PROSPETTIVE INQUIETANTI

By Nicola Guiso
Pubblicato il 2 Aprile 2013

A quasi due mesi dalle elezioni verrebbe di commentare: nulla di nuovo sotto il sole e concludere (per stare sui proverbi): mala tempora currunt. Il nulla di nuovo si riferisce, innanzitutto, alla crisi di governo in alto mare, e alla imminente elezione del capo dello stato al centro di aspre polemiche e di manovre ambigue, mentre il paese è nel pieno della crisi economica e sociale più grave dal dopoguerra. Poi si riferisce alla riapparizione, e alla grande, in parlamento dei franchi tiratori (elezione di Grasso alla presidenza del senato con 12 voti grillini), preludio forse (come nella prima repubblica ma soprattutto dal 1994 a oggi) di transumanze, in forme varie, da un gruppo ad altri. Il “mala tempora currunt” è riferito soprattutto al fatto che la (spesso) feroce personalizzazione della lotta politica, le vecchie e nuove contrapposizioni di varia natura tra partiti e movimenti e il livello (complessivamente basso) delle loro classi dirigenti portano a dubitare che, a differenza di quanto avvenne in passato in congiunture altrettanto gravi dell’attuale, partiti e movimenti trovino in tempo utile le intese necessarie a evitare il baratro. Anche se ci si rende conto tutti che saranno particolarmente difficili a causa dei risultati elettorali di febbraio, che è bene non perdere mai di vista. In sintesi estrema, hanno segnato innanzitutto la più alta percentuale di astenuti dal 1946. Rispetto ai risultati delle elezioni del 2008 i dati essenziali sono: 1) Pdl e Pd (architravi dal 1994, sia pure con aggregazioni e nomi diversi, del sistema politico-istituzionale) hanno perso rispettivamente 6 e 3 milioni e mezzo di voti. 2) Prima forza politica è il movimento di Grillo e di Casaleggio, che certamente si è gonfiato per i voti di tanti cittadini disgustati dagli scandali di cui si sono resi responsabili esponenti dei partiti e dei movimenti tradizionali. Ma anche per le ambigue (e pericolose) suggestioni esercitate dai due capi con la loro avversione, dichiarata, per la democrazia rappresentativa (la forma di governo – è utile ripeterlo – in cui la sovranità risiede nel popolo, che la esercita per mezzo delle persone e degli organi che elegge a rappresentarlo), fondamento della libertà e del progresso civile e sociale dell’occidente negli ultimi due secoli. E che Grillo e Casaleggio vorrebbero sostituire con la “democrazia diretta” (un misto di neo-comunismo e di paleo-anarchismo onirico) fondata su un rapporto organico, tramite internet, del popolo con i capi carismatici, che ne rappresenterebbero al massimo grado e purezza, i sentimenti e le istanze. 3) I risultati hanno frustrato le ambizioni di Monti e di Vendola e le aspirazioni della Lega; e affossato le speranze (per alcuni da megalomani) di Casini, Fini, Ingroia, Di Pietro e Pannella-Bonino. Resta da dire che l’assurdo premio di maggioranza alla Camera (graditissimo agli eredi di coloro che definivano “fascista” la legge elettorale del 1953 voluta da De Gasperi, ma che assegnava un modesto premio di maggioranza solo se un partito o una coalizione avessero ottenuto il 50,1% dei voti), e le infinite risorse propagandistiche di Berlusconi, hanno evitato al Pd e al Pdl un tracollo elettorale maggiore di quello che hanno patito. Che avrebbe fatto dei grillini anche la forza politica con maggiore numero di seggi in parlamento; dunque legittimata a essere per prima investita dal capo dello stato dell’incarico di formare il nuovo governo.

Sono queste, dunque, le ragioni per le quali l’orizzonte politico-istituzionale appare cupo, e diventa sempre più concreta la prospettiva (non certo auspicabile come sostengono alcuni) di andare a nuove elezioni in giugno. Prospettiva ulteriormente aggravata non solo dal procedere della crisi economica e sociale, che si alimenta dell’assenza o della carenza di un governo efficiente e autorevole. Ma anche dal fatto che partiti e movimenti “terremotati” dai risultati elettorali di febbraio, discutono di tutto meno che delle ragioni vere (certamente internazionali, ma soprattutto legate al loro tradizionale modo di essere e di operare) che sono state all’origine del terremoto. Un atteggiamento che se continuasse potrebbe portarle a un nuovo, e definitivo, disastro.

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