavori dell’attuale basilica su disegno dell’architetto Antonio Barluzzi. La basilica venne inaugurata nel 1924. Sotto il profilo architettonico l’edificio è imponente. Conferisce all’intera spianata del Tabor un aspetto di grande sacralità. La facciata si presenta con due torrioni ai lati. L’interno è a tre navate. Dentro vi è anche una cripta ricca di splendidi mosaici. Nel vasto spazio antistante sono ancora visibili le rovine degli antichi edifici.

Concludiamo visitando virtualmente la cripta, accompagnati da Michele Piccirillo: “I mosaici illuminati dal sole, che filtra attraverso la vetrata dell’abside, ci ricordano le altre gloriose e misteriose trasfigurazioni dei Signore. In questo tripudio di luce e di colori rileggiamo le belle pagine che i padri hanno scritto su questo episodio. La trasfigurazione è per essi l’anticipazione del ritorno del Signore all’ultimo giorno”.

lancid@tiscali.it