SCAMORZA A CHI?

ecoregioni
By Gloria Danesi
Pubblicato il 2 Novembre 2015

Questa bontà, tipica in passato delle province dE L’Aquila e Chieti, viene attualmente prodotta sull’intero territorio regionale, particolarmente rinomata quella dell’Altopiano delle Cinque Miglia. In cucina offre il meglio di sé nella preparazione di pizze, focacce, torte salate, calzoni, timballi e panzerotti

Scamorza a chi? Basta un piccolo assaggio per rendersi conto che questo formaggio fresco, grasso, a pasta filata, realizzato con latte crudo e intero di vacca, non merita un nome che, nel modo di dire comune, fa riferimento a qualcuno poco dotato, ovvero con poche qualità. La scamorza abruzzese, invece, è superdotata e di alta qualità. Dalla forma tipica a pera, con testina legata da corda, di colore bianco porcellanato nella tipologia fresca, paglierino in quella appassita, priva di crosta, senza occhiature, dalla consistenza soda ed elastica molto più compatta rispetto al fior di latte e alla mozzarella. Sapore dolce acidulo e profumo che ricorda il latte fresco, al taglio mostra una struttura a strati, con un peso che può variare da 0,15 a 0,25kg.

Questa bontà, tipica in passato delle province de L’Aquila e Chieti, viene attualmente prodotta sull’intero territorio regionale, particolarmente rinomata quella dell’Altopiano delle Cinque Miglia (Aq). La scamorza al naturale bene si accompagna con verdure, insalate e pomodori, mentre in cucina offre il meglio di sé nella preparazione di pizze, focacce, torte salate, calzoni, timballi e panzerotti. Predilige vini bianchi profumati e leggeri. La specialità viene realizzata con materia prima proveniente da bovini di razze miste che pascolano su prati naturali estesi (vi possono essere nell’alimentazione integrazioni con mangimi), la tecnica è quasi identica a quella del fior di latte ma nell’impastare si fa assorbire meno acqua. Il latte viene prima sottoposto a filtrazione, poi scaldato a una temperatura di coagulazione di 36-38°C e quindi inoculato con siero-innesto. Dopodiché si procede alla cagliatura con caglio di vitello tenendo la massa in agitazione, seguono la rottura della cagliata in frammenti, la filatura, la salatura e in ultimo la formatura manuale nelle forme e pezzature desiderate e la rassodatura delle stesse in acqua fresca. Le scamorze da consumarsi fresche si conservano nel liquido di governo (acqua, sale e/o latticello), si consumano entro 48 ore dalla produzione e si conservano in frigo a 4°C. Quelle appassite, invece, vengono tenute in ambienti freschi e ventilati per 10 giorni e poi in frigo a 4°C.

Questo eccezionale formaggio a forma di fiaschetta è riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania e Puglia. In Abruzzo per Ognissanti e per il giorno seguente, dedicato ai defunti, si tengono vive diverse tradizioni: dal desco apparecchiato ai lumini accesi alla finestra. A livello gastronomico, nel passato non mancava un piatto di ceci per i poveri mentre veniva preparato per la prima volta il castagnaccio che rappresentava la merenda invernale preferita dai piccoli. Frutta secca per i ragazzi che facevano la questua casa per casa: i bimbi andavano a dormire con un cartoccio di fave dolci e confetti quale simbolo di legame tra le generazioni passate e presenti.

Nello splendido borgo di Campli (Te) si tiene nella ricorrenza di Ognissanti un mercatino dell’artigianato, presenti stand gastronomici con specialità rurali (polenta, salsicce e castagnaccio), non mancano piatti della straordinaria cucina teramana e la fantastica porchetta di Campli. I norcini qui ci sanno fare. Negli statuti municipali, emanati nel 1575 da Margherita d’Austria, erano presenti capitoli riguardanti le modalità di preparazione e cottura della porchetta e per questa ragione gli è dedicata, fin dal 1964, la celebre Sagra della porchetta italica ritenuta la più antica d’Abruzzo. L’aggettivo italica venne utilizzato perché risalgono a quegli anni i primi ritrovamenti archeologici di Campovalano. Campli, infatti, vanta un illustre passato come testimoniano i numerosi tesori d’arte. Da non perdere: la cattedrale di Santa Maria in Platea dalla facciata neoclassica e campanile romanico; la chiesa di San Francesco risalente al 1227 in stile romanico-francescano, edificata dopo il passaggio del Poverello di Assisi; San Pietro in Campovalano (XII-XIII) bell’esempio di architettura romanica abruzzese; la suggestiva Scala santa della seconda metà del XVIII secolo; il Museo archeologico statale con reperti della necropoli di Campovalano appartenente all’antica civiltà pretuziana. Un territorio – quello abruzzese – che appaga ininterrottamente gola e occhi.

 

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