ADDIO MONTI…

By Stefano Pallotta
Pubblicato il 28 Agosto 2021

Forse qualcuno dei nostri lettori si è posto il quesito come mai l’Abruzzo è considerato più sud che centro, nonostante la posizione geografica. Un contrasto o se preferite un paradosso. Quando, su incarico del Turing Club Italiano, Ignazio Silone scrisse Attraverso l’Italia (siamo nel 1975) nel descrivere l’Abruzzo si pose la questione come mai della sua regione che si trova nel 42° parallelo, come il Lazio, se ne continuasse a parlare come di una regione meridionale, ma non se ne scandalizzò. “Ciò – scrisse – avviene con fondato motivo a causa dei caratteri storici acquisiti durante molti secoli dalla sua economia e dal costume degli abitanti”.

Senza voler indulgere nelle facili ironie d’inizio estate sui confini dell’Abruzzo, in questa semplice descrizione dell’autore di Fontamara c’è tutta la spiegazione del paradosso fra la posizione geografica, che pone la regione al centro della penisola, e le sue vicende storiche, che invece hanno fatto, un territorio meridionale. E non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale e linguistico. La varietà di dialetti che si registra è straordinaria. L’Abruzzo come la Svizzera: tanti piccoli cantoni, ognuno con lingua, costumi e tradizioni diverse.

Il professor Francesco Avolio dell’università dell’Aquila, nel 2001 ha curato per conto della Utet la sezione Abruzzo del volume I dialetti Italiani, evidenziando come lo stesso Silone ci insegni “che la geografia (e per giunta una geografia banalmente di massima, che tiene conto solo dei paralleli e dei confini amministrativi) non deve essere confusa con l’eredità di plurisecolari vicende umane”. C’è stato addirittura un periodo in cui questa posizione è risultata ambigua per la stessa Unione Europea. Inclusa nella circoscrizione IV, Italia Meridionale, (insieme a Molise, Campania, Puglia, Basilicata, e Calabria), a cavallo degli anni 80 e 90, l’Abruzzo aveva superato gli indici economici che ne facevano una regione da “intervento straordinario”. Ma sempre nel Mezzogiorno siamo rimasti.

Le ragioni storiche sono fondamentali per spiegare lo sviluppo o il sottosviluppo dei territori. Ma ci sono anche altre variabili, per esempio politiche, che non sono da sottovalutare. Perché, infatti, la regione non è riuscita a mantenere quel livello di crescita che per qualche anno l’aveva portata fuori dal cosiddetto “Obiettivo 1”, quello appunto che rendeva possibile investimenti economici straordinari? La spiegazione è relativamente semplice: lo sviluppo, quello vero, ha riguardato solo una parte della regione. Quella costiera, da Martinsicuro a San Salvo. Tutta la parte interna, quella della montagna non ne aveva ottenuto gli stessi benefici. Lo squilibrio, o se si preferisce la sperequazione, degli investimenti e degli interventi – che fanno parte delle scelte politiche – sono avvenute a una dimensione, quella costiera. Tanto che oggi la grande maggioranza della popolazione risiede lungo la costa adriatica, mentre la zona interna continua a subire cali demografici molto preoccupanti. Paradosso allora fino a un certo punto. Le vicende storiche, ma anche le scelte politiche contemporanee rendono l’Abruzzo a tutti gli effetti Mezzogiorno.

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