ANCHE DIO HA UN CUORE
La passione di Gesù è una scelta d’amore. Nel linguaggio biblico l’amore scaturisce dall’intimità profonda dell’essere umano, espressa con il concetto di cuore, il che concorda con il linguaggio delle nostre culture secondo cui l’amore è questione di cuore. Allora possiamo dire che il cuore di Gesù è ferito dall’incapacità umana di capire l’amore di Dio.
Nella cena di addio egli anticipa, in modo sacramentale, il dono di sé che attuerà l’indomani sul Calvario nella morte di croce. Fin dall’inizio confida che è mosso solo dall’amore, ma sa anche che qualcuno ha tradito, e lo dice mentre si mettono a mangiare la pasqua. Il suo cuore ne è straziato, ma non viene meno alla fedeltà. Nell’amore, chi perde non è mai chi ama, ma chi non risponde all’amore.
L’annuncio cade come una pugnalata nel momento dell’intimità. Giuda è convinto di tramare di nascosto, ma gli evangelisti gli puntano i fari in faccia. “Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà (Mc 14,18)”. “Ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola (Lc 22,21)”. “Colui per il quale intingerò il boccone, (Gv 13,269)”.
È allarme fra i commensali, dove tutti si sentono sotto accusa. È possibile tradire senza accorgersene? “Sono forse io, Signore?”. Anche Giuda lo chiede, sperando di restare nascosto agli altri. La risposta di Gesù non dice con chiarezza chi sia il traditore, ma l’interessato capisce: “Tu l’hai detto”. Significa: hai capito, ora scegli. Così è il giudizio di Dio sui singoli e sull’umanità. Egli non ci condanna perché è amore, ma conferma le scelte della nostra libertà. In questo caso, Giuda ha scelto di distruggere Gesù, perciò anche se stesso e il senso della propria esistenza. L’amore non può imporre la risposta all’amore perché non sarebbe amore, ma è tremendo tradire l’amore di Dio.
La previsione dei fallimenti nella sequela di Gesù fa da cornice al clima di intimità della cena. Iniziata con la denuncia del tradimento, termina con la predizione dell’abbandono e del rinnegamento. Dopo il canto conclusivo della cena, Gesù se ne esce ancora bruscamente: “Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte (Mt 26,31)”. La sequela di questi seguaci andrà alla deriva dinanzi a quel che sta per succedere. La croce è uno scandalo che non si riesce a superare con le sole forze umane. Solo nella potenza del Risorto e nell’effusione dello Spirito diventerà accettabile nella fede.
Il culmine dell’amore si scontra col culmine dell’incapacità a capire l’amore perché passa attraverso la croce. Quanto più straripante d’amore, tanto più il suo cuore è ferito nell’amore. Strano destino di questo Dio così immischiato nel destino degli uomini.
La coerenza di Gesù con il proprio messaggio e la sua fedeltà al Padre nell’immolare se stesso per la salvezza del mondo sono pietra d’inciampo, motivo di rottura e di rifiuto. Tutti quelli che aspettano un messia diverso da quello che egli vuol essere si scandalizzano. È successo già ai suoi concittadini quando si è presentato a Nazaret, e ai farisei che non potevano capire i suoi discorsi. Ora ci cascano anche i più intimi. Sullo sfondo s’intravvedono le prime comunità cristiane alle prese con le difficoltà della sequela di Gesù. Allo sguardo che penetra i tempi sino alla fine della storia, si coglie anche l’avvertimento per ogni cristiano dinanzi alla fatica di trovare il senso della croce, compresi noi di oggi. Seguire Gesù non è facile. La fedeltà è un cammino tra gli ostacoli, di cui la croce è il principale. Una sequela a singhiozzo è quanto riusciamo a realizzare tra gli alti e bassi dell’esistenza complicata che abbiamo imbastito.
È il mistero della debolezza umana e della riottosità alla croce. Dinanzi a essa c’è il rischio di farsi inghiottire dalla disperazione, ma anche la possibilità di tendere le mani e farsi abbracciare. Il Risorto prolunga la sua cena con noi per inserire le nostre croci nella sua e comunicarci la sua forza nel portarle ogni giorno.