ABBRACCIALO PER ME

By Teodora Poeta
Pubblicato il 2 Ottobre 2015

C’è un piccolo e coraggioso film che bussa con forza alle nostre coscienze. Si chiama Abbraccialo per me. Lo ha scritto e diretto il regista Vittorio Sindoni con il contributo alla sceneggiatura di Angelo Pasquini di Maria Carmela Cicinnati e Antonella Giardinieri. Una pellicola commovente in uscita prossimamente con il giovanissimo Moisé Curia nel cast e la bravissima Stefania Rocca a interpretare sua madre. È la storia di un ragazzo nel tunnel della follia. La denuncia di un problema che riguarda migliaia di famiglie spesso abbandonate a se stesse che ha ottenuto il patrocinio del garante dell’infanzia. Un film che ti prende alla gola, ti stringe il cuore, ti emoziona fino alle lacrime e ti butta in faccia il problema della disabilità mentale che in un paese come il nostro (nonostante l’avanzatissima legge Basaglia) è ancora uno strazio insormontabile per centinaia di migliaia di persone e per altrettante famiglie. Un problema che non trova risposte nelle norme e nelle strutture esistenti e spesso fatiscenti.

Il film è stato girato a Marino e in Sicilia ed è stato prodotto con un budget molto contenuto anche grazie alla disponibilità di attori e fornitori che hanno accettato di ridurre cachet e altri costi e di rischiare insieme al regista su un tema socialmente così importante. Al momento sono in corso contatti con diverse distribuzioni. “Ma io credo – ha detto Sindoni – che questa pellicola farà strada anche con il passaparola”. Francesco “Ciccio” Gioffredi (Moisé Curia) è un ragazzino come tanti, vivace, allegro con la passione della musica, la batteria in particolare, e dello stretto rapporto che lo lega a sua madre Caterina (Stefania Rocca). Le prime “stranezze” di Ciccio, per vicini di casa, compagni di scuola e insegnanti sono sintomi di “diversità” che ciascuno affronta come può: a volte con comprensione e a volte con cattiveria esattamente come succede nella realtà. Per Caterina, Ciccio e solo un figlio amatissimo senza aggettivi che lei difende come una leonessa dalle cattiverie di chiunque. Questo legame indissolubile tra madre e figlio finisce però per minare il rapporto tra lei e suo marito Pietro (Vincenzo Amato) che non ne accetta l’esclusività e che, forse, non vuole vedere il male che si è insinuato nella mente di Francesco. Come spesso accade nella realtà, uno dei genitori (il padre) finisce per scambiare la follia per discolaggine e l’altro (la madre) non ammette neanche l’esistenza del problema. Forse solo la sorella Tania (Giulia Bertini) comincia a cogliere nel cambiamento di Ciccio gli elementi di qualcosa di strano e indefinibile contro cui ci sono pochi strumenti di lotta. Sullo sfondo si muovono alcuni caratteristi tratteggiati con maestria da grandi attori come Pino Caruso, (il prete don Pino), Paola Quattrini (la professoressa che dà lezioni a Ciccio) e a Paolo Sassanelli (il maresciallo dei carabinieri).

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