ATTRAZIONE ITALIA
Il nostro paese, svelano due ricerche, resta una meta e un brand molto appetiti per gli stranieri. Non solo per chi va in vacanza o deve acquistare prodotti di pregio, ma anche – e qui sta la novità – per chi deve scegliere una meta lavorativa…
L’Italia è un paese che piace sempre di più. I monumenti, i paesaggi, l’atmosfera, la cucina, la moda, le tecnologie, sono apprezzatissimi all’estero più di quanto immaginiamo. Un fenomeno che potrebbe sbalordire, dato che, abituati a lamentarci per la quotidianità, non apprezziamo fino in fondo ciò che offre il nostro bistrattato Stivale. Invece, nonostante tutti i problemi, restiamo una meta e un brand molto appetiti per gli stranieri. Non solo per chi va in vacanza o deve acquistare prodotti di pregio, ma anche – e qui sta la novità – per chi deve scegliere una meta lavorativa. A sancire questo trend positivo sono due ricerche condotte separatamente e in ambiti diversi, rispettivamente da Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison – e condensate nel quarto rapporto biennale I.T.A.L.I.A 2019, geografie del nuovo Made in Italy – e dal colosso bancario svizzero HSBC. Due studi che sembrano voler smentire la percezione che l’italiano medio ha del proprio paese. Insomma, per fortuna c’è anche l’Italia appassionata e apprezzata nel mondo, che produce ricchezza puntando su qualità e innovazione.
L’Italia è tra i primi 10 paesi al mondo per investimenti in ricerca e sviluppo, ma ne è consapevole solo il 13% dei suoi abitanti. Addirittura quasi uno su due (45%) la ritiene una notizia poco attendibile. Siamo il primo paese europeo per riciclo di rifiuti col 76,9% del totale di quelli prodotti: ma solo un italiano su 10 lo sa e addirittura il 51% ritiene questa notizia non credibile. Eppure all’estero cresce la domanda di Italia. In base all’analisi svolta sulle ricerche effettuate su Google, il numero di quelle legate al made in Italy e alle parole chiave a esso riconducibili (un fondamentale indicatore della notorietà e del desiderio dei prodotti italiani nel mondo) è cresciuto del 56 per cento negli ultimi tre anni.
Il Rapporto mette in luce un volto dell’Italia che non è conosciuto a sufficienza. Se le ricerche su Google possono essere considerate come un termometro della fama e dell’apprezzamento di cui i prodotti italiani godono nel mondo, l’Italia sta facendo degli importanti passi in avanti rispetto alla considerazione di cui gode all’estero. Infatti, dal Rapporto emerge che crescono la domanda e l’interesse dei cittadini stranieri nei confronti del nostro paese. L’export nazionale è aumentato di quasi il 60% in 10 anni, passando da un saldo negativo a un saldo positivo di circa 39 miliardi di euro. Basti pesare che tra i primi cinquemila prodotti ai primi posti nel mondo, quasi mille sono italiani. Purtroppo, spesso non abbiamo piena coscienza delle nostre potenzialità, tanto che è una delle nazioni al mondo in cui è maggiore la forbice tra percezione interna, spesso negativa, e percezione esterna positiva e favorevole.
Verrebbe da dire: incredibile, ma vero. Il Rapporto dice che l’Italia è una superpotenza europea nell’economia circolare, con il 76,9 per cento di rifiuti riciclati; è prima nell’Unione europea per prodotti certificati (ben 299 hanno la dicitura Dop, Igp, Stg) e per la sostenibilità in agricoltura; è al sesto posto per numero di robot industriali (sono 64 mila) ed è prima al mondo per siti Unesco. Di esempi se ne potrebbero citare tanti, dall’industria, alle auto, alla moda. Quello più calzante, però, è la cultura: in Europa, l’Italia vanta la quota più elevata di imprese in questo settore, precedendo Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. La cultura è uno dei motori trainanti dell’economia italiana, uno dei fattori che più esaltano la qualità e la competitività del made in Italy. Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo, genera quasi 96 miliardi di euro e attiva altri settori dell’economia, arrivando a muovere, nell’insieme, 265,4 miliardi, equivalenti al 16,9% del valore aggiunto nazionale. Un dato comprensivo del valore prodotto dalle filiere del settore, ma anche di quella parte dell’economia che beneficia di cultura e creatività e che da queste viene stimolata, a cominciare dal turismo. Una ricchezza che si riflette in positivo anche sull’occupazione, con oltre un milione e mezzo di addetti (il 6,1% del totale degli occupati in Italia), e una crescita pari all’1,5%, superiore a quella del complesso dell’economia (+0,9%).
Tutti questi elementi concorrono certamente al raggiungimento di un altro traguardo positivo, quello di essere entrati nella Top 30 dei paesi scelti dai lavoratori dipendenti (in particolare manager) trasferiti all’estero dalle loro ditte. In questa indagine (svolta su oltre 18 mila espatriati provenienti da 163 paesi) l’Italia occupa il ventottesimo posto della graduatoria guidata dalla Svizzera. Tra le nazioni europee, ci precedono la Spagna (4/a), Germania (8/a), Polonia (13/a), Irlanda (14/a), Francia (18/a), Svezia (20/a) e Gran Bretagna /27/a). La graduatoria ha suscitato qualche perplessità per la presenza, nei primi posti, di nazioni come Turchia, India, Malesia, Vietnam, ma probabilmente l’appetibilità consiste in quel caso non tanto nella qualità della vita quanto nelle alte differenze retributive con il costo della vita. E si sa che quando si viene trasferiti all’estero per lavoro, si cerca soprattutto di mettere da parte il maggior gruzzolo possibile. Chi, invece, predilige la qualità della vita, fa altre scelte, e in questo caso preferisce la Svizzera. In base ai dati della ricerca, l’82% delle persone che si sono trasferite per lavoro nella Confederazione Elvetica ha migliorato il tenore di vita e il reddito. Lo stipendio medio annuale, infatti, è di 101.226 euro. A giocare un ruolo importante non è solo il sistema politico ed economico, ma anche quello ambientale: gli intervistati hanno dichiarato di sentirsi sicuri, in un ambiente pulito e sano. Da noi, invece, la qualità della vita sarebbe alta, ma siamo frenati sul fronte professionale. Infatti, i progressi di carriera non sono un punto forte del sistema italiano. E un altro handicap è rappresentato dalla stabilità economica, ritenuta insufficiente. Comunque, da buoni italiani ci accontentiamo: un passo in avanti è stato fatto, prima non eravamo neppure tra i primi.