Ci è chiesto ancora un supplemento di sacrifici. È un doveroso contributo di solidarietà per il bene nostro e del prossimo. Il Covid 19 ha evidenziato e aggravato diseguaglianze e le ingiustizie della nostra società. L’umanità ha l’occasione storica per iniziare un nuovo sistema economico-sociale basato sull’eguaglianza e la solidarietà
Tutti aspettiamo con ansia il vaccino contro il Covid 19. Voglia Dio che questo avvenga il più presto possibile e che si possa ritrovare una serenità e normalità del vivere. Avevamo forse immaginato che la pandemia fosse un temporale, devastante ma breve. Invece il Covid 19 si è annidato tra noi e resiste ai tentativi di sfratto. Ha raggiunto, con più o meno ferocia, tutti i paesi. Ha causato oltre 35 mila morti in Italia, quasi 800 mila sul Pianeta (i numeri sono di gran lunga sottostimati) e continua a mietere vittime. Ci ha imposto sacrifici impensabili, sconvolgendo la vita di ogni giorno. Ha scompaginato l’economia mondiale, ha ridotto famiglie alla povertà. E come una spada di Damocle pende l’incubo di un ritorno del virus, creando un clima di incertezza e precarietà.
Teniamo ben in mente tutto questo ora che siamo tentati di scrollarci di dosso limitazioni e sacrifici che ci sono stati imposti negli ultimi mesi. È comprensibile la voglia, soprattutto dei giovani, di illudersi che il virus abbia perso la sua pericolosità, anzi che sia finalmente scomparso, ma visti i danni che potrebbe continuare a causare è un impegno di solidarietà umana e cristiana ridurre al minimo il nostro contributo alla diffusione della pandemia usando tutti gli accorgimenti per evitare la possibilità di contagio.
Su queste pagine abbiamo sempre invitato alla speranza e all’ottimismo e con il rischio di apparire ingenui continuiamo a farlo. Ancora si vedono, qua e là, scritte e poster ormai sbiaditi con l’arcobaleno e il motto “Andrà tutto bene”. Sembrano una beffa! E invece quello spirito va riproposto, perché è il modo migliore e più efficace di affrontare i problemi. Difficile impegnarsi con tutte le proprie forze se non si ha la speranza di riuscire in una impresa. Non esistono soluzioni automatiche facili, ma la speranza e l’ottimismo sono il miglior equipaggiamento per affrontare le sfide.
Almeno un effetto buono il Covid 19 l’ha prodotto: ha sgretolato, per una volta, gli egoismi nazionalistici dei paesi dell’Europa Unita, che è riuscita, sia pure a fatica, a decidere interventi condivisi e coraggiosi, il Recovery fund, per affrontare la grave situazione economica e sociale che si è creata, tenendo conto anche dei più deboli. Adesso tocca alla saggezza del governo, dei partiti e delle forze sociali utilizzare i fondi nel modo migliore per mettere in moto il Paese.
Il passo ulteriore, decisivo per l’Europa e per l’umanità, è prendere coscienza che, come afferma papa Francesco, siamo “tutti vulnerabili e interconnessi. Se non ci prendiamo cura l’uno dell’altro, a partire dagli ultimi, da coloro che sono maggiormente colpiti, incluso il creato, non possiamo guarire il mondo”. Il virus non ha guardato in faccia a nessuno, ha colpito persone di tutte le nazioni e tutte le etnie, maschi e femmine, giovani e vecchi, ricchi e poveri. Sotto questo aspetto è stato democratico. Con la differenza che a soffrire maggiormente sono stati i più poveri, quelli che non hanno accesso alle cure. E saranno sempre i poveri, i lavoratori precari a pagare maggiormente le conseguenze sociali ed economiche della pandemia.
Il Covid 19 ha evidenziato le ingiustizie e diseguaglianze della nostra società e le ha aggravate. L’umanità vive un’occasione storica per cambiare questo sistema economico-sociale ingiusto che ha favorito i ricchi e penalizzato i poveri e creare un nuovo modello che elimini le diseguaglianze, i privilegi e favorisca il bene comune, il benessere sociale e non solo il profitto. Sarebbe la più bella conquista per l’umanità.
Dio ci ha creati tutti uguali con la stessa dignità e con gli stessi diritti. Siamo tutti membri della stessa famiglia umana dove ognuno si preoccupa dell’altro, soprattutto del più debole e bisognoso.