Michele e Gabriele: due arcangeli ricordati nella bibbia. Michele è celebrato per aver difeso la fedeltà a Dio contro satana, principe del male e capo degli angeli ribelli. Gabriele è scelto dal Signore per annunziare a Maria che sarà la madre Gesù. Michele e Gabriele: sono anche due religiosi passionisti, veri angeli in carne. Parliamo di Gabriele dell’Addolorata e Michele Tudini. Differenti per carattere, condizione sociale, provenienza geografica. Gabriele: festoso e vivace, di nobile famiglia, nato in Umbria in una cittadina dello stato pontificio. Michele: carattere melanconico e chiuso, di umili origini, nasce nel regno di Napoli in uno sperduto paesino delle montagne abruzzesi. C’era però qualcosa che li univa fortemente.
Nato a Pescasseroli (L’Aquila) il 22 febbraio 1838, sette giorni prima di Gabriele, Michele entra nel noviziato di Morrovalle (Macerata) nell’ottobre del 1856 appena un mese dopo di lui; veste l’abito passionista il 2 novembre 1856 ed emette la professione religiosa il 3 novembre 1857. I due giovani vivranno insieme fino al 1862 prima a Morrovalle, poi a Pievetorina e a Isola del Gran Sasso (Teramo). Michele ama la compagnia di Gabriele, lo affascina la sua serenità, le sue parole gli riempiono il cuore di pace; lontano da lui si sente spiritualmente arido e vuoto. Per tutta la vita dirà: “Ho avuto per compagno un angelo”.
Il direttore padre Norberto scriverà: “Michele si strinse con Gabriele con fortissimo e singolare affetto. Di questa santa amicizia non vi fu altra ragione che il grande studio di ambedue per la virtù, perché quanto a indole furono del tutto diversi. Gabriele fra i suoi compagni non ebbe nessuno più caro di Michele. L’uno spingeva l’altro all’imitazione del Crocifisso”. Sul letto di morte Gabriele chiede a Michele che lo raccomandi alla Madonna. Michele rivolge la stessa richiesta a Gabriele. Commosso davanti alla sua morte edificante, domanda la grazia di fare anche lui una morte così bella.
Ordinato sacerdote nel 1863, Michele si dedica alla predicazione. Le vicende politiche con la deprecabile chiusura del convento di Isola nel 1866, lo portano esule a Manduria (Taranto). A Isola ritorna nel 1868 per garantire un minimo di assistenza spirituale ai fedeli. In quel luogo si rivede vicino a Gabriele; inginocchiato sulla sua tomba sgrana il rosario di struggenti ricordi; non riesce a trattenere le lacrime e il cuore a volte sembra cedere per la forte emozione.
Forse a causa delle sofferenze, dei rivolgimenti politici, dell’eccessivo lavoro, Michele va incontro a un serio e prolungato esaurimento. Guarito, riprende l’apostolato risiedendo nel convento di Carsoli (L’Aquila). Nella primavera del 1879 durante una missione a L’Aquila, incontra Teresa, la sorella di Gabriele. La signora gli chiede subito del suo amato fratello. Michele piacevolmente sorpreso e stupito risponde di slancio: “Chi, quell’angioletto? A Roma se ne sta facendo il ritratto; Gabriele è un santo”.
Trasferito a Casale di Santarcangelo (Rimini), Michele vi trova il suo antico direttore padre Norberto e insieme rileggono i propri giorni vissuti con Gabriele. Esemplare in comunità, Michele è ammirato anche dai fedeli. “Era di somma edificazione – diranno – Nella celebrazione della messa entrava in un profondo e devotissimo raccoglimento. Pareva un angelo; dolce e devoto, faceva tenerezza grande ai presenti”. Alla fine di marzo del 1895, Michele inizia una missione a Montesanvito (Ancona). È stanco, vi si reca però con il solito entusiasmo. Ma il 3 aprile durante la predica, viene colto da apoplessia. Muore il giorno successivo, tranquillizzando il parroco che lo assiste sgomento: “Non affliggerti per me. La morte non mi spaventa; mi dà gioia”. Convinti della sua santità, ognuno cerca qualcosa di lui da conservare come reliquia. Il religioso riposa nella chiesa che lo vide predicare l’ultima volta. Una lapide ne trasmette ai posteri la memoria benedetta.
Michele, dicono i testimoni, fu un validissimo missionario; incantava l’uditorio soprattutto quando parlava dell’Addolorata. La spiegazione? Semplice. Un giorno ascoltando Gabriele che gli raccomandava la devozione alla Madonna, il religioso si vide raggiungere da una fiamma sprigionatasi dal cuore di lui. Quella fiamma lo aveva interiormente cambiato ed era stata la trasmissione di un impegno: essere apostolo di Maria in nome di Ga-briele, morto troppo presto. E Michele era stato fedelissimo alla missione ricevuta. (5) p.dieugenio@virgilio.it