UN TEMPO DI GRAZIA E RINNOVAMENTO

due notizie importanti
By Gianni Di Santo
Pubblicato il 1 Marzo 2016

Dopo cinquant’anni di discussione le chiese ortodosse si sono messe d’accordo: il primo concilio pan-ortodosso, dopo lo scisma del 1054, si svolgerà a Creta all’Accademia Ortodossa dal 16 al 27 giugno prossimi. Intanto all’interno della chiesa italiana si lavora per una riduzione delle diocesi

Due notizie importanti, ecclesiali e politiche al tempo stesso, fanno da contorno al pontificato di papa Francesco, rendendo questo tempo davvero un tempo di grazia e rinnovamento. All’ultimo consiglio permanente della Cei, infatti, svoltosi lo scorso gennaio, se ne è cominciato a parlare: il numero delle diocesi italiane, per ora fermo a 226, va ridotto. Almeno questa è l’indicazione che la congregazione dei vescovi ha dato alle conferenze regionali italiane con l’auspicio che esse possano inviare entro il prossimo agosto il loro parere circa un progetto di riordino delle diocesi.

Fu papa Francesco, nel primo incontro che ebbe con i vescovi italiani il 23 maggio 2013, due mesi dopo la sua elezione, a sollevare la questione. Una situazione oggettivamente “pesante” per le diocesi italiane, nate e cresciute storicamente all’ombra di “campanili”, sia civili che religiosi, autorevoli e tradizionalmente anche ricchi. È un’anomalia, quella italiana, rispetto al resto del mondo. Ventisette anni fa, prima della fusione e dell’accorpamento di molte piccole diocesi, le diocesi erano addirittura 325. E comunque la questione era nota da tempo, ai vescovi e ai papi. Palo VI, ad esempio, nel 1964, disse all’assemblea dei vescovi che il numero delle diocesi era eccessivo. Dopo le parole di Montini, la Cei costituì una commissione detta “dei Quaranta”, che elaborò un progetto di riduzione che prevedeva un numero oscillante tra 118 e 122. Il 1° luglio 1968 il progetto venne consegnato alla congregazione dei vescovi, ma non se ne fece nulla. Troppe pressioni, troppe proteste. Nessuno voleva rinunciare alla sua fetta di potere ecclesiale. Venne anche votato dai vescovi italiani: 169 a favore, 51 con riserva, mentre 70 votarono contro. E comunque, tutti, ma proprio tutti (governo italiano, chiese locali, comuni, cittadini, vescovi) furono contenti così, lasciando lo status quo come lo era stato per secoli. A ognuno la sua parrocchia, insomma.

Nel 1986 venne fatta un’altra fusione di molte piccole diocesi attraverso accorpamenti. E arriviamo a oggi, con una chiesa di Francesco rimodellata su sobrietà e trasparenza che mal sopporta la moltiplicazione di uffici e privilegi ecclesiastici, specie laddove non ce ne è proprio bisogno. Ce la farà dunque la chiesa italiana a snellirsi un po’, riguadagnando freschezza nell’annuncio del vangelo? Il tempo dirà se questo processo di ripensamento porterà i suoi frutti; certo, i contrari sono molti. E sono ben nascosti nelle sagrestie di antiche chiese e confraternite.

La seconda notizia, davvero importante, non tocca direttamente la chiesa cattolica ma avrà i suoi effetti, con il tempo, anche su di essa. Dopo cinquant’anni di discussione, infatti, le chiese ortodosse si sono messe d’accordo: il primo concilio pan-ortodosso, dopo lo scisma del 1054, si svolgerà a Creta all’Accademia ortodossa dal 16 al 27 giugno prossimi. Alla fine, dopo un intenso sforzo diplomatico, il patriarca ecumenico Bartolomeo I è riuscito a trovare una soluzione. I temi affrontati saranno la missione della chiesa ortodossa nel mondo contemporaneo, la diaspora ortodossa, l’autonomia e il modo di proclamarla, il sacramento del matrimonio e suoi impedimenti, l’importanza del digiuno e sua applicazione oggi, le relazioni della chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano. In più, tutti i relativi documenti saranno pubblicati ed è stata anche decisa la partecipazione di osservatori non ortodossi alle sessioni di apertura e di chiusura del concilio.

Un evento importantissimo, dunque. Sono stati 21 i concili ecumenici nella storia della chiesa cattolica, le chiese ortodosse hanno riconosciuto la validità dei primi sette, ma questo è il primo in assoluto “loro”. L’ultimo a cui hanno partecipato, infatti, è stato quello di Nicea nel 787. Se il concilio tenterà di trovare soluzioni condivise all’interno del mondo ortodosso, vedi la questione delle regole del riconoscimento reciproco e il problema del primato delle chiese ortodosse, è vero però che ci si aspetta da esso parole incoraggianti su argomenti più laici come salvaguardia del creato e sacralità della vita, i poveri e lo sviluppo.

Ma è tutto il mondo cristiano che si aspetta dal concilio un’accelerazione a quel dialogo ecumenico che papa Francesco desidera in modo particolare, rafforzato proprio dalla simpatia e dall’empatia che esiste tra lui e Bartolomeo I. Le chiese, oggi, hanno una grande responsabilità nel portare avanti un’idea di sviluppo del pianeta che sia, insieme, lode al creato e redistribuzione delle ricchezze a tutti i popoli della terra, oltre un afflato spirituale che nel mondo secolarizzato in cui viviamo acquista sempre più importanza.

In ogni caso, dopo tre anni dalla nomina di Francesco, sembra proprio che la ventata di novità spirituale portata avanti dal papa stia producendo i suoi effetti, a livello religioso senz’altro, ma anche a geopolitico.

Ormai è opinione comune che il più grande leader internazionale sia proprio Francesco. Il prete argentino delle favelas che è venuto a scompigliare il mondo.

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