ANCHE DIO FA …“PAZZIE” D’AMORE

Un bambino che nasce in una grotta adibita a stalla, due giovani genitori che non trovano per il bimbo culla migliore di una mangiatoia, la compagnia di un bue e un asinello. Ci sono  tutti gli ingredienti per una storia che tocca mente e cuore. Ed è forse per questo che il Natale è la festa cristiana più popolare, anche fra i non cristiani.

Il motivo del fascino del Natale probabilmente è molto più profondo: nasce da un’inconscia nostalgia di Dio, da un insopprimibile bisogno di speranza. Infatti la storia vera del Natale è che quel bambino nella stalla è Dio fatto uomo, diventato “carne” come dice, quasi brutalmente, l’evangelista Giovanni, Dio che viene a condividere la nostra vita. E allora, a pensarci bene, si rimane smarriti: come può l’Onnipotente, che non ha bisogno di nessuno, farsi bambino che ha bisogno di tutto? Come può Dio non trovare di meglio di una stalla come sua abitazione? Cosa hanno di tanto bello e attraente gli uomini per meritare che il Figlio di Dio si faccia uomo e venga ad abitare tra di loro? E l’unica risposta è che l’amore fa fare pazzie… anche a Dio!

È Dio stesso che fa il primo passo verso l’uomo, che gli viene incontro, ma non nella potenza, nella spettacolarità per imporsi all’attenzione; viene nell’umiltà e nell’impotenza di un bambino debole e fragile. Chi può aver paura di un bambino che suscita solo tenerezza? È da questo Bambino che bisogna partire per farsi un’idea chiara non solo di chi è Dio ma anche di chi è l’uomo. Perché “Dio si è fatto uomo affinché l’uomo diventasse Dio” (sant’Atanasio).

Si dice che ormai il Natale sia irrimediabilmente compromesso, che sia diventato una festa figlia del consumismo, che i veri promotori dell’evento siano i commercianti. Dicono che il buonismo che circonda il Natale sia solo ipocrisia, che non abbia senso fingere di essere buoni un giorno e disinteressarci del prossimo per il resto dell’anno. Dicono che il Natale abbia perso il suo significato religioso originale. È vero… in parte. Ma da chi dipende ridargli tutto il suo valore originario? Da ognuno di noi (vedi articolo a pagina 7).

Sì, la festa ha assunto alcuni aspetti consumistici esagerati e a volte disgustosi, a cominciare dall’ingombrante Babbo Natale, ma questo non deve diventare un alibi per un Natale senza Gesù Bambino. Ognuno, se vuole, può vivere il Natale controcorrente come festa dell’incontro tra Dio e l’uomo nella semplicità, condivisione, solidarietà, senza per questo rinunciare alla festa, perché festa grande è e festa deve essere: il presepe, l’albero, gli addobbi, i regali, le tavolate familiari, eccetera, senza esagerare. Anche la festa è un modo per esprimere la gioia e lo stupore di fronte a questa incredibile scelta di Dio di venire a vivere tra di noi, di farsi nostro compagno di viaggio.

Natale è un bambino che nasce. È quindi gioia e speranza. Già coltivare la speranza rende più coraggiosi, creativi, produttivi e felici. E chi, se non Dio, può dare concretezza ai nostri sogni e al nostro impegno per costruire un mondo migliore? Natale è Dio con noi.

Natale è famiglia: quindi amore, comprensione, calore, sostegno, solidarietà, capacità di superare le tensioni, di perdonare. Infatti la tradizione vuole rafforzare i vincoli familiari celebrando la festa in famiglia. Nonostante la crisi della famiglia, ci sarebbe la rivoluzione in Italia se i giovani non potessero contare sulla solidarietà familiare.

In una famiglia quando nasce un bambino cambia tutto perché il centro della famiglia diventa il neonato. Possa questo Natale radunare attorno alla culla del Dio Bambino le nostre famiglie, anzi tutte le famiglie del mondo, almeno per un giorno. Scopriremo che il Natale ci restituisce il meglio di quello che siamo e che possiamo diventare. Benvenuto Gesù Bambino!